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Covid, Lo sconforto prima del grande Reset

Uccidere il paziente per uccidere il virus è una soluzione? Uccidere una società per salvarla da una pandemia è la soluzione? Il Covid ci pone di fronte a una gravissima crisi sistemica

Covid, Lo sconforto prima del grande Reset
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27 Ottobre 2020 - 16.15


ATF

 

di Piotr.

 

Che sconforto.

Da tempo mi domandavo se non sia un po’ stupido un governo che spende i soldi in bonus per biciclette e monopattini ma non potenzia i trasporti pubblici. Davvero pensava che le cose fossero equivalenti per la mobilità?

E così ci troviamo nella demenziale situazione di studenti distanziati in aula e accalcati sui mezzi pubblici. I treni regionali possono imbarcare il 100% dei posti. In quelli per pendolari, come i lombardi di Trenord, addirittura si invitano i passeggeri a non mettere oggetti sui sedili perché devono essere tutti occupati, con anche un bel po’ di posti in piedi. Gli autobus possono riempirsi per l’80%, cifra già alta e poi chi controlla?

E così finisce che a scuola non ci si infetta in modo significativo, ma andando a scuola sì. E dunque oggi si ritorna all’odiosa, inutile e desocializzante didattica a distanza, senza che la scuola ne abbia colpa.

Ci si infetta sui mezzi di trasporto, sul lavoro, a casa e negli ospedali. Cosa è stato fatto per prevenirlo? Ad esempio cosa si è fatto per non dover ricoverare per motivi sociali positivi paucisintomatici (persone sole, o al contrario che vivono in case sovraffollate, quelle che convivono con anziani, ecc.)? Bonaccini afferma di aver individuato 1.000 posti letto in strutture alberghiere per questi ricoveri di carattere sociale che non richiedono cure mediche, così da non gravare sugli ospedali. Questo in Emilia Romagna. E nelle altre regioni?

E allora, via con altri palliativi, la chiusura dei teatri, delle palestre e dei cinema, già semideserti e tutti dotati di estrattori d’aria (poveretti, una spesa per nulla e una chiusura per niente; questi i dati dell’AGIS per il periodo di riapertura 15 giugno-10 ottobre: spettacoli 2.782, spettatori 347.262, contagiati 1!), i ristoranti che non possono più servire la cena (il pranzo sì, la cena no: perché?), la proibizione di accompagnare a casa la fidanzata di notte, la raccomandazione (che tra poco mi sa tanto diverrà un obbligo) di non muoversi nemmeno coi propri mezzi (e se uno vuole farsi una gita in campagna, in montagna o in un bosco? Che senso hanno queste raccomandazioni quando già ci sono meticolosi divieti per evitare ogni tipo di assembramento?).

C’è chi con le migliori intenzioni, come il dottor Bassetti direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, persona che io reputo equilibrata, pensa che sarebbe meglio fare non un lockdown generalizzato ma per età: gli anziani relegati a casa, cosa che però ogni medico dovrebbe sapere equivale a una condanna a morte (gli anziani si contagiano a casa, nelle RSA, nei nosocomi e il confinamento a casa sarebbe una misura più controproducente dell’infezione stessa – senza contare che l’isolamento degli anziani sarebbe socialmente devastante, dato che i nonni surrogano spesso i latitanti servizi pubblici, per non parlare dell’aspetto affettivo e psicologico). Ciò dimostra non tanto che il dottor Bassetti affermi cose insensate, bensì quanto intricata e zeppa di trappole sia questa crisi.

 

Conte mi sembrava cauto, ma qualcuno ha evidentemente spinto per la linea dura e oltretutto con bersagli sbagliati. Perché io non credo proprio che queste misure fermeranno i contagi. In Francia e in Spagna le applicano da più di una settimana e i contagi continuano inesorabilmente a salire. Diamo tempo al tempo, ma temo che la situazione non migliorerà e dubito che avremo un “Natale sereno” come si sforza di dire, senza crederci, il nostro Presidente del Consiglio. Speriamo in un miracolo, ma se anche ci sarà il discorso non cambia perché non è possibile entrare in lockdown un mese sì e un mese no.

Quel che è sicuro è che queste misure faranno incazzare milioni di persone che si sono anche stufate di essere considerate degli untori per coprire gli errori di chi ci governa, centralmente e localmente. E, come già si vede, la destra ci sta marciando sopra (anche se con litigi interni: la crisi tocca anche loro).

Queste migliaia di tamponi e queste migliaia di positivi non misurano più nulla e non servono a tracciare più alcunché (e men che meno coi toni inquisitori di Crisanti: “Bisogna stanare chi contagia” – sic!). Non misurano nemmeno l’entità del contagio perché occorrerebbero studi su campioni di popolazione, e non misurano la contagiosità perché i tamponi intercettano sia chi ha una carica virale molto alta sia chi ha nel naso un residuo di filamento di RNA del virus (nei due casi cambierebbe il CT, ovvero il ciclo-soglia, ma se ne tiene conto? Sicuramente nella comunicazione al pubblico no).

L’unica misura ormai la danno le terapie intensive e i decessi.

Ma si continua a fare terrorismo isterico col “numero di contagi” e con articoli ad hoc scritti appositamente per spaventare, il tutto avvolto in una gestione della crisi che quando non è confusionaria (grazie anche al proliferare di “esperti” ammalati di irrefrenabile protagonismo) è opaca e – cosa pericolosissima per la democrazia – è istigatrice di intolleranza per chi non la pensa come hanno deciso, di volta in volta, il potere, i media mainstream e chi dal terrore ricava vantaggi [1].

E io sono molto preoccupato e anche arrabbiato per questa furia censoria, per questo incitamento all’odio da stadio e al disprezzo per i dissenzienti. Ciò provoca contro isterie, contro intolleranze, disinganni, sfiducia, incredulità, come già si sta vedendo e non solo a Napoli (ormai le proteste percorrono la Penisola da Nord a Sud e in Germania e negli UK sono continue e sempre più partecipate, e scoppiano anche in Spagna, in Olanda, in Polonia, un po’ ovunque).

Ranieri Guerra, dell’OMS e del CTS aveva avvertito pochi giorni fa: “Dobbiamo evitare un lockdown generalizzato perché provocherebbe rivolte armate ”. Aveva ragione. Evidentemente è un tecnico che non rimira solo il proprio ombelico sapienziale. Meglio quindi dargli retta e iniziare con un mezzo lockdown generalizzato. “Poi si vedrà”, dicono.

Si vedrà che cosa?

Gli esercizi e le imprese falliscono, l’ONU ha lanciato l’allarme per le drammaticamente diminuite capacità di produrre e procurarsi cibo a causa del Covid (la peggior crisi alimentare degli ultimi 50 anni, afferma [2]).

I cardiologi da un pezzo hanno lanciato l’allarme per l’aumento degli infarti, dovuto alla mancanza di controlli, e simili allarmi vengono dagli oncologi (International Journal of Cardiology, Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri e Istituto Europeo di Oncologia di Milano). La prevenzione è stata mandata a gambe all’aria. Gli interventi chirurgici sono stati rimandati. E, in più, nessun sistema sanitario pubblico universalistico è sostenibile in una nazione pesantemente impoverita (secondo i criteri capitalistici, ovviamente, ma “comunismo” e “socialismo” sono diventate due parolacce). E senza sistema sanitario pubblico e universalistico l’aspettativa di vita diminuirà. Per noi chi se ne importa. Ma diminuirà per i nostri figli e i nostri nipoti.

Uccidere il paziente per uccidere il virus è una soluzione? Uccidere una società per salvarla da una pandemia è la soluzione? Per i “Cento scienziati”, bravissimi nel loro campo ma che usano gli algoritmi a mo’ di paraocchi, sembra di sì. Dio ci scampi dai tecnocrati e specialmente dai più furiosamente innamorati del “proprio sapere” (e occorrerà riparlarne). Per fronteggiare una crisi come questa non bastano nemmeno venti specializzazioni in materie diverse. Men che meno basta un algoritmo, per quanto raffinato possa essere, se non altro perché non è in grado di stimare gli effetti complessivi di un lockdown (le conseguenze a cascata sulla gestione della sanità di cui si diceva, ad esempio, o gli effetti anche sanitari dell’impoverimento assoluto e relativo provocato dalle chiusure, per fare un altro esempio, e men che meno le ricadute sociali e psicologiche, tutte cose che non fanno sicuramente parte del set di parametri dell’algoritmo). Semplicemente non è stato progettato per farlo. Semplicemente perché quello che fa è eseguire sofisticate variazioni sul tema “Successione di Fibonacci”.

Senza contare che ci sono rinomati e prestigiosi centri che hanno ripetutamente sbagliato le previsioni coi loro raffinati algoritmi, e sbagliato non di poco ma di ordini di grandezza [3].

 

Non solo si poteva fare qualcosa prima (i reportage da Wuhan parlano di una città tornata normale) ma anche dopo si poteva e si doveva far qualcosa di sensato. E anche in questa (ri)emergenza.

Il governo doveva decretare gli ammortizzatori sociali e gli aiuti contemporaneamente alle chiusure se proprio, preso dal panico, aveva deciso di chiudere. Ma non l’ha fatto, pur essendo i nostri aiuti economici i più micragnosi di tutta la UE ([4]), e c’è ancora chi attende una misera cassa integrazione da maggio (un mio amico, che guadagna la favolosa cifra di 1.300 euro al mese, è rimasto senza cassa integrazione – della bellezza, pensate un po’, di 700 euro mensili!- da marzo ad agosto e doveva pagare un mutuo e mantenere un figlio).

E prima ancora, o per lo meno contemporaneamente a questo DPCM, il governo doveva decretare pacchetti per il trasporto pubblico e per la sanità pubblica, avocando allo Stato la gestione di queste due priorità. Il DPCM sarebbe rimasto contraddittorio e in parte insensato ma per lo meno il governo avrebbe dato dei segnali per essere ritenuto credibile e affidabile. Invece così rischia di avvitarsi in una spirale stretta tra repressione e provvedimenti impopolari e per la gran parte inutili.

Lui rischia, e rischiamo tutti noi, perché se si rompe l’instabile equilibrio politico attuale interverranno gli avvoltoi (tra cui componenti dell’attuale maggioranza) che daranno in pasto ai privati tutto ciò che è ancora pubblico, a partire dalla sanità per arrivare ai trasporti passando per l’istruzione [5].

Ormai si sapeva contro cosa stavamo combattendo, come si diffondeva il virus e come bisognava affrontare una possibile seconda ondata. E invece sì è fatta una sciocchezza dopo l’altra. Una di queste è stata non usare i poteri speciali permessi dall’emergenza per ricentralizzare la sanità pubblica potenziandone nel contempo la territorialità, così che adesso il governo se la deve prendere con le Regioni per le loro inadempienze. Si pensi che non c’è nemmeno un protocollo condiviso tra le Regioni per l’ospedalizzazione né uno per le cure domiciliari.

Poi le scemenze di cui si diceva prima, il trastullarsi coi monopattini e le biciclette mentre la gente aspettava ristori che non arrivavano.

Non ci possono dire dopo nove mesi che siamo al punto di partenza e che con una situazione meno grave di primavera dobbiamo richiudere tutto. La gente, a meno che non appartenga ai settori sociali garantiti (almeno per ora) non ne può semplicemente più. E sempre più si affida a chi parla di “dittatura sanitaria”, “complotto mondialista” e cose del genere che io giudico nonsense indimostrabili dettati dalla sovrasemplificazione della complessità. Ormai lo fa per difendersi, per istinto di sopravvivenza. Possiamo anche chiamarli sbrigativamente “negazionisti” e “terrapiattisti” (cosa che in generale non sono – anche questa è una sovrasemplificazione), ma il problema e la contraddizione rimangono. Possiamo invece solo ringraziare il cielo se alla seconda manifestazione di Napoli, con 2.000 persone, lo striscione recitava uno slogan ragionevole: «Due metri di dissenso. Prima sostegno e poi lockdown».

Si è fatta una comunicazione tra il confuso e il terroristico e oltretutto inconseguente, e adesso si raccolgono i frutti (De Luca in questo è un catastrofico emblema).

Io non ritenevo probabile una seconda ondata ma essendo possibile ho sempre pensato e scritto che bisognava comunque prepararsi per lo scenario peggiore. Ovviamente non ero il solo a dirlo perché è una semplice questione di logica. E invece siamo di nuovo qui a piangerci addosso.

Io penso che tutto sommato in primavera, quando siamo stati colti impreparati, Conte abbia agito avendo in mente una visione complessiva e politica della crisi, l’unica praticabile, mediando con i “particulier” degli esperti (spesso con una sola idea iperspecialistica in testa considerata da loro come la verità assoluta) e dei vari interessi economici e politici in ballo, a volte resistendo ad essi.

Ma oggi mi sembra che sia troppo pressato dalle varie componenti (si dovrà fare prima o poi un discorso su chi vince e chi perde con questa crisi che è in definitiva un’accelerazione di quella in corso da tempo).

Giuseppe Conte mi sembra più valido di quelli che lo circondano (l’accordo che ha raggiunto a Bruxelles gli altri non sarebbero mai stati in grado di strapparlo, o magari nemmeno lo avrebbero voluto – e infatti insistono ancora con il MES). Ma adesso appare stanco, non più in grado di difendere le sue posizioni. E probabilmente devono aver litigato parecchio, visto quanto tempo ci hanno messo a licenziare il DPCM.

Qualcuno mi dice che un leader si deve circondare di persone valide. D’accordo. Ma le persone valide ci devono essere, non se le può inventare il leader. E a me sembrano tutte di così asfittica caratura…

Adesso un governo responsabile dovrebbe avere la forza di fare nell’emergenza tutto quello che non ha fatto durante la tregua estiva. E ciò vuol dire scontrarsi con potenti e aggressivi vested interests nazionali e internazionali proprio mentre sta alienandosi il consenso di vasti ceti sociali e mentre l’opposizione si pavoneggia con le critiche, non di rado giuste, predicando bene mentre sa benissimo che una volta al potere razzolerebbe male. Una pessima situazione.

Non so se il governo, e in primo luogo Conte, avrà l’energia e la capacità politica di farlo o se spererà in qualche miracolo.

Per affrontare questa crisi senza uccidere l’ammalato bisognerebbe rispolverare la parola “socialismo” e anche “internazionalismo”. Ma non è, per adesso, nell’orizzonte delle cose (e non certo in quello del governo). L’orizzonte delle cose oggi è la crisi sistemica.

 

Molto quindi dipenderà dalla piega che prenderà Bruxelles e da cosa succederà dopo le elezioni negli USA (cioè nella più grande potenza politica del mondo) e cosa decideranno di fare l’attuale maggior potenza militare del mondo, cioè la Russia, e l’attuale prima economia del mondo, cioè la Cina. Che potenza politica, militare ed economica siano divise è palmare segnale di crisi sistemica e quindi globale e, ripeto, la crisi Covid sta all’interno di questa crisi ben più ampia.

 

Quindi un discorso a parte dovrà essere fatto per quelli che invece sanno benissimo come sfruttare le crisi. Gli interessi di Big Pharma non sto nemmeno a discuterli (sono evidenti e lascio ad altri l’ossessione). Bisognerà invece discutere degli interessi di quelli che non vedono l’ora, ad esempio, che milioni di italiani siano costretti a indebitarsi con le banche e che i piccoli vengano mangiati dai grandi, quei balzi di centralizzazione e concentrazione dei capitali resi possibili solo dalle crisi, come già sapeva Marx, che però non si immaginava che si sarebbe giunti infine a un capitalismo neo-signorile. E oltre alla voracità dell’Alta Finanza bisognerà parlare degli interessi internazionali dell’agribusiness, settore geopoliticamente strategico, collegato a Big Pharma e controllato da élite neo-feudali, e del settore estrattivo, anch’esso strategico specialmente per le nuove tecnologie. Nessun discorso ecologista – e sanitario – ha senso se non si parla di queste cose.

E’ la parte che viene accuratamente nascosta di un progetto, per ora una sorta di Statement of Interest, che a livello internazionale ha già trovato un nome altisonante sotto accattivanti slogan liberal che dipingono magnifiche sorti e progressive, ovviamente green oriented, ovviamente LGBTQI+ oriented: il Great Reset (copyright: World Economic Forum). Ne riparleremo.

 

 

NOTE

[1] In marzo lo stesso Antony Fauci così si esprimeva: «le conseguenze generali del Covid-19 in definitiva possono essere più simili a quelle di un’influenza stagionale severa (che ha un tasso di mortalità approssimativamente dello 0,1%) o di una pandemia influenzale (simile a quelle del 1957 e del 1968), piuttosto che alla SARS o alla MERS che avevano un tasso di mortalità del 9-10% e, rispettivamente, del 36% .»
 
Questo in marzo, ma anche in settembre il Center for Disease Control and Prevention forniva queste stime di mortalità nel peggiore degli scenari (R0=4.0):
0-19 anni: 0,0001
20-49 anni: 0,0003
50-69 anni: 0,010
70+ anni: 0,093
 
Se l’alta contagiosità del Covid-19 (che ricorda, anche se in forma più aggressiva, per l’appunto l’Asiatica del 1957 – 2 milioni di morti – o la Hong Kong del 1968 – da 750.000 a 2 milioni di morti in due anni) impone prudenza, tuttavia non giustifica l’isteria. E l’isteria in parte si autoalimenta, ma in buona parte è alimentata da fuori, da chi ha interesse che ci sia.
 
 
[3] Famosi a questo riguardo sono i modelli del dipartimento di Neil Ferguson, dell’Imperial College di Londra. Mutuando quei modelli uno studio svedese predisse 96.000 morti entro il primo di luglio, stanti le “correnti strategie di sanità pubblica in Svezia”. Ad oggi i decessi sono 5.933. (https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.04.11.20062133v1.full.pdf).
E per l’Italia Ferguson stimò 283.000 morti se si applicava, come è stato fatto, un lockdown rigido, con picchi di 30.000 decessi a settimana. Ma la sua storia di insuccessi è lunghissima:
«Certo il track record dei modelli di Ferguson negli ultimi dieci anni non gli fa onore. A partire dai 150mila morti previsti per la malattia del piede e della bocca dei bovini (Foot and Mounth Disease) ai 200 realmente avvenuti nel 2002 in Inghilterra. Nello stesso anno, nello stesso paese, Ferguson aveva allertato il governo sull’arrivo di 50mila decessi per Mucca pazza (BSE), a fronte dei 177 avvenuti realmente. Non migliori le previsioni per l’epidemia di influenza aviaria del 2005, ove i modelli Imperial prevedevano fino a 150mila morti nel solo Regno Unito a fronte di 282 registrati nel mondo. Non dissimile la pandemia di influenza suina del 2009: nell’agosto di quell’anno la ministra della salute inglese annunciò la mobilitazione dell’esercito inglese per la preparazione di fosse comuni capaci di ospitare i 65 mila cadaveri: i morti veri furono 457.»
Perché allora La Repubblica strillava in marzo: “Coronavirus, lo studio shock che ha fatto cambiare idea a Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia. I ricercatori dell’Imperial College: se si fosse continuato a ignorare la minaccia, ossia frapponendo una risposta quasi assente anti-coronavirus, negli Usa ci sarebbero stati 2,2 milioni di morti e fino a 510 mila in Regno Unito”?
Domande, dubbi e persino sospetti sono, come si vede, del tutto legittimi.
 
Tralasciamo, perché rientranti nella categoria della truffa, le sovrastime stratosferiche fornite dall’OMS per la “suina” del 2009 (2 miliardi di infettati in due anni fu l’allarme lanciato dall’allora direttrice dell’OMS, Margaret Chan; 1.632.258 fu il dato finale in 10 anni).
 
 
 

 

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