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Dai conti in ordine ai carri armati: i 'frugali' UE scoprono il riarmo

Dopo aver umiliato l’Europa del Sud in nome dell’austerità, i sedicenti Paesi “virtuosi” del Nord guidano oggi la corsa al militarismo. Senza dibattito, senza autocritica. [Pino Cabras]

Dai conti in ordine ai carri armati: i 'frugali' UE scoprono il riarmo
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4 Giugno 2025 - 12.53


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di Pino Cabras.

Per anni, in nome della disciplina fiscale, i governi del Nord Europa hanno imposto all’Unione una linea rigida, a tratti spietata. Quando la Grecia bruciava tra tagli feroci imposti dalla Troika, quando l’Italia vedeva strangolate le sue possibilità di sviluppo, le capitali del rigore – da Berlino a Copenaghen, da L’Aia a Stoccolma, fino ai chihuahua baltici– invocavano l’austerità come religione civile. “Frugalità”, la chiamavano. Ma sarebbe più onesto dire “furbalità”.

Dietro la retorica del bilancio in ordine, i Paesi che dividevano l’Europa in “nordici” e “sudici” mascheravano i loro giganteschi debiti privati, scaricando le crisi bancarie interne sull’intero sistema europeo. Le loro banche erano esposte fino al collo con crediti tossici e bolle speculative, ma non ci fu alcun processo di autocritica o di riequilibrio. Anzi: approfittarono della tempesta per fare shopping di asset pubblici nel Sud Europa, per imporre modelli di welfare ultra-minimale, e per far pagare ai lavoratori italiani, greci, portoghesi e spagnoli la stabilità apparente del Nord.

Era già allora una forma sofisticata di guerra economica: si salvavano i loro capitali e si piegavano le nostre economie. Il debito pubblico veniva usato come clava morale, mentre il debito privato—molto più pericoloso—veniva ignorato, occultato o assorbito sotto silenzio. Anche allora facevano i propri interessi, a spese di altri.

Ora, improvvisamente, la svolta. A sancirla è Mette Frederiksen, premier danese e prossima presidente di turno dell’Unione Europea, che ha dichiarato:

«Abbiamo avuto in passato un ruolo di primo piano nel gruppo dei quattro frugali e ora lo avremo in un altro gruppo, perché i tempi sono cambiati e il mondo sta cambiando rapidamente.
Per me la cosa più importante è riarmare l’Europa ed è il mio punto di partenza e questa è la mia conclusione in tutte le discussioni, perché se l’Europa non è in grado di proteggersi e difendersi il resto cade.»

Non si tratta di una sfumatura politica. È una dichiarazione d’indirizzo epocale. La stessa Europa che predicava la riduzione della spesa pubblica come totem intoccabile ora si apre senza pudore a un’espansione massiccia della spesa militare. E lo fa senza chiedere permesso, senza un passaggio democratico, senza un’autocritica sulle devastazioni sociali provocate dal precedente dogma.

Chi ieri bloccava gli investimenti pubblici per salvare ospedali, scuole, trasporti o ricerca, oggi è pronto a sbloccare miliardi per blindati, droni e missili a lungo raggio. L’urgenza? Un’idea fobica e strategicamente fallimentare di “minaccia russa”, gonfiata ad arte per alimentare un nuovo ciclo bellico, utile a industrie potenti e a diplomazie disastrose. Il tutto mentre l’Europa si dissolve nella sua impotenza industriale, nelle sue disuguaglianze crescenti, nel suo servilismo verso strategie imposte da altri. Aggiungiamo che la spesa militare europea, già molto più voluminosa di quella russa ma molto meno efficace, ha già tutti i sintomi di una mangiatoia senza fondo che ora vuole mettere il turbo al marciume corruttivo. Non dimentichiamo che l’altra grande Signora della Guerra di questa Europa con l’elmetto, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, fu coinvolta in un importante scandalo di gestione opaca dei fondi pubblici quando era ministra della Difesa in Germania. Pur non essendo stata condannata, il suo operato fu giudicato gravemente carente sul piano etico e procedurale dentro un giro di appalti-monstre. Come poi accadde anche per lo scandalo Pfizer, il cellulare di lavoro della Guerrafonderleyen era stato cancellato completamente, rendendo impossibile recuperare eventuali messaggi o prove utili. È sfiga, è sfida alla statistica? Chissà!

Va aggiunto che – conoscendo i personaggi e dati i precedenti nella gestione delle grandi crisi emergenziali indotte e dato anche il precedente del “Laboratorio Ucraina” – le spese immani per il riarmo non saranno solo in armi metalliche ma anche in armi mediatiche, con la riformattazione del sistema della comunicazione intorno a un apparato di propaganda irreggimentato.

Non è cambiato il mondo, è cambiata solo la convenienza di chi comanda. Sono tutti neoliberisti con il mercato degli altri. Chi si vantava di “non spendere a debito” ora brandisce il debito come leva, ma solo per le armi. È il trionfo di una doppia morale: inflessibile con i deboli, disinvolta con i potenti.

Questa transizione dall’austerità al militarismo non è un destino. È una scelta. E come tale va discussa, combattuta, delegittimata. Perché un’Europa che militarizza sé stessa mentre taglia diritti, libertà e sovranità popolare, non è certo un’Unione: è la conferma di un esperimento fallito che tenta di farsi metastasi bellica.

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