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Debito: la verità che non vi dicono...

La verità, che nessun politico è disposto ad ammettere, è che il debito pubblico italiano non è più ripagabile. Non si può ricompattare una valanga. [Marcello Foa]

Debito: la verità che non vi dicono...
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10 Settembre 2013 - 09.33


ATF
di Marcello Foa.

Il
mio ultimo post ha suscitato un dibattito vivacissimo – e in molti casi ben
argomentato – e una notevole viralità
in Rete. Accetto, come sempre, molto volentieri le critiche, che anzi mi spingono
ad integrare il mio pensiero con queste riflessioni.

Primo,
le riforme che esige la Troika dovrebbero basarsi sul presupposto che sia
possibile ridurre significativamente il debito pubblico italiano e,
addirittura, in teoria, azzerarlo. Sarò forse troppo pratico, però l’evidenza
dei numeri dimostra come il debito pubblico sia ormai fuori controllo e non più
riducibile tramite manovre fiscali ordinarie. Il debito pubblico italiano ha
superato i 2mila miliardi di euro e continua ad aumentare nonostante il fatto
che, dagli inizi degli anni Novanta, tutti i governi italiani, sotto pressione
della Ue, si siano sforzati di tenere i conti in ordine.

Questo
significa che occorrono manovre supplementari. Facciamo due conti: secondo i dati ufficiali, gli interessi che lo Stato deve pagare ogni anno sul debito di
2mila miliardi sono pari quasi a 100 miliardi (dati stimati per il 2015).

Questo
significa che per ridurre il debito pubblico lo Stato italiano dovrebbe da un
lato non generare più deficit e dall’altro, contemporaneamente, contare su
saldi positivi superiori a 100 miliardi all’anno. Se volessimo ridurre dell’un
percento il debito ci vorrebbero manovre da 120 miliardi, del 3% da 160
miliardi e dovrebbero essere ripetute a lungo.

Il
che significa lacrime e sangue permanenti. E’ uno scenario improponibile e
irrealistico anche perché cure di questo tipo di solito generano l’effetto opposto
a quello ipotizzato, come ha dimostrato l’esperienza del governo Monti, che
applicando le ricette gradite a Bruxelles, Fmi e Banca Mondiale ha mandato
l’Italia in recessione e fatto letteralmente esplodere il debito pubblico, che
in pochi mesi è passato da circa 1’800 miliardi a 2mila miliardi.

La verità, che nessun politico è disposto ad ammettere,
è che il debito pubblico italiano non è più ripagabile.
Altrimenti bisognerebbe pensare che
sia possibile ricompattare una valanga in continua caduta su un pendio
scosceso. Siete disposti a continuare a credere a un’illusione?

Un
secondo punto importante riguarda le ragioni della crescita del debito pubblico
europeo. L’anno X è stato il 2009 quando quasi tutti gli Stati hanno dovuto
prendere misure straordinarie per salvare il sistema bancario e dare ossigeno a
un’economia che stava precipitando. La causa di quella crisi la conosciamo:
mutui subprime, derivati fuori controllo, follie di poche grandi banche “too
big to fail”. La conseguenza è stato il peggioramento impetuoso dei conti
pubblici di quasi tutti gli Stati.

Cos’è
successo in seguito? Che le banche centrali hanno messo in atto misure
straordinarie per salvare le banche; in misura minore la Bce (che però ha
comunque pompato molta liquidità nel sistema bancario), in misura colossale,
come dimostrato nel mio ultimo post, la Federal Reserve. Operazioni che sono
ancora in corso, finanziate con moneta elettronica e per somme, nominali,
impressionanti.

Ma
nel frattempo nessuno ha soccorso i singoli Stati che hanno visto esplodere –
per colpe non loro ovvero per salvare proprio le banche – il debito pubblico,
con le conseguenze che ben conosciamo: Grecia sul lastrico, Irlanda, Spagna,
Portogallo, in fortissima difficoltà, come in parte Italia e persino, sebbene
in misura minore, Francia e Olanda.

L’intervento
di salvataggio delle banche ha violato le regole del mercato e creato un
azzardo morale o, se volete, uno squilibrio morale. Perché si fa di tutto per
salvare le banche mentre si permette al sistema finanziario di mettere al
tappeto gli Stati, offrendo “salvataggi” che in realtà – come sta avvenendo in
Grecia – non risolvono nulla e di fatto schiavizzano intere nazioni?

Il
mio ragionamento è molto semplice: se un’eccezione – pesantissima – è stata
accordata alle banche, occorre che un’altra eccezione sia accordata agli Stati,
non fosse che per riportare le lancette dell’orologio al 2009.

Sia
chiaro: devono essere misure straordinarie, uniche, non ripetibili e corredate
da altre misure di buon senso.

Ad
esempio: per le banche reintroduzione della legislazione Glass Steagall Act,
ovvero della legislazione che imponeva la separazione tra banche d’affari e
banche commerciali, più altri provvedimenti volti non a impedire la
speculazione, ma a delimitare il rischio del contagio in caso di fallimento di
un banca che oggi invece, resta endemico.

Per
gli Stati: nuove norme severissime di contenimento della spesa pubblica
accompagnate, in Europa, da un nuovo patto di Maastricht che includa altri
parametri oltre a quelli esistenti. Liberalizzazioni reali che creino vera
concorrenza, anziché come capita spesso oggi, sostituire di fatto monopoli
pubblici con monopoli, o nel migliore dei casi, oligopoli privati.

Per
le Banche centrali: trasparenza assoluta sulle loro modalità di gestione
(modalità che restano in gran parte riservatissime).

Insomma
l’obiettivo dovrebbe essere quello di ricreare una normalità. Sì una normalità
fatta di mercati che funzionano senza correttivi o salvataggi indebiti, di
Stati messi nelle condizioni di non abusare del proprio potere, di tassazioni ragionevoli
che incentivino il consumo e il risparmio e non penalizzino – anzi premino –
gli imprenditori che creano ricchezza e posti di lavoro; una normalità in cui
le banche e le Banche centrali non siano più onnipotenti e politici, cittadini,
banchieri, imprenditori siano chiamati a rispondere delle proprie azioni.

Tutto
questo è davvero irragionevole?

PS
Un lettore gentilissimo,
Marcello Tarabochia, ha tradotto l’articolo di Pierre Pâris e Charles
Wyplosz che ho citato nell’altro post. Lo trovate in un post creato ad hoc. A Marcello il
mio ringraziamento personale.

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