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'Da una crisi all''altra, avanza la dittatura invisibile'

'Da una crisi all''altra, avanza la dittatura invisibile'
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26 Novembre 2010 - 08.40


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irlanda-soldi-megadi Marcello Foa.

Continuo ad ascoltare alla radio commenti strampalati da parte di economisti e di giornalisti. Uno dei più ricorrenti é quello secondo cui gli irlandesi se la sono cercata. Davvero?

A me sembra che la realtà sia diversa. Da un punto di vista macro, l”Irlanda non stava male. Fino al 2008 il debito pubblico era di gran lunga inferiore al 60% sul Pil stabilito dal Trattato di Maastricht, nel 2009 é salito al 64%.

La loro economia é cresciuta grazie a una tassazione societaria agevolata, che per qualcuno é disdicevole, ma certo non illegittima. Non viola nessun Trattato e, anzi, applica un principio elementare e giusto, quella della concorrenza fiscale tra Stati /o regioni. Nel frattempo l”Irlanda é stata molto brava nell”utilizzare i fondi strutturali europei e a rilanciare con agevolazioni fiscali le zone depresse.

I guai dell”Irlanda sono provocati non dai conti pubblici, ma da quelli privati; ovvero dall”indebitamento delle famiglie, che, analogamente a Stati Uniti e Gran Bretagna, é molto alto, pari al 190% del Pil; in buona parte a causa, ancora una volta, della sopravvalutazione del mercato immobiliare.
Fino a poche settimane fa, tuttavia, si riteneva che l”indebitamento privato, peraltro noto da tempo, potesse essere assorbito nel tempo, senza misure draconiane.

Cos”é successo nel frattempo? Cos”hanno combinato di così grave i cittadini irlandesi? Nulla, assolutamente nulla.

Le banche irlandesi, invece, sì. Quelle stesse banche che pochi mesi fa hanno superato il severissimo stress-test della Bce, improvvisamente hanno annunciato di essere sull”orlo del fallimento. La causa? La solita: sono troppo esposte sul mercato dei derivati, con conseguente moltiplicazione dei loro debiti. Come, nel 2008, le banche Usa, come Ubs, eccetera

Il rimedio? Il solito. Noi cittadini abbiamo pagato per la crisi dei mutui subprime. Gli irlandesi pagheranno per gli errori delle loro banche private, le quali, invece, non pagano mai.

Da qui alcune considerazioni.

1) Non chiamatelo più capitalismo, quello vero è un”altra cosa. Prevede grandi ricompense per chi riesce, ma anche grandi punizioni per chi fallisce. Qui invece stiamo tornando a una situazione che assomiglia molto a quella pre Rivoluzione francese, nella quale una casta di nobili era al di sopra di tutto e non pagava mai.

2) I nostri Paesi non sono più sovrani, né giusti, né democratici. La vera democrazia presuppone l”assunzione di responsabilità e un rapporto di causa ed effetto tra il popolo e gli eletti. Ora il vero potere é nelle mani di un mondo finanziario che non rispetta le regole costituite e men che meno lo stato di diritto. E che sta sancendo una pericolosa consuetudine: quella che permette alle banche di scaricare su cittadini incolpevoli le proprie colpe. Loro sbagliano noi paghiamo, Loro risanano rapidamente, incassano bonus milionari, mentre i popoli sono costretti a subire restrizioni pazzesche per anni e forse decenni, in condizioni, talvolta, di moderna schiavitù. E chi osa protestare viene zittito con il ricatto supremo: o é così o viene giù l”Irlanda. E se viene giù l”Irlanda viene giù il mondo. Dunque meglio che pochi si sacrifichino per il bene di tutti.

3) La Bce dovrebbe essere chiamata a rispondere per non aver monitorato, per aver diffuso stress-test farlocchi. Ma non succederà nulla. Il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale andrebbero messi sotto inchiesta ed essere costretti a rispondere dei loro errori. Invece, essendo sovranazionali, non sono sottoposti ad alcun tipo di controllo e di verifica.

Avanza così una dittatura invisibile, che non sfida apertamente la democrazia e la sovranità nazionale, ma la svuota progressivamente di contenuti e rende i cittadini schiavi, moderni schiavi ingabbiati per sempre dal debito. Nel nome del progresso e del consumismo.

Questa é la vera minaccia per tutti noi. O meglio: per chi vuole e ha l”intelligenza per capire.

O sbaglio?

Tratto da:
blog.ilgiornale.it

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