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di Michela Pasquali.
Un”esperienza ambientale, economica, soprattutto sociale e con forte 
caratterizzazione di genere, che lascia un solo dubbio: si tratta di un 
prodotto collaterale dello slum, o di una vera alternativa, per quanto 
settoriale, alla metropoli globalizzata? Il manifesto, 17 ottobre 2013 (f.b.)
La maggior parte degli edifici di Mumbai, come in altre città in India 
ma anche in Medio Oriente o in Nord Africa, sono connessi dai tetti. 
Tetti piani, terrazzi a tutti gli effetti, separati tra loro solo da 
muretti bassi, facili da scavalcare. Qui vengono spostate attività come 
stendere, cucinare o dormire per adattarsi al cambiamento del tempo e 
delle stagioni o della posizione del sole. Non solo estensione della 
casa, i tetti sono anche passaggio per amici, vicini, amanti o il 
percorso quotidiano da casa a scuola.
Da sempre sono il luogo privilegiato delle donne, quindi privato, 
protetto, ma anche aperto, vitale. In alcuni casi la sola possibilità 
all”esterno per rilassarsi inosservate, per una temporanea fuga dalle 
incombenze domestiche dei piani di sotto. Qui le donne creano nuove 
relazioni, prestano e si scambiano cose, osservano le attività dei loro 
vicini, si invitano l”una con l”altra. Si crea così non solo uno spazio 
di libertà, ma anche una forte rete di condivisione tutta femminile. 
D”altronde sono pochi o inesistenti i luoghi in città dedicati 
esclusivamente alle donne, mentre gli uomini hanno numerose possibilità,
 formali o informali, fuori dalle mura domestiche.
Spazi di transizione tra dentro e fuori, paradigmatici, simbolici, così 
come i giardini, i tetti sono ambienti domestici che rappresentano nello
 stesso tempo lo spazio interiore ed esteriore. Mondi sospesi, sono 
descritti nei poemi o nelle poesie urdu e nella lunga tradizione della 
narrativa indiana: luoghi letterari, dove avventure, amori, tragedie, 
amicizie si consumano, si sviluppano e si sciolgono per raccontare, in 
realtà, le difficili condizioni di vita delle donne. Naturalmente il 
loro status non è uguale per tutte, dipende dalla posizione nella 
società, ma la discriminazione di genere è largamente diffusa, 
nonostante sia vietata per legge. Nella Costituzione le donne hanno 
diritti uguali agli uomini, nei testi religiosi sono rispettate e 
adorate, ma nella pratica spesso sono sfruttate, torturate e umiliate. 
La loro vita è un ciclo senza fine di doveri come madre, moglie, 
sorella, la loro identità e il loro ruolo nella società negate.
Nuove forme di partecipazione
Così diverse associazioni e organizzazioni hanno cominciato a promuovere e diffondere proprio sui tetti di Mumbai l”urban farming,
 affinché nuovi orti e frutteti possano diventare nuove forme di 
partecipazione per le donne e, nello stesso tempo, di attenzione 
all”ambiente e nuove risorse economiche e alimentari. Tra queste la ong 
Sneha, che realizza progetti contro la violenza alle donne e si occupa 
di salute materna e infantile, in collaborazione con l”organizzazione no
 profit Fresh&Local che si dedica alla parte progettuale. 
Dalla terrazza del Mohamedi Manzil building, in una delle zone più 
convulse di Mumbai, la vista è quella di terrazzi anneriti, cavi 
attorcigliati, ammassi disordinati di antenne. Insomma il tipico aspetto
 spoglio e un po” squallido di tutte le megalopoli. Ed è qui che 
Adrienne Thadani di Fresh&Local prova a realizzare il suo 
obbiettivo: creare a model rooftop urban farm, cioè un grande 
orto urbano, un modello da esportare in quanti più tetti possibili. Ben 
cinquecento metri quadrati per piantare trenta varietà diverse di alberi
 da frutta, come mango e chikoo o arbusti di okra che crescono dentro 
grandi cesti, mentre in cassette di plastica blu disposte in file 
geometriche a formare delle grandi aiuole, spuntano ortaggi e erbacee 
tra aromatiche, spezie e medicinali, come aglio, menta, o come il 
tumeric (Curcuma longa) e la lemongrass (Cymbopogon citratus),
 entrambe molto utilizzate nella cucina indiana e con numerose proprietà
 curative. Adrienne ha calcolato che con il raccolto di solo 1,5 mq si 
riuscirebbe a dare un piatto di verdure e frutta al giorno a una persona
 per sei, otto mesi all”anno, tenendo anche conto dei quattro mesi di 
monsoni.
Per il momento la frutta e la verdura prodotta, rigorosamente bio, viene
 regalata agli stessi abitanti dell”edificio, ma il programma prevede 
successivamente di venderle a un prezzo equo per poter sostenere e 
ingrandire ancora orto e frutteto e così dare lavoro a una persona che 
si occupi della manutenzione. Dopo aver appurato la capacità del tetto a
 sostenere il peso della terra e delle piante e l”assenza di danni alla 
struttura e di infiltrazioni di acqua ai piani inferiori, anche il 
proprietario dell”edificio è diventato il loro maggiore sostenitore.
Dopo questo primo lavoro, Fresh&Local ha dato il via alla 
trasformazione radicale di altri tetti, terrazzi e davanzali mentre il 
tetto del Manzil Building continua a evolversi, diventando uno spazio di
 sperimentazione che quando sarà terminato conterrà anche un vivaio, 
un”area specifica per il compost e una per la vendita diretta, uno 
spazio per le lezioni di yoga e infine una zona all”ombra per laboratori
 e corsi, per incontri e cene della comunità. Così si ampliano anche gli
 obiettivi; non solo orto, ma un modo per stare insieme, condividere 
interessi e passioni, imparare cose nuove. Infine rigenerare i tetti 
come spazio vitale e vissuto.
Un”altra esperienza, guidata da una donna, riguarda i 300 mq di orto 
sospeso, il Central Kitchen Garden, nella zona del porto, parte del 
Mumbai Port Trust. Questo grande tetto terrazzo, adiacente alla mensa, 
oggi è un paradiso lussureggiante di alberi da frutto tra chikoo, guava,
 banani, cocco, limoni, con centocinquanta altre varietà tra alberi, 
arbusti ed erbacee, tra cui un settore specifico per le tisane. Insomma 
un”oasi di biodiversità, poiché la presenza di tante piante ha portato 
anche tanti uccelli, insetti tra api, libellule e farfalle nel mezzo 
della zona portuale della città, tra docks e containers.
Catering e compostaggio
L”idea di creare un orto nasce per risolvere un problema legato alla 
mensa e in particolare allo smaltimento di una gran quantità quotidiana 
di rifiuti, dato che ogni giorno la cucina produce cibo per duemila 
impiegati. Così nel 2002 Preeti Patil, direttrice del servizio di 
catering, organizza per tutto lo staff della cucina un breve corso sulle
 principali tecniche di compostaggio. Poco a poco comincia a crescere 
qualche albero e ortaggio fino ad arrivare alla vera giungla verde di 
oggi visitata non solo da famiglie e scuole, ma anche da organizzazioni e
 aziende che desiderano seguire un percorso sostenibile.
Così, poco a poco, mentre continua ad aumentare il prezzo di frutta e 
verdura e proprio quando è sempre più evidente e conosciuto l”effetto 
nocivo di fertilizzanti e pesticidi chimici di suolo, aria, acqua, 
animali, piante, alcune persone hanno trovato a Mumbai una soluzione 
radicale, olistica, che è anche economica, pulita e sostenibile. Invece 
di seguire i metodi proposti dall”industria, riscoprono il gusto di 
frutta e verdura biologiche, che non hanno viaggiato per tutto il paese e
 che non sono stati in celle frigorifere per conservarsi o per maturare.
Una delle prerogative più interessanti di questo movimento è l”adozione 
sui tetti di pratiche sostenibili e tecniche di coltivazioni naturali 
adottate nei campi, come la natueco farming (unione delle parole 
Nature ed Ecology) creata negli anni ”60 e che sfrutta i processi 
naturali per creare terriccio fertile e ricchissimo di sostanze 
nutrienti grazie a un processo molto rapido. La ricetta si trova su 
internet ed è tipicamente indiana, poiché sfrutta la libera circolazione
 delle vacche sacre che permette di disporre facilmente di urina e 
sterco freschi. Oppure il sistema Prayog Pariwar (prayog significa esperimento e parivar
 rete familiare): dato che ogni orto è unico e differente dagli altri, 
poiché sono differenti le condizioni, le persone, le piante e le varietà
 coltivate, per ogni situazione e per ogni problema ci sono più 
soluzioni.
Quindi, senza adottare delle regole di coltivazione fisse, che non 
funzionerebbero in tanti casi, è importante che ognuno sperimenti da 
solo, tenendo anche conto delle altre esperienze e diffondendo i propri 
risultati. Ciò assicura un continuo, dinamico scambio di conoscenze 
legate a situazioni pratiche e concrete. 
Questo metodo di condivisione dei saperi e la tecnica natueco 
sono stati entrambi adottati dall”organizzazione Urban Leaves, fondata 
nel 2009 a Mumbai da Preeti Patil dopo la sua esperienza al Mumbai Port 
Trust, per creare nuovi orti, e così offrire nuove opportunità e 
risorse, per favorire l”integrazione e il coinvolgimento di donne e 
uomini insieme, per stimolare una sorta di up-date della vita sui tetti e scoprirne tutte le potenzialità.
Fonte: il manifesto, 17 ottobre 2013.
Tratto da: http://www.eddyburg.it/2013/10/orti-sospesi-sopra-mumbai.html.
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