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di Roberto Vivaldelli.
La CIA ebbe un ruolo centrale nel colpo di stato militare in Iran nel 1953 che destituì il nazionalista Mohammad Mossadeq. Le circa mille pagine di documentazione declassificata sul caso sono state rese note dalla stessa agenzia governativa statunitense questa settimana, come riporta Foreign Policy.
Per raccontare quei giorni convulsi occorre fare prima un passo indietro. Il primo tentativo di golpe condotto da Gran Bretagna e Stati Uniti del 15 agosto 1953 – nell’ambito dell’Operazione Ajax – fallì miseramente: avvertito dell’imminente colpo di stato, Mossadeq fece arrestare decine di golpisti, ignorando gli ordini dello scià Mohammad Reza. Il generale Fazlollah Zahedi si nascose, mentre lo stesso scià fuggi in Italia.
L’ordine della CIA e la fine di Mossadeq
Il 18 agosto 1953, come svelano i documenti inediti, il quartier generale dell’agenzia governativa di spionaggio americana diede l’ordine interrompere l’operazione: «Il golpe è fallito e non dobbiamo più partecipare a qualsiasi operazione contro Mossadeq che possa far risalire a noi. L’operazione contro Mossadeq deve essere interrotta». Il messaggio tuttavia venne ignorato da Kermit Roosevelt, ufficiale della CIA in Iran. Questa sua decisione ebbe conseguenze epocali perché il 19 agosto, il nuovo tentativo di Fazlollah Zahedi, grazie a una nuova ondata di proteste, spinte anche dallo spauracchio di una possibile rivoluzione socialista operata dal partito filo-sovietico Tudeh, ebbe successo. Mossadeq venne destituito e scontò la pena agli arresti domiciliari fino alla morte, sopraggiunta nel 1967.
Le cause del colpo di Stato
Il tentativo di Muhammad Mussadiq (Mossadeq), nominato Primo Ministro il 30 aprile 1951, era quello di «decolonizzare» e rendere più indipendente il paese dall’ingerenza straniera. Come osserva il professor Massimo Campanini nel suo saggio «Storia del Medio Oriente Contemporaneo», tuttavia, «il problema più grave del primo dopo guerra in Iran fu quello della gestione della ricchezza petrolifera, la principale fonte di reddito del paese. Il giorno successivo la nomina, il nuovo primo ministro Mossadeq firmò il decreto che nazionalizzava il petrolio iraniano (gestito attraverso la Anglo-Iranian Oil Company).
La Gran Bretagna, colpita nel vivo nei suoi interessi e sfidata nel suo ruolo di grande potenza, reagì prima chiedendo l’intervento internazionale dell’Aja e quindi invocando quello delle Nazioni Unite: in entrambi i casi ottenendo o una cortese indifferenze o un aperto rifiuto, che quindi si tradussero in pratica nel riconoscimento della legittimità dell’azione iraniana». A quel punto la Gran Bretagna decise di boicottare commercialmente l’Iran ma Mossadeq proseguì, nonostante le difficoltà economiche, nelle sue riforme e nella direzione di indebolire la monarchia. Fu a quel punto che Stati Uniti e Gran Bretagna, attraverso l’Operazione Ajax, decisero di intervenire e orchestrare il colpo di stato militare.
Il ruolo degli Stati Uniti nel golpe in Iran
Come sottolinea Foreign Policy, gli Stati Uniti avevano sin qui sempre negato ufficialmente, nonostante alcune prese di posizioni importanti, ogni coinvolgimento diretto nel golpe che portò all’instaurazione della dittatura di Muhammad Reza Pahlavi. La Casa Bianca aveva pubblicato alcuni documenti relativi al colpo di stato già nel 1989, ma ogni riferimento esplicito nei confronti della CIA fu censurato. Dopo aver pubblicato parte della documentazione nel 2013, e aver ammesso il proprio ruolo chiave nella vicenda, questa settimana Washington ha finalmente reso pubbliche le mille pagine relative all’Operazione Ajax, nonostante alcuni telegrammi dell’epoca siano stati distrutti molto tempo fa.
Le conseguenze
Il golpe che depose Mossadeq permise allo scià Muhammad Reza di instaurare dittatura repressiva e alimentò le ostilità delle popolazione mediorientali verso gli Stati Uniti d’America. Come osserva Massimo Campanini, «esso rappresentò una provocatoria interferenza negli affari interni di un paese sovrano e comunque favorì la nascita di un regime dittatoriale, ma consono alla visione strategica dell’Occidente». Nel 2000, l’ex Segretario di Stato Madeleine Albright dichiarò che «l’amministrazione Eisenhower credeva che le proprie azioni fossero giustificate da ragione strategiche, ma il colpo di stato è stato un chiaro ostacolo allo sviluppo politico dell’Iran. Ed è facile capire perché oggi molti iraniani continuano ad essere infastiditi da quest’intervento da parte dell’America nei loro affari interni».