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di Alessandro Cisilin – da «Galatea European Magazine» – dicembre 2008“Noi proteggiamo la vita”. Si presenta così nei propri documenti la Taser International, facoltosa multinazionale dell”Arizona. Uno slogan bello e chic, tanto da attrarre tra i propri clienti parecchie first lady, inclusa, è stato scritto, Madame Sarkozy, alias Carla Bruni. Non si tratta però di cosmesi, di lifting o di altri antidoti antropologici alla morte. Si tratta di pistole.
Pistole speciali, a elettrochoc, che uccidono un po” meno delle banali emettitrici di pallottole. Comunque, uccidono, seppur senza quell”inelegante effetto collaterale che è lo spargimento di sangue. Da un”aula giudiziaria del Vecchio Continente parte però il frastuono di una sonora sberla ai presunti benefattori della vita.
Il tema non erano le violenze delle aggressioni fisiche. Molto meno. Nel mirino dei pistoleri dell”ultima generazione era addirittura il diritto di contestarle. Il rapporto di forza assomigliava a quello tra Golia e Davide. Da un lato la società Spm Technologies, distributrice in Francia dei prodotti Taser, e dall”altro un gruppetto di attivisti per le libertà civili, le Réseau d”Alerte d”Intervention pour les Droits de l”Homme (Raidh). I primi a trascinare i secondi dinanzi al Tribunal de Grande Instance di Parigi, con la richiesta risarcitoria di cinquantamila euro con la doppia motivazione della “diffamazione del nome commerciale” di Taser e del “superamento dei limiti della libertà di espressione“.
Doppio è stato anche lo schiaffo consegnato il 27 ottobre dai magistrati. Il no al primo argomento è una presa per i fondelli all”azienda. Spm Technologies ha gli incassi di Taser in Francia ma non è Taser, sicché non ha titolo per rivendicare i diritti su un marchio che non detiene. La motivazione dell”altro no invece stoppa ogni ingiunzione al silenzio nei confronti di chi dissente. Le venticinque pagine di dossier accusatorio sui danni provocati da Taser, contestate all”associazione, non sono giudicabili come “abuso della libertà di espressione“, casomai ne sono esemplari.
La sentenza della diciassettesima sezione del tribunale parigino ristabilisce un principio fondamentale di qualsiasi sistema che aspiri alla civiltà . Ma aldilà del principio, il dato è che il rapporto di Raidh era semplicemente incontestabile. L”arma fu concepita all”inizio degli anni ”70, nel mezzo di un”epoca di contestazioni. Al signor John Cover venne l”idea di arricchire i manganelli elettrici con una scarica lanciabile attraverso due freccette fino a una distanza di cinque metri. Nacque così il rudimento della “Thomas A. Swift Electronic Rifle” (Taser, appunto), dal nome di un popolare fumetto, ma bisogna attendere il 1999 perché entrasse ufficialmente nell”armamentario delle polizie di Stati Uniti e Canada. Poi l”approdo in Europa, a cominciare dalla Svizzera. Il bastone è nel frattempo divenuto un vero e proprio revolver, mentre il numero e la gittata delle freccette si sono moltiplicati, così come la potenza, giunta a circa cinquantamila volt.
Al volgere del nuovo millennio gli attivisti dei diritti umani, a cominciare dal Canada, hanno iniziato a registrare i decessi, e a fare i conti. Secondo un rapporto dell”anno scorso di Amnesty International, dal 2001 i morti per le pistole a elettrochoc delle sole polizie nordamericane sono stati quasi trecento, inducendo l”Onu a qualificare l”arma come “strumento di tortura“, che piace a chi la usa proprio perché meno controllabile, in quanto non lascia visibile traccia.
I suoi apologeti non hanno torto a notare che le pistole a proiettili uccidono molto di più e che l”elettrochoc, per immobilizzare un malvivente, può rappresentare un”alternativa, se usato con competenza ed entro certi limiti normativi.
Ma è proprio questa la principale delle obiezioni posta da Raidh. In Francia Taser era assegnato in dotazione ai soli reparti speciali. Il governo ha poi accettato di produrre un”inchiesta sulle conseguenze mediche dell”arma, salvo tener segreti i risultati.
Ora, qualche giorno prima della sentenza, l”Eliseo ne ha autorizzato la diffusione addirittura presso la polizia municipale. E allora quel pronunciamento giudiziario suona per gli attivisti come lo strillo di tromba dell”inizio della controffensiva.
acisilin@yahoo.it
http://www.youtube.com/watch?v=EmByfTKKUV4
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