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La storia dell”omicidio del principe Bandar alimenta la disinformazione fra Damasco, Teheran e Riad
tratto da Il Foglio. Con aggiornamento in coda all”articolo.
Gli osservatori più interessati e spericolati del medio oriente stanno facendo circolare una storia che si presta a varie interpretazioni: il principe Bandar bin Sultan – dicono alcuni media – ambasciatore saudita a Washington per più di vent”anni, nominato il 19 luglio da re Abdullah capo dell”intelligence, è stato ucciso in un misterioso attentato.
Le coincidenze cronologiche alimentano una suggestione che dal sito Debka, vicino all”intelligence israeliana, è rimbalzata sul Teheran Times e poi su Asia Times, e non è stata ripresa dalle fonti ufficiali saudite nemmeno per produrre una smentita: il 18 luglio un”esplosione nel quartiere generale della sicurezza di Damasco decapita la leadership militare di Bashar el Assad; il 19 luglio il principe Bandar viene promosso capo dell”intelligence saudita e il 23 luglio una bomba nella sede dei servizi segreti di Riad uccide, almeno secondo Debka, il numero due delle spie, Mashaal al Qarni.
Da quel giorno non si hanno notizie di Bandar e quando, qualche giorno fa, la notizia non confermata della sua morte è entrata nel ciclo delle news da Riad è arrivato soltanto un silenzio che i sostenitori del complotto non potevano che bollare come “imbarazzato”. Il plot cavalcato da alcuni teorici della zona grigia che avvolge la cospirazione e la propaganda suona così: i sauditi hanno coordinato l”operazione “Damascus Volcano”, il suo autore è stato premiato con una promozione e gli uomini di Assad si sono vendicati qualche giorno dopo a Riad. Altri dicono che nell”attentato di Riad c”è piuttosto la firma dell”Iran.
Non si sa molto di questa storia e, per la verità , non si sa nemmeno molto dell”attentato di Damasco, secondo i media di stato portato da una guardia del corpo che si è fatta esplodere e secondo i ribelli con una valigetta bomba piazzata sotto la scrivania. Robert Fisk dell”Independent era stato uno dei primi a ventilare il coinvolgimento di una potenza straniera, affare che ora si ingrossa con la produzione di nuovi dettagli che connettono Damasco e Riad, e indirettamente anche Teheran e Washington.
La guerra si fa anche sussurrando ipotesi non confermate alle orecchie che le vogliono ascoltare. Nella guerra di spin, fonti anonime e dichiarazioni inverificabili, Debka legge questa fangosa vicenda come una dimostrazione di forza dell”Iran; indebolita dall”isolamento dell”alleato siriano, Teheran vuole dimostrare di essere in grado di colpire i nemici dell”area nell”apparente sicurezza dei loro palazzi fortificati. Un po” come i ribelli siriani che preferiscono la versione della valigetta esplosiva per accreditarsi come forza capace di pianificare attentati sofisticati al cuore del regime.
Rimane il sospetto, però, sull”assenza di una smentita da parte saudita. Sarebbe bastata un”apparizione pubblica del principe Bandar per sbriciolare i retroscena mediorientali e le teorie del complotto che inevitabilmente arrivano a coinvolgere la Cia, agenzia di cui il Washington Post ha raccontato le debolezze nello scenario siriano, ma che ha cementato ottime relazioni con i servizi sauditi […]
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Fonte: FOGLIO QUOTIDIANO, 2 agosto 2012.
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AGGIORNAMENTO A CURA DI MEGACHIP.
Il quotidiano saudita Arab News il 4 agosto 2012 ha smentito la morte del nuovo capo dei servizi segreti di Riyad, Bandar bin Sultan. Arab News esprime una linea estremamente vicina alla famiglia regnante saudita, in quanto appartiene al principe Salman bin Abdulaziz Al Saud, dal 18 giugno erede ufficiale al trono, e tuttora titolare di un ministero chiave, quello della Difesa. L”autore del pezzo, Ali Bluwi, sostiene che Bandar bin Sultan avrebbe partecipato a due riunioni ufficiali in date successive alla sua presunta morte. L”articolo non estende tuttavia la smentita al presunto decesso del numero due di Bandar, Mishaal Al-Qani.
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