ATF
di Giuseppe Masala.
Solo un mese fa ci avevano presentato il Quantitative Easing della BCE, pronto a entrare in opera, come il provvedimento che avrebbe rivitalizzato l’economia europea. Alcuni economisti (generalmente appartenenti alla scuola marxista e più in generale a visioni eterodosse) avevano comunque avvisato che questo genere di operazione poteva rivelarsi come un mero salvataggio dei mercati finanziari (e delle istituzioni finanziarie che in esso operano) e che non avrebbe avuto comunque effetto sull’economia reale.
A pochi giorni dalla sua partenza queste considerazioni fuori dal coro rischiano però di essere considerate come visioni economiche assolutamente ottimiste. E questo è la stessa BCE a dircelo.
Il 27 Marzo i conti correnti di deposito della BCE (deposit facility) già erano in crescita e ammontavano alla considerevole cifra di 57,29 miliardi di euro, mentre ad oggi ammontano alla cifra di 63,62 miliardi di euro. Dunque siamo di fronte ad una crescita quasi esponenziale che non è azzardato definire anomala.
Innanzitutto diciamo che i “deposit facility†sono i conti correnti nei quali le banche dell’eurosistema possono depositare la loro liquidità in eccesso a breve termine (overnight). E’ evidente che l’aumento così forte in così breve termine attesta come le banche non stiano investendo né sui mercati finanziari né tanto meno nell’economia reale la liquidità ottenuta grazie alle operazioni di quantitative easing messe in opera dalla stessa BCE. La cosa poi appare ancora più grave se si tiene conto che il tasso di questi depositi è stato portato dalla BCE in terreno negativo (- 0,20%). Dunque le banche dell’eurosistema, con la liquidità ricevuta dalla BCE con il QE, ridepositano presso la stessa BCE nei conti “deposit facilityâ€, addirittura pagando un interesse. Il fallimento del quantitative easing – ad oggi – appare in tutta la sua plasticità .
Del resto: se l’economia reale langue, non essendoci molti settori in grado di produrre profitti, così che si rende difficilissima l’allocazione di risorse aggiuntive; se il mercato (secondario) dei bond statali offre tassi di rendimento bassissimi; se infine il mercato azionario viene considerato da tutti gli esperti “ipercomprato†(“in bolla†secondo un certo linguaggio pittoresco); se abbiamo tutti questi elementi, a chi ha liquidità da allocare non rimane che provare a investire in paesi fuori dall’area valutaria (accollandosi il rischio di cambio) o restituire la liquidità alla stessa BCE che l’ha creata. Un fantasma si aggira per l’Europa: quello della rarefazione dei profitti.