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di Claudio Conti.
Schizofrenia crescente, sui mercati. La Fed promette di continuare a 
stampare moneta, la speculazione può continuare a impazzare, ma non in 
eterno. La “fiducia” scompare  in poche ore e Tokyo impazzisce.
        
        Le borse in festa mettono ottimismo, non è vero? Danno
 l”impressione che il peggio sia alle nostre spalle, che le cose stiano 
per cambiare in meglio, che forse torneremo persino a stare come stavamo
 “primaâ€. Prima della crisi, prima di quel maledetto 2007-2008, 
squarciato dalla bolla dei mutui subprime e dall”esplosione di Lehmann 
Brothers, quarta banca d”affari del pianeta.
Wall Street, ieri sera, ha festeggiato. Cosa? Una promessa,
 non un fatto. Ma la promessa è arrivata da Ben Bernanke, presidente 
della Federal Reserve statunitense, la principale banca centrale del 
mondo, cuore pulsante e cervello pensante della politica monetaria 
dell”iperpotenza.
 Cosa ha detto Bernanke 
di tanto allegro? Che continuerà a stampare dollari e a buttarne 85 
miliardi al mese nel mercato, come sta facendo ormai da ottobre e aveva a
 più ripreso fatto dal 2007 ad oggi. Certo, prima o poi bisognerà cambiare passo…
 A
 prima vista non sembra una notizia così benaugurante (e infatti Tokyo 
non l”ha presa affattto ben, una volta che si è cominciato a ragionare 
più freddamente). Se da sei anni a questa parte la principale banca 
centrale fa la stessa cosa e non ha ancora risolto nulla – l”economia 
reale resta molto fiacca, negli Usa – non si capisce come la 
prosecuzione della stessa politica possa essere presa come una buona 
notizia.
Eppure è così. Il problema è chiedersi: è una buona notizia per chi?
 Per
 rispondere, vediamo prima come Bernanke ha motivato la sua promessa, 
parlando in un”audizione davanti al Congresso. La politica monetaria 
della Fed sta offrendo «significativi benefici» all”economia e resterà 
accomodante per il tempo necessario; una stretta prematura della 
politica monetaria potrebbe però «rallentare o mettere fine alla ripresa
 economica». La traduzione, anche per i non addetti ai lavori, è 
semplice: l”economia reale Usa sta in piedi, o meglio evita la 
recessione, soltanto perché la Fed sta “pompando liquidità†nel sistema.
 Prendere denaro a prestito, per le banche e in misura molto minore per 
le imprese, costa nulla (in realtà le banche ci guadagnano, perché 
prendono denaro dalla Fed a tasso zero e lo riprestano a un tasso 
superiore); quindi la circolazione continua, le merci girano, 
l”occupazione si mantiene a livelli “accettabiliâ€. Ma l”economia resta 
fragile; senza questa “assistenza†o facilitazione monetaria andrebbe 
all”indietro.
 Addirittura l”inflazione 
potrebbe diventare troppo bassa, ha deto Bernanke. Parole che suonano 
conìme una bestemmia alle orecchie di un europeo, da trent”anni 
condizionato a pensare che il peggiore di tutti i mali sia proprio 
l”inflazione. In realtà, come sempre, si deve ragionare sulla “misuraâ€; 
anche dell”inflazione. Un aumento dei prezzi vicino al 20% annuo, 
com”era in Italia tra la fine degli anni ”70 e la prima metà degli ”80, è
 un bel problema. Ma un”inflazione a zero segnala che non si vende più 
granché; potrebbe scendere ancora e quindi trasformarsi in deflazione,
 un mostro molto peggiore. Perché significa che la riduzione dei prezzi 
deriva dalle amncate vendite, che provocano quindi riduzione della 
produzione, chiusura di attività economiche (sia industrie che servizi, 
ma anche banche e assicurazioni, ecc), crollo dell”occupazione e dei 
salari; quindi ancora meno consumi e nuova riduzione di prezzi, 
produzione, occupazione. Un disastro che metterebbe a rischio la “tenuta
 sociale†di qualsiasi paese, anche degli Stati Uniti.
 La
 Fed tiene da anni a bada questo mostro stampando dollari, ovvero 
“stimolando†inflazione. Che però non si manifesta, visto che la 
tendenza “naturale†va verso la deflazione. È un sistema in precario 
equilibrio, in cui quel che deve avvenire non si verifica perché c”è un 
intervento idraulico eccezionale (l”espressione è “pompare liquiditàâ€, 
non a caso) per impedire che il bacino si svuoti.
 È
 chiaro che solo gli Usa possono permettersi di “stampare moneta†senza 
che questa – il dollaro – perda troppo valore. Qualsiasi altro paese 
pagherebbe questa scelta con un”autentica svalutazione, che favorirebbe 
certo le esportazioni, ma a prezzo di pagare molto di più per le 
importazioni. Solo gli Stati Uniti, infatti, stampano una moneta 
nazionale che è anche sia mezzo di scambio globale per le merci più 
importanti (energia e materie prime) sia “moneta di riservaâ€, da mettere
 in cassaforte. Solo gli Stati Uniti, in fondo, possiedono 
quell”arsenale militare in grado di imporre a tutto il mondo di “aver 
fiducia†in quella moneta.
 Che significa, 
però, “stampare moneta†per la Fed? In primo luogo significa ritirare 
dal mercato quella “moneta privata†(asset-backed securities come i 
mutui, cds, prodotti derivati in genere, ecc) 
talmente screditata da non avere più un prezzo paragonabile quello di 
emissione. Sostituisce mezzi di scambio che non si possono più scanbiare
 con “moneta buonaâ€, santi dollari degli Stati Uniti. Quindi, diciamo, 
la Fed sta facendo da “lavanderia pubblica†per il capitale privato 
altrimenti sull”orlo del fallimento.
 La 
novità sta nel fatto che gli Usa non sono più soli nel fare questo 
gioco. E non sono neppure gelosi del fatto che il Giappone si sia messo 
da un paio di mesi sulla stessa strada. Anzi, la Fed appoggia («Fed is 
supportive») il piano recentemente lanciato dalla Bank of Japan di 
acquisto di titoli. Tradotto: Usa e Giappone stanno facendo una 
svalutazione competitiva, proprio come la vecchia Italia della 
“lirettaâ€, per “sostenere†le proprie economie.
 Il
 resto del mondo starà a guardare? Cina e Brics, ma anche i paesi 
produttori di petrolio, in storico surplus commerciale e acquirenti 
principali del debito pubblico Usa, accetteranno a lungo di versare 
moneta solida (con economie in sviluppo alle spalle) per vedersi dare 
indietro dollari e yen svalutati? Sicuramente no. Chiunque non sia 
guidato da sacerdoti di una religione scomparsa – come l”attuale 
Bundesbank tedesca, e quindi tutta l”Unione Europea – si muoverà per 
ridurre il “vantaggio competitivo†conquistato grazie alla svalutazione.
 Insomma, svalueranno a loro volta stampando altra moneta. Si chiama per
 l”appunto “guerra delle monete†e finisce – come sempre – in 
iperinflazione. Forse non al livello della Germania 1923 (quando per 
aver un dollaro ci volevano 3.200.000 marchi), ma insomma quanto basta 
per devastare l”economia globale.
 Ma se 
questa cose le sanno tutti (quelli che abbiano studiato storia 
dell”economia), perché le borse hanno festeggiato la decisione di andare
 avanti su questa strada?
Qui possiamo finalmente rispondere alla domanda: questa decisione della Fed è una “buona notizia†per chi?
 Soprattutto
 per gli “investitori professionaliâ€. Ovvero banche, assicurazioni, 
fondi di investimento di ogni genere, speculatori di ogni risma e 
livello. La “liquidità facile†consente di continuare il vecchio gioco 
che aveva già portato all”esplosione di altre “bolleâ€, fino a quella 
decisiva del 2007. Volete una prova? Ve l”abbiamo data nei giorni 
scorsi: sono tornati in pista persino i mututi subprime, ovvero quelli concessi a chi
 non è affatto certo che possa ripagare il debito. È insomma 
ricominciato il gioco delle “cartolarizzazioni†dei crediti (asset 
backed securities), tanto ci pensa la Fed a cuccarseli quando perdono 
valore sul mercato…  
 Come prima, ma 
peggio di prima. Wall Street ha superato da mesi i record ante 2007, i 
prezzi delle case a New York, a Manahattan e dintorni, sono di nuovo in 
salita. I broker sono tornati e cercano casa…  
 Lo stesso Bernanke, infatti, ha spiegato che Sono «un po” aumentate» di recente la preoccupazioni per la stabilità finanziaria degli Usa.
 Il gioco della “lavanderiaâ€, infatti, sembra gratuito, ma non lo è. Il 
“prestatore di ultima istanzaâ€, infatti, è lo Stato federale, che già 
sta affrontando un rapprto deficit/Pil oltre il 10% annuo e un rapporto 
debito/Pil a livelli quasi italiani. Roma che non farebbero entrare gli 
Stati Uniti nell”Unione Europea… E peggio ancora sta il Giappone (lì 
il debito ha sforato addirittura il 230%). Si tratta di livelli abnormi,
 ma che non possono essere ridotti; non ci pensano neppure. A tale 
proposito, Bernanke, ha avvertito che una stretta fiscale concentrata 
nel breve periodo sarebbe «irresponsabile». Bontà sua, avrebbe potuto 
aggiungere che “non faremo mica come la Grecia o l”Italia…
Ma
 proprio questo acccenno fugace alla eventualità che, presto o tardi, la
 Fed sarà costretta a cambiare di segno alla popria politica monetaria 
(una “exit strategy”, con una “stretta” sui tassi, accompagnata anche da
 una stretta fiscale da parte dell”amministrazione Usa, per ridurre il 
debito pubblico che nel frattempo è stato ingigantito proprio dalla 
“liquidità in eccesso”) ha provocato uno dei tracolli più rilevanti 
nella borsa giapponese, la prima ad aprire nella giornata: -7,3%. Presto
 per dire se questo significhi anche la fine della Abe-economics 
(stampare yen a go-go, fottendosene allegramente del debito pubblico pur
 di riconquistare uno spazio competitivo per le proprie merci), ma certo
 sembra finito il (breve) momento di meraviglia e invidia per “la 
pensata” messa in campo dai conservatori nipponici. Il tracollo infatti 
significa: ma siamo sicuri che tutti ”sti soldi prestati ai giapponesi 
(non parliamo poi di quelli prestati agli americani…) un giorno ci 
torneranno in tasca?
E” un sistema che ha perso gli equilibri 
strutturali, che sta in piedi con iniziative “ad hoc” e rischia di 
cadere in qualsiasi momento. Si chiama capitalismo, è piuttosto anziano e
 presuntuoso, ma il fisico non gli regge più tanto…
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