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Siria. Quello che unisce, quello che divide

Siria. Quello che unisce, quello che divide
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29 Maggio 2012 - 15.59


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SYRIA armati-megadi Paolo Bartolini – Megachip

Ogni evento di dominio pubblico, ma anche le piccole questioni della vita quotidiana, tendono a produrre inevitabilmente delle fazioni contrapposte. Sembra difficile, insomma, che degli esseri dotati di ragione possano concordare su qualcosa, soprattutto se restano prigionieri di un pensiero che nega tenacemente qualsiasi rapporto positivo tra identità e differenza.

Come se pensarla in maniera diversa implicasse per forza una contrapposizione tra due visioni del mondo. Come se lo scontro frontale fosse l”unico esito possibile per risolvere le divergenze e i potenziali conflitti.

La logica della guerra – di ogni guerra – è insita in questa tacita premessa: gli enti per continuare a rimanere nell”Essere devono opporsi e combattersi l”un l”altro. Sulla trappola del negativo suggeriamo al lettore di “sfogliare” questa intervista al filosofo Luigi Vero Tarca. 

Tornando a noi, invece, ci pare di intravedere lo stesso dilemma anche nei dibattiti che agitano la Rete in questi ultimi mesi, in particolare per quanto riguarda il conflitto armato che sta lacerando la Siria. Se si escludono coloro che si accontentano delle spiegazioni ufficiali, e dunque hanno già trovato in Assad il nuovo mostro da abbattere a suon di bombe umanitarie, ci accorgiamo che le posizioni degne di considerazione sono sostanzialmente due.

Le riportiamo qui in modo ultrasintetico:

A) In Siria c”è una guerra civile volutamente costruita dall”esterno, perfettamente in linea con il recente orrore perpetrato in Libia dalla NATO. Gli Stati Uniti, e i poteri che ad essi si riferiscono sul piano militare e politico, intendono generare un caos diffuso nel Medio Oriente e puntano, quindi, a destabilizzare i governi che si oppongono a questo piano. Secondo questa prospettiva invocare l”intervento armato contro la Siria è miope e criminale, perché stravolgerebbe il diritto internazionale (che sancisce la non ingerenza nelle questioni interne dei Paesi sovrani) rafforzando le politiche di dominio del capitalismo globale di matrice anglosassone.

B) In Siria c”è una repressione barbara e intollerabile, messa in campo dal governo siriano contro i manifestanti che, per lo più pacificamente e legittimamente, chiedono ad Assad riforme e cambiamenti in senso democratico. Chi sostiene questa lettura degli eventi non trascura affatto la presenza di interessi terzi nel Paese e condanna aspramente qualsiasi ipotesi di intervento umanitario. Ad essi pare prioritaria, tuttavia, la denuncia delle violenze esercitate dal regime.

Il paradosso è che le due posizioni appena riassunte risultano opposte e inconciliabili solo se chi le sostiene non accetta che la propria convinzione possa coesistere con quella dell”altro, senza annullarsi a vicenda.

Al momento, infatti, aleggiano intorno a questo dibattito almeno quattro “convinzioni di fondo”, che possono contribuire a riaprire il dialogo o a farlo definitivamente arenare:

1) Non esistono guerre giuste.

2) Sono da rifiutare per principio gli interventi esterni che infrangono la sovranità degli Stati. Un”altra operazione militare internazionale infliggerebbe un danno enorme al popolo siriano, impedendo qualsiasi pacificazione e gettando il Paese nel caos (Iraq e Libia vi bastano come esempi?).

3) I ribelli armati hanno perpetrato numerose violenze. Le forze occidentali hanno sostenuto attivamente le frange più estreme dei ribelli, fornendo loro armi e conoscenze adeguate per innalzare i livelli di scontro con l”Esercito e seminare terrore tra i civili.

4) Assad e il suo Governo hanno esercitato, in più di un”occasione, violenza sugli oppositori del regime. Le loro stragi e repressioni alimentano colpevolmente la spirale di odio e risentimento che incendia il Paese.

 

Proviamo ora a capire dove si annidi il reciproco fraintendimento.

Ebbene, a noi pareche i sostenitori della tesi A rimproverino agli altri di insistere troppo sul punto 4, trascurando il potere del main-stream mediatico e minimizzando il punto 3, con il rischio di mettere in discussione, alla lunga, il fondamentale punto 2. “Ma non vedete che puntando il dito su Assad e le violenze dell”Esercito (guardate poi che molte immagini fornite dai mass media sono dei clamorosi falsi!) rischiate di tenere bordone alla propaganda imperialista? “.

I sostenitori della tesi B, invece, rimproverano agli altri di insistere troppo sul punto 3, rifiutando di esprimersi in modo netto e inequivocabile contro gli eccessi disumani di Assad e dei suoi fedeli (punto 4).

La cosa curiosa ̬ che i punti 1 e 2 Рche rappresentano il fondamento etico e di diritto di una posizione che voglia dirsi pacifista Рsembrano essere condivisi da entrambe le parti in causa. Non ci risulta, infatti, che i sostenitori della versione B si siano mai sognati di invocare i bombardamenti degli Alleati per dare ai ribelli la vittoria.

Da questo segue che, in nome dei punti 1 e 2, e senza dover rinunciare alla differenza delle posizioni in campo, è altresì possibile trovare una visione comune, pacifista e intransigente. Così si può sintetizzare:

E” indispensabile promuovere il dialogo diplomatico e, contemporaneamente, prendere le distanze dalle violenze dei ribelli e da quelle del regime di Assad. Le une e le altre vanno documentate rigorosamente, per garantire la verità storica, ma nulla toglie che concorrano insieme a generare il medesimo cortocircuito, al di là delle quantità di vittime a cui si riferiscono.Di conseguenza le uniche posizioni non accettabili a priori sono quelle che invocano l”intervento armato contro lo Stato Sovrano della Siria. Tutte le altre ipotesi per una risoluzione pacifica del conflitto vanno esaminate ed eventualmente percorse“.



 

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