Non si riesce a immaginare nessun titolo migliore per le notizie che, l”altro giorno, i media hanno dato da Kabul. La visita di Obama, la firma di un accordo strategico non meglio approfondito e poi, a corredo, due righe sull”attacco a una pensione, o albergo, a seconda delle fonti, in cui vivono occidentali, e che sarebbe costato la vita di sei civili, a un certo punto definiti passanti, e di una guardia.
Che quello afghano sia un fronte “occidentale”, è cosa certa. Se quello del romanzo di Remarque era tale solo geograficamente, quello che divampa nel cuore del centro Asia è tale da un punto di vista geopolitico. È qui, infatti, che una poderosa macchina bellica, con tutti i suoi annessi e connessi, quelli che i romani chiamavano impedimenta, si batte contro un nemico misterioso, che non potrebbe essere più lontano dall”aggettivo “occidentale”.
E allora, scriviamo due righe aggiuntive su questo attacco. Primo, non si tratta di una pensione o di un albergo, a meno che un campo trincerato con tre anelli interni di difesa, cavalli di Frisia, garitte corazzate, bunker a prova di bomba, doppi portoni di acciaio, e un corpo di guardia di decine e decine di uomini armati possa rientrare nel concetto di “pensione”. Il Green Village, così si chiama, ospita circa duecento contractor, impiegati civili delle varie missioni internazionali, poliziotti e diplomatici occidentali e personale delle Nazioni Unite. Secondo, l”attacco non ha provocato sette morti. La potentissima esplosione di un”autobomba che ha inaugurato la giornata, alle 6 e 10 locali, ha sfondato le porte corazzate d”ingresso, consentendo a un piccolo commando di penetrare all”interno, lanciando granate e sparando con i fucili d”assalto.
Mentre centinaia di persone saltavano fuori dal letto, infilandosi i vestiti alla bell”e meglio, le guardie riuscivano a fermare i membri del commando, anche se un secondo manipolo di attaccanti, fatto saltare un tratto del muro di cinta, era nel frattempo penetrato in un”autorimessa. Alla fine, le forze speciali afghane, dopo circa un paio d”ore, sarebbero riuscite a uccidere anche questi talebani. Bilancio totale, rigorosamente ufficioso: tre fra guardie e ospiti, cinque talebani e quattro passanti morti, oltre a 21 feriti di cui 6 gravi. Per capirsi, quando si dice “feriti gravi” rispetto a un”azione di guerra, non si intende ciò che forse normalmente si pensa: uno di questi sventurati ha perso un occhio e buona parte del volto, a un altro un proiettile è penetrato nella guancia e fuoriuscito dalla bocca, con le immaginabili conseguenze.
Certo, nell”economia di una guerra che dura da un decennio e che ha fatto migliaia di morti, queste ore di terrore vissute dagli ospiti della “pensione”, e le vite delle guardie, dei talebani e dei passanti morti nell”attacco sono niente. Appunto. Niente di nuovo sul fronte “occidentale”.
Cosa cercavano i cinque attaccanti? Cosa pensavano, nei minuti che hanno preceduto la loro missione suicida? E cosa è passato per la testa dell”ultimo di loro, stanato e ucciso dalle forze speciali a forza di granate e razzi, mentre aspettava la sua sorte rannicchiato in una buia autorimessa?
Facendo prigionieri. In senso materiale e figurato. Mostrando pietà per il nemico. Non oltraggiandone il cadavere, non torturando gli sventurati catturati vivi, smettendo di barare sulle cifre delle perdite, e rendendo l”onore delle armi a tutti quelli che muoiono in quel disgraziato angolo di mondo. È troppo chiedere almeno questo?
3 Maggio 2012
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Niente di nuovo sul fronte “occidentale”
di Giovanni Badoer
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Non si riesce a immaginare nessun titolo migliore per le notizie che, l”altro giorno, i media hanno dato da Kabul. La visita di Obama, la firma di un accordo strategico non meglio approfondito e poi, a corredo, due righe sull”attacco a una pensione, o albergo, a seconda delle fonti, in cui vivono occidentali, e che sarebbe costato la vita di sei civili, a un certo punto definiti passanti, e di una guardia.
Che quello afghano sia un fronte “occidentale”, è cosa certa. Se quello del romanzo di Remarque era tale solo geograficamente, quello che divampa nel cuore del centro Asia è tale da un punto di vista geopolitico. È qui, infatti, che una poderosa macchina bellica, con tutti i suoi annessi e connessi, quelli che i romani chiamavano impedimenta, si batte contro un nemico misterioso, che non potrebbe essere più lontano dall”aggettivo “occidentale”.
E allora, scriviamo due righe aggiuntive su questo attacco. Primo, non si tratta di una pensione o di un albergo, a meno che un campo trincerato con tre anelli interni di difesa, cavalli di Frisia, garitte corazzate, bunker a prova di bomba, doppi portoni di acciaio, e un corpo di guardia di decine e decine di uomini armati possa rientrare nel concetto di “pensione”. Il Green Village, così si chiama, ospita circa duecento contractor, impiegati civili delle varie missioni internazionali, poliziotti e diplomatici occidentali e personale delle Nazioni Unite. Secondo, l”attacco non ha provocato sette morti. La potentissima esplosione di un”autobomba che ha inaugurato la giornata, alle 6 e 10 locali, ha sfondato le porte corazzate d”ingresso, consentendo a un piccolo commando di penetrare all”interno, lanciando granate e sparando con i fucili d”assalto. Mentre centinaia di persone saltavano fuori dal letto, infilandosi i vestiti alla bell”e meglio, le guardie riuscivano a fermare i membri del commando, anche se un secondo manipolo di attaccanti, fatto saltare un tratto del muro di cinta, era nel frattempo penetrato in un”autorimessa. Alla fine, le forze speciali afghane, dopo circa un paio d”ore, sarebbero riuscite a uccidere anche questi talebani. Bilancio totale, rigorosamente ufficioso: tre fra guardie e ospiti, cinque talebani e quattro passanti morti, oltre a 21 feriti di cui 6 gravi. Per capirsi, quando si dice “feriti gravi” rispetto a un”azione di guerra, non si intende ciò che forse normalmente si pensa: uno di questi sventurati ha perso un occhio e buona parte del volto, a un altro un proiettile è penetrato nella guancia e fuoriuscito dalla bocca, con le immaginabili conseguenze.
Certo, nell”economia di una guerra che dura da un decennio e che ha fatto migliaia di morti, queste ore di terrore vissute dagli ospiti della “pensione”, e le vite delle guardie, dei talebani e dei passanti morti nell”attacco sono niente. Appunto. Niente di nuovo sul fronte “occidentale”.
Cosa cercavano i cinque attaccanti? Cosa pensavano, nei minuti che hanno preceduto la loro missione suicida? E cosa è passato per la testa dell”ultimo di loro, stanato e ucciso dalle forze speciali a forza di granate e razzi, mentre aspettava la sua sorte rannicchiato in una buia autorimessa?
Facendo prigionieri. In senso materiale e figurato. Mostrando pietà per il nemico. Non oltraggiandone il cadavere, non torturando gli sventurati catturati vivi, smettendo di barare sulle cifre delle perdite, e rendendo l”onore delle armi a tutti quelli che muoiono in quel disgraziato angolo di mondo. È troppo chiedere almeno questo?