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Mistero Mali, una guerra per vincere cosa?

Mistero Mali, una guerra per vincere cosa?
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28 Gennaio 2013 - 23.35


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Una guerra di cui si parla poco e si vede meno. Molto strano. Cosa ha da nascondere? Dove si combatte, chi combatte, per cosa realmente si combatte?

mali2013di Ennio Remondino Globalist.

Bollettino di guerra. In Mali l”operazione “Serval” prosegue con raid aerei. Colpite due basi islamiste ad Asongo, a 80 kilometri da Gao e avanzata verso nord-est di reparti di élite francesi con truppe dell”Esercito maliano verso il centro strategico di Hombori, nella Regione di Mopti, dopo avere ripreso e consolidato il controllo di Diabaly, Konna e Douentza. A Ouallam, inoltre, si stanno concentrando proprio in questi giorni truppe nigerine e ciadiane destinate a subentrare ai francesi nel Nord del Mali, secondo la “Mission Internationale de soutien au Mali” (Misma).

Ora è noto che le forze armate non sono associazioni caritative e che, per funzionare, hanno bisogno di semplificare tutto in sigle. Misma è assonante con Misna, “Missionary Service News Agency”, la valorosa e nota agenzia di stampa missionaria che sinceramente preferivamo in Africa. Resta quindi la “Mission Internationale de soutien au Mali”, avventura detta Misma. Rimpiangendo Misna.

Tanti nemici crescono. L”azione francese conquista nemici. Oltre quelli sul campo di battaglia. Dopo le minacce degli “Shabaab” somali, alla Francia arrivano anche quelle di “Al Qaida in The Arabic Peninsula” (Aqap), in coincidenza con la morte, due giorni fa, del vice della formazione, Saeed al Shiri, per le ferite riportate in un attacco missilistico eseguito da un drone Usa mesi addietro. Minaccia, questa, di particolare valenza per la presenza nello Yemen di “Ansar al Sharia”, “I partigiani di Allah”, diffusa anche in Egitto, Libia, Tunisia e Marocco. Strutturato e ben armato, Ansar al Sharia yemenita è apparso nell”aprile 2011 ed è attivo soprattutto ad Abyan e Zinijbar, l””Emirato di Abyan”, dove applicare la legge coranica sul modello dei talebani afghani. Poco rassicurante, come le ostilità da parte delle potenti tribù locali, inizialmente neutrali, che non hanno gradito l”uccisione del loro leader storico Anwar Awlaqi, colpito dai missili del solito drone Usa.

Chi riesce fugge. Prosegue anche il flusso dei profughi, raddoppiati -da 200 a 400 mila- dall”inizio dell”intervento francese. I primi aiuti decisi dalla Commissione dell”Unione Europea, 20 milioni di euro, appaiono da subito insufficienti. La gravità della crisi, che rischia di contagiare l”intera Regione, ha originato non poche critiche soprattutto dopo l”assalto del commando islamista di Mokhtar Belmokhtar al sito energetico di In Amenas in Algeria. Risultato tragico, l”uccisione di 29 dei 32 militanti islamici -arrestati gli altri 3- la liberazione di 107 stranieri e 685 algerini e la morte di 38 ostaggi. Accanto ai ripensamenti critici nel fronte interno su necessità, durata e costo della iniziativa, non pochi media dell”area stigmatizzano l”interpretazione della Risoluzione 2085 del 20 dicembre 2012 del Consiglio di Sicurezza dell”Onu che ammetteva l”urgenza della situazione ma indicava nelle sole Forze africane gli operativi. Sospetto di colonialismo francese per suoi interessi.

Chi può gira alla larga. La prudenza di Usa e Germania, le critiche britanniche e giapponesi per i molti morti fra gli ostaggi in Algeria, la secca smentita della Russia sulla possibile partecipazione alle operazioni militari in Mali, il silenzio della Cina e del Giappone, irritati dall”intervento francese, richiedono di mettere a punto almeno tre aspetti del conflitto, in attesa delle decisioni di Ue e Onu. A Bruxelles il 5 febbraio riunione con Unione Africana (Au), Comunità Economica degli Stati dell”Africa dell”Ovest (Cedao), e Onu. Intanto le Nazioni Unite hanno preparato un piano che prevede le già citate tre opzioni: 1) Sostegno logistico bilaterale, senza finanziamenti Onu. 2) Con finanziamento dai singoli membri delle Nazioni Unite. 3) L”invio di caschi blu ad avvenuta cessazione dei combattimenti. Insomma, i volontari non abbondano e chi può, mostra evidente la voglia di girare alla larga da quella indecifrabile avventura tra le sabbie mobili del deserto.

Eserciti in campo. L”operazione “Serval” al momento schiera 2.300 militari francesi, che aspettano truppe scelte, un”unità d”assalto anfibia, 120 blindati in arrivo a bordo della “Dixmude”, mentre una ventina di aerei sono impegnati in almeno 10 raid al giorno. Belgio, Canada, Danimarca, Germania e Gran Bretagna hanno messo a disposizione aerei da trasporto mentre l”Italia ha assicurato il supporto logistico. Poi i paesi africani: 1.600 soldati per ora da Nigeria, Niger, Togo, Senegal, Guinea, Ghana, Burkina Faso e Benin sino ad arrivare alle 3.300 unità previste dalla Risoluzione 2085/2012 dell”Onu, con richiesta -da parte dall”Ambasciatore della Costa d”Avorio alle Nazioni Unite, Youssoufou Bamba- di raddoppiarne il numero coinvolgendo Paesi esterni alla Cedeao, come il Ciad che ha già inviato 500 militari, Ruanda, Burundi, Tanzania e Sudafrica. Il Presidente del Benin e dell”Unione Africana, Thomas Boni Yayi, ha richiesto il coinvolgimento diretto di tutti i Paesi Nato. Gli Usa hanno inviato da tempo 100 istruttori per formare militari in sette di quei paesi.

Le forze ribelli. Sul fronte opposto, quello insurrezionale, in Mali operano numerose formazioni di matrice eterogenea. 1) Per diritto di primogenitura di rivolta separatista del popolo Tuareg -lontano 1963- il “Movimento di Liberazione Nazionale Azawad” (Mlna), rinforzati dai tuareg provenienti dalla Libia. Il movimento è guidato da Bilal al Sherif e ha come obiettivo l”indipendenza della Regione. 2) “Ansar Dine”, composto da tuareg e berberi di ispirazione jihadista, col fine di imporre la Sharia. Ma qui le cose si confondono e intorbidiscono. “Ansar Dine” è collegato con “Al Qaida in the Islamic Maghreb” (Aquim) -evoluzione del “Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento” (Gspc) algerino- guidato da Iyad Ag Ghali. Formatosi nella “Mataba” libica degli anni ”70, ombrello dei movimenti indipendentisti armati, ed esponente delle rivolte tuareg nel 1990, Ghali si riconciliò con il Governo di Bamako, che lo inviò Console a Gedda, in Arabia Saudita.

Personalismi rivoluzionari. Iyad Ag Ghali, prima rivoluzionario, poi lealista e diplomatico, poi nuovamente rivoluzionario laico con Mpla -non eletto capo- diventa integralista della jihad con “Ansar Dine”. L”ondivago Ghali, nel dicembre 2012 conquista Gao, Kidal e Timbuctù dove impone la Sharia, con il contributo del “Movimento per l”Unicità e il Jihad dell”Africa Occidentale” (Mujao). Ghali, per non perdersi nulla, mantiene contatti anche con Mokhtar Belmokhtar, già esponente di Aquim per poi formare il gruppo “Mululethenin”, responsabile dell”assalto al sito energetico algerino di In Amenas. Ma non è finita. Il leader di Ansar Dine ha rapporti anche con i “Boko Haram” nigeriani, jihadisti, presenti nei 12 Paesi islamici della Nigeria, gli “Shabaab” somali e le formazioni qaediste yemenite di “Al Qaida in the Arabic Peninsula” (Aqap). Poi c”è una fazione laica “moderata” di Alghabass che ha dato vita allo “Islamic Movement of Azawad” (Ima), composto solo da maliani.

Gli interessi in campo. Il terzo ma non ultimo aspetto è costituito dagli interessi stranieri in Mali. Il Paese figura come sede non ufficiale dell”Africom Usa che, per fronteggiare l”invadenza cinese nel continente africano dove oltre 5 milioni di asiatici sono impegnati nei settori energetico, minerario, edile, infrastrutture, comunicazioni, hanno assunto impegni con i 53 paesi dell”Unione africana per addestrarne reparti specializzati nel contrasto al terrorismo jihadista dall”Algeria, a Marocco, Mali, Libia, Niger, Nigeria, Ciad, con propaggini sino a Somalia e Yemen. Intanto un”altra guerra è cominciata, anche in conseguenza di quella libica da dove migliaia di combattenti tuareg utilizzati da Gheddafi sono rientrati nell”area sahelo-sahariana. La pressione jihadista nell”arco algerino-sahelo-somalo è in corso con ricadute negative sulla stabilità dei Paesi interessati e sui loro alleati occidentali alla ricerca delle materie prime e delle risorse della Regione.

L”Isola del tesoro. L”intera regione è ricca di materie prime. Le risorse petrolifere e gasiere sono presenti nel bacino del Taoudeni, tra Mali, Mauritania, Niger e Algeria. Il Mali ha importanti giacimenti di uranio e oro, quest”ultimo nelle miniere a sud di Bamako e nel nord est, facendone il terzo esportatore di oro nel continente. Importanti miniere di uranio sono localizzate anche in Niger, nei siti minerari ad Arlit e nelle installazioni di Imamouren, tutte gestite dalla “Areva” francese, ultimamente “messe in sicurezza”, con il contributo di 500 militari francesi dopo l”attacco jihadista in Algeria. Recentemente sono state individuate 420 milioni di tonnellate di bauxite, minerale da cui ricavare l”alluminio. Infine, a Bourakebougou, a 60 chilometri della capitale Bamako, è stato scoperto un gigantesco giacimento di gas con idrogeno puro al 98%. Rarissimo. Di fatto propellente per razzi. La miscela di ossigeno e vapore ad alta pressione che si ottiene fornisce la spinta. E si vola.

 

Fonte: http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=39052&;typeb=0&Mistero-Mali-una-guerra-per-vincere-cosa—-.

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