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Dagli inganni della macroeconomia del debito alla microeconomia della fiducia, alcune impressioni di un non addetto ai lavori
di Antonino Bonan*
Dunque Draghi ce l”ha fatta, se non erro.
Ha imposto quel che qualche anima disperata paventava come il colpo di grazia neomercantile alla vita dei popoli europei: ha aperto le cataratte della BCE a coprire, come prestatore d”ultima istanza, le falle dei debiti pubblici che inondavano le stive dei Grandi Investitori finanziari.
Ma cos”è questa, se non l”ennesima invenzione d”una nuova forma di denaro… subito appallottolata a tappare le falle? L”acqua prima o poi l”inzupperà , e con la sua pressione la farà saltare. Almeno, i precedenti oblò parevano un po” fatti anche d”economia reale e d”idee politiche non vuote: adesso invece, appunto, ci si limita ad appallottolare la carta. In quest”ultimo esempio, la carta dei titoli di debito pubblico.
Non è più aria di protestare, per chi pensava di poter valorizzare direttamente da sè, quei titoli. Meglio far finta di nulla, non volendo vedersi addosso il branco degli Insolventi che infestano sempre di più questo mare. Meglio convincere tutti ad accordar la fiducia…. al Prestatore Finale, che non finisca mai la carta straccia da riciclare.
La carta imbevuta di sangue delle mafie e delle guerre è già stata usata per gli impasti precedenti (in un modo ch”è ormai irreversibile, ed è alquanto arduo ridistillare a posteriori la carta pulita da quella sporca). Neanche quella è più buona per contenere la pressione della Crisi: tutt”al più, è buona per incartare coi ricatti la carne macellata. Cioè per far godere i macellai.
Così, fidati che ti devi fidare, si concentra ancor di più il luogo del Potere a cui ci si deve affidare. Tale concentrazione avviene con o senza imposizioni forzate, militari, geopolitiche, che tengono in piedi la baracca ma di per sè avrebbero un bisogno più cogente di fondarsi sulle convinzioni collettive. Ora è essenziale che siano i singoli (guidati dall”individualismo) a convincersi che bisogna fidarsi del Potere.
A questo punto, al (pre)Potente non resta che fare anche a meno della carta. Basta che la gente creda di veder tappata la falla, e conformi a ciò le proprie attività economiche.
E così via via una virtù comune (la fiducia scambiata tra le persone) è delegata, rappresentata, relativizzata, resa virtuale…
Finta insomma, in una finzione che lascia parzialmente interdetta quasi tutta l”umanità : compresi per molti versi anche i macellai, sicuramente esclusi i Proprietari Universali.
Laddove una virtù (la fiducia) è oggetto di scambio umano, non è sostenibile sviluppare esponenzialmente il suo carattere virtuale. Ossia, l”impianto dello scambio non sta in piedi facendo sempre più finta di fidarsi l”un l”altro (e trasferendo la fiducia dalle persone ad un pezzo di carta, a un prodotto finanziario, a un”impresa economica che “tenga in rotazione il volano”). Il castello si edifica allora sulle menzogne, che devono moltiplicarsi in maniera inversamente proporzionale alla loro credibilità : perchè le bugie hanno le gambe corte, appunto.
Ma davvero si è arrivati a un tale prosciugamento dell”Umanità ? No. La siccità non sta nell”Uomo. Sta solo nei modelli che definiscono i meccanismi dell”economia, così com”è convenzionalmente riconosciuta dai Poteri Pubblici d”ogni ordine e grado.
E cosӏ poi il potere pubblico, in generale, se non il Destinatario per convenzione della fiducia pubblica?
Esso vive di modelli, intesi come riferimenti da imitare e riprodurre (le ideologie della politica tradizionale) oppure come apparati che regolano e quantificano gli scambi di tale fiducia. In questo secondo senso, a dominare è il potere della macroeconomia.
Quando questi modelli esasperano il loro livello d”entropia, ossia di sofisticazione non necessaria (come gli epicicli di Tolomeo), non sono più sostenibili nè nella pratica nè nella teoria.
In natura l”entropia aumenta sempre e ogni fenomeno in una parte dell”Universo ha, irreversibilmente, un corrispettivo da qualche altra parte. Tuttavia i modelli umani sono cosa ben meno universale della Natura in sè, perciò ci può sempre essere speranza a costruire un modello alternativo. Vale quindi la pena di ricercare qualcos”altro, rispetto agli specchi su cui si sta arrampicando la macroeconomia convenzionalmente riconosciuta da gran parte del mondo attuale.
Ma torniamo per un momento all”esempio della BCE apparentemente ormai indirizzata a far da Prestatore d”ultima istanza.
Tutti lì a tirare un sospiro di sollievo: le borse euforiche, le banche pronte a creare ancora denaro finto, i governi dell”austerity pronti a dire “abbiamo fatto bene e scongiurato il peggio”.
In tale contesto TINA tenta ancora di prescriverci la strada: nessuno pensi adesso di rivoluzionare la politica per restaurare i diritti! Deve prima tornare la crescita, in modo tangibile e remunerativo per chi investe. Deve tornare la crescita, non il suo auspicio: in termini politici, questa precisazione implica che la corruzione dei gradassi e il riformismo della speranza-purchessia devono lasciare spazio alla massima efficacia macroeconomica “garantita” dai tecnici.
E se poi la vera crescita non viene? Boh. L”importante è che la gente ci creda ora. Poi, si vedrà . Intanto, nei circoli più ristretti si stanno già pensando mille nuove invenzioni per non cambiare il vero Potere: astrusi meccanismi interbancari, nuove politiche monetarie, ingegnerie finanziarie globali e chi più ne ha più ne metta……
Così è, finchè non si passa dalla bolla del debito pubblico a quella prossima: la bolla dell”agroindustria, quella della guerra o altro ancora?
Così è, finchè la barca PARE andare….. e finchè la gente ancora ci crede o si crede costretta a crederci. Ossia vincolata a galleggiare su questa catena d”inganni, che portano ogni volta più lontano l”abuso della fiducia. Perchè è proprio la fiducia, che le persone vorrebbero (e potrebbero!) scambiarsi in un”economia dal volto umano. Le “persone comuni” la vedono dal punto di vista micro, e in quella veste le operazioni economiche non sono affatto virtuali!
La fiducia che si scambia in economia assume sempre la forma di un debito, in senso più o meno lato. Quand”esso si struttura in maniera sempre più complessa, le sue conseguenze “micro” restano di certo tangibili ma quelle “macro” si perdono in un mare magnum. Che si tratti di finzioni oppure di complessità strutturalmente necessaria, in ogni caso l”effetto netto di quest”esplosione di entropia consiste nel dragare ricchezza verso i Proprietari Universali.
All”occhio di una mente semplice, il debito appare quindi solo come lo strumento della prepotenza e perciò va combattuto di per sè.
All”occhio di chi vuole costruire un”Alternativa, può essere più utile mirare a cambiare i modelli economici.
Che l”approccio giusto sia quello che parte dalle applicazioni microeconomiche? Io penso di sì, al contrario di chi (in genere gli economisti, anche “eterodossi”) le mette tutte a rimorchio di modelli macro, seppure in spietata concorrenza tra loro.
Credo infatti che un modello macro, per quanto “alternativo”, nasconda troppi assiomi a spese dell”economia reale. E non darei così per scontato (come fanno in troppi, decisamente) che l”economia sia principalmente una “scienza dei grandi numeri”.
Ma non è che sia esperto del ramo, e più in là di queste vaghe suggestioni non ci so andare…..
* Alternativa Veneto.
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