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Gli otto punti dei Commons

Oltre il concetto di "beni comuni". Alla ricerca di una radicale revisione di ciò che chiamiamo economia [Miguel Martinez]

Gli otto punti dei Commons
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3 Maggio 2017 - 21.41


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di Miguel Martinez.


Tanti anni fa, all’interno di un articolo, un certo Garrett Hardin pubblicò una sorta di favoletta, che iniziava con queste parole (assaporate l’allitterazione):

“Picture a pasture open to all…”

in cui narrava come, in un pascolo aperto a tutti, un contadino furbo che cercava il proprio vantaggio, portandoci una mucca in più, finì per distruggere il pascolo stesso.

L’articolo si intitolava, The Tragedy of the Commons, ed ebbe una tale diffusione che molti vennero a conoscenza dell’antica parola commons solo per questo racconto. Anche se â€œa pasture open to all” non è affatto il senso che, nella vecchia Inghilterra, aveva la parola commons; e lo stesso Hardin non voleva esaltare la superiorità della proprietà privata, ma piuttosto richiamare l’attenzione sui pericoli della sovrappopolazione e dello sfruttamento delle risorse naturali.

Anni dopo, la ricercatrice Elin Ostrom, si guadagnò il Premio Nobel, studiando direttamente i commons realmente esistenti: che non erano i pascoli “aperti a tutti” della parabola di Hardin. Scoprì che ovunque nel mondo, innumerevoli milioni di persone praticavano concretamente una gran  varietà di sistemi di utilizzo condiviso di risorse.

Ostrom estrapolò otto punti che sembravano accomunare gli esempi riusciti di commoning, che  dimostravano che la presunta “tragedia” si poteva evitare, senza bisogno di una regolamentazione dall’alto, con alcune regole ricorrenti, che lei chiamava design principles, potremmo dire “principi che sottostanno a dei modelli”.

A questa scoperta, si sono aggiunte recentemente alcune ricerche del biologo americano David Sloan Wilson, che ha studiato l’importanza evolutiva dei gruppi: un gruppo che sa tenere a freno comportamenti egoistici ha un evidente vantaggio sui gruppi che non vi riescono. Tra parentesi, vale la pena di dare un’occhiata al sito su cui Wilson pubblica alcune riflessioni, Evonomics, che mette insieme una squadra di economisti, psicologi, antropologi e imprenditori, alla ricerca di una radicale revisione di ciò che chiamiamo economia.

Tutto questo, per presentare una mia bozza di traduzione di un documento interessante: il tentativo di tradurre gli otto “design principles” della Ostrom in un linguaggio pratico e accessibile a tutti noi che facciamo commons nella vita concreta.

Un documento redatto (in inglese) dalla Scuola estiva tedesca dei Commonsnel 2012. Ecco la mia bozza, sono graditi suggerimenti e correzioni.

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La terminologia che Ostrom adopera per descrivere i principi sottostanti ai modelli di commoning è rivolta agli studiosi di scienze sociali che si occupano della gestione di risorse condivise da un punto di vista neutrale, non partecipe e scientifico. Di conseguenza, i principi non sono accessibili al pubblico generale e non riflettono l’esperienza in prima persona dei commoner.

La prima Scuola Estiva Tedesca dei Commons, svoltasi a Bechstedt in Turingia nel giugno del 2012, decise di porre rimedio a questo problema. I partecipanti discussero intensamente, cercando di capire che aspetto avrebbe avuto una nuova serie di principi – fondati su quelli di Ostrom – in grado di riflettere la prospettiva personale dei commoner stessi. Sono nati così gli “Otto punti di orientamento per il Commoning,” che possiamo vedere come una rilettura, o forse un rimescolamento, dei principi di Ostrom.


Gli otto principi formulati da Elinor Ostrom e altri sono la distillazione dello studio di un immenso numero di casi provenienti da tutto il mondo. Sono scritti da un punto di vista scientifico e continuano a essere di grande significato per il movimento dei commons. Noi ci avviciniamo ai commons dal punto di vista invece di commoner attivi, cioè delle persone che creano e mantengono commons operanti. Siamo più interessati alla creazione di spazi per la comunità e per la cooperazione che alle istituzioni. Per quanto riguarda le risorse stesse, siamo più interessati a come preservarle e usarle che a distinguere tra commons materiali e immateriali, tradizionali o nuovi. Ci riferiamo quindi a ogni tipo di commons.

Per noi, i principi di Ostrom offrono una matrice per i seguenti punti di orientamento. Ci auguriamo che i commoner li possano trovare utili alle riflessioni sulle proprie pratiche. I commons non esistono in un mondo perfetto, ma piuttosto in un mondo ostile ai commons. E’ quindi importante che i commoner abbiano coscienza del tesoro che hanno tra le mani, per conservarlo e aiutarlo a fiorire.

1.  Come commoner, capisco chiaramente le risorse di cui mi devo prendere cura e con chi condivido tale responsabilità. Le risorse dei commons sono quelle che creiamo insieme, che manteniamo come doni della natura o il cui utilizzo è stato garantito a tutti.

2.  Noi usiamo le risorse dei commons che creiamo, di cui ci prendiamo cura e che manteniamo. Adoperiamo i mezzi (tempo, spazio, tecnologia e quantità di una risorsa) disponibili in un dato contesto. In quanto commoner, riconosco che esiste un rapporto equo tra il mio contributo e i benefici che ricevo.

3.  Noi stabiliamo o modifichiamo le nostre regole e i nostri impegni, e tutti i commoner possono partecipare al processo. I nostri impegni servono a creare, mantenere e conservare i commons in modo da soddisfare i nostri bisogni.

4.  Noi stessi vigiliamo sul rispetto degli impegni e talvolta deleghiamo altri di cui ci fidiamo per tale scopo. Rivalutiamo continuamente se i nostri impegni sono ancora utili agli scopi per cui furono presi.

5.  Elaboriamo regole appropriate per affrontare le violazioni dei nostri impegni. Determiniamo se e quali sanzioni saranno utilizzate, secondo il contesto e la gravità della violazione.

6.  Ciascun commoner dispone di uno spazio e dei mezzi per risolvere i conflitti. Cerchiamo di risolvere i conflitti tra di noi in una maniera accessibile e semplice.

7.  Regoliamo da noi le nostre faccende e le autorità esterne rispettano questo fatto.

8.  Riconosciamo che ogni commons fa parte di un insieme più grande. Quindi, occorrono diverse istituzioni operanti su scala diversa per coordinare l’amministrazione e permettere la cooperazione degli uni con gli altri.

Una traduzione in tedesco degli Otti Punti di Orientamento per il Commoning si trova qui:

Qui si trova una traduzione in francese:


Nota del traduttore. Abbiamo scelto di lasciare in inglese alcuni termini, di valore universale eppure di difficile traduzione.

Commons, in origine i campi, pascoli e risorse naturali comuni dei contadini inglesi: oggi, i beni materiali e immateriali di cui una comunità si assume attivamente la cura, qualunque sia la formula giuridica (“beni comuni”, frequentemente usato in italiano, si confonde facilmente con la nozione giuridica di “beni pubblici”)

Commoning, la “comunanza”, l’attività di cura comune di tali benicome in Italia gli usi civici storici

Commoners, i “comunanti” che si prendono cura di tali beni

Enclosure, un riferimento storico alla “recinzione” dei pascoli e campi comuni nella storia inglese, è quindi non tanto la “privatizzazione” giuridica quanto l’esclusione della comunità dalla gestione dei beni di cui vorrebbe prendersi cura.


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