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di Monica Centofante – antimafiaduemila.com.
Marcello Dell”Utri non parla e invita a non parlare. Lui che nelle inchieste più importanti è sempre presente, costantemente sulla bocca di boss e indagati, puntualmente in contatto con la persona sbagliata al momento sbagliato la lezione ormai la ha imparata.
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E ai magistrati di Roma che lo hanno iscritto nel registro degli indagati dell”inchiesta sulla P3 e che ieri hanno tentato di interrogarlo ha risposto picche: no comment, “una regola fondamentale per chi è indagato, la consiglio a tutti”, ha detto, ancora scottato per la condanna in appello a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
E per le dichiarazioni rilasciate da Denis Verdini, coodinatore del Pdl, che lo scorso lunedì ai magistrati ha risposto per 9 nove additandolo come responsabile delle sue frequentazioni con gli altri indagati.
“Non conoscevo né Lombardi né Martino – sarebbero state le parole di Verdini -. Fu Marcello Dell”Utri a portarli a pranzo a casa mia. Con lui siamo amici da una vita, è una persona carismatica. Se lui viene con qualcuno che cosa dovrei fare? Non posso certo chiedere i documenti alle persone che lo accompagnano”.
Il riferimento è agli incontri a Palazzo Pecci Blunt, tra cui il famoso pranzo del 23 settembre 2009, quando il gruppo occulto avrebbe parlato dell”imminente discussione della Consulta sul Lodo Alfano e su come fare pressione sulla Corte Costituzionale per influenzare l”esito del giudizio: una riunione per la quale i commensali stanno finendo a uno a uno nel registro degli indagati.
Ieri è toccato a Giacomo Caliendo, per gli amici “Giacomino”, sottosegretario alla Giustizia, accusato di violazione della legge Anselmi.
E” a lui che quel 23 settembre telefona Pasquale Lombardi (uno dei tre arrestati) per informarlo circa l”esito del summit dal momento che Caliendo si era dovuto allontanare in anticipo. “E poi – è la voce di Lombardi – stasera chiamo Antonio perché abbiamo fatto un discorso anche per quanto riguarda la Corte Costituzionale (.) Amm” fa” nu poc” na conta a vedé quanti sonn” i nostri e quanti son i loro, per cui se potimm” correre ai ripar”, mettere delle bucature, siamo disponibili a fare tutto (. ) e poi giustamente abbiamo fissato che ogni giorno, ogni settimana bisogna che ci incontriamo per discutere tra i noi e vedere ando sta o” buono e ando sta o” malamente”.
Solo la prima di una serie di intercettazioni che stridono con la accorata difesa del sottosegretario, che si professa innocente e riduce tutto a un grande equivoco.
La seconda è di qualche giorno più tardi, esattamente il 1° ottobre del 2009 quando è la segretaria di Caliendo a sentirsi con Lombardi.
“Ah, poi a Giacomino glielo dici senta devi sta là perché ce sta pure Carbone” (presidente della Corte di Cassazione) . “A che ora?” chiede la donna e Lombardi risponde: “Alle due precise! Due meno un quarto”.
Più tardi gli interlocutori si risentono e Lombardi sottolinea: “Sono fatti importanti che lui non si può sottrarre! Perché non è un fatto… per il Parlamento che so cazzi per altri! Stavolta sono per cazzi suoi! Hai capito?”
Poi invita anche la donna a partecipare al pranzo, con un”espressione alquanto significativa: “… tu puoi venire perché fai parte internamente di noi”.
Se Giacomino ci fa da spalla
Nelle corpose informative dei Carabinieri e nell”ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Giovanni De Donato – che ha portato in carcere Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino – il nome di Giacomo Caliendo appare decine di volte. Sia in forma diretta che indiretta.
Come quel 24 novembre del 2009 quando Lombardi si incontra con Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, e dell”incontro informa lui e l”imprenditore Arcangelo Martino.
In quei giorni Lombardi e l”intero gruppo occulto sono impegnati a far nominare in cariche dirigenziali di alcuni uffici giudiziari candidati graditi al sodalizio e Caliendo è uno dei contatti a cui si rivolgono per attribuire maggiore efficacia ai loro interventi.
“Io stavo a Roma e ho fatto quello che dovevo fare è andata bene!”, spiega Lombardi a Martino in seguito all”incontro con Mancino, “grazie a Dio ho fatto quello che dovevo fare! (.) per i nostri… per i nostri amici… eh… dicitangill pure a chill amic tui su a Milan (diglielo anche a quell”amico tuo su a Milano) eh… grazie a me… il mio intervento è stato decisivo!” Quando parla con Caliendo è invece un po” più cauto: il Vicepresidente, prima di decidere, gli dice, desidera leggere “la relazione, ma io voglio vedere come fanno la relazione… chi e come… se fanno bene… chi la fa… come la fa”.
Qualche mese più tardi il nome del sottosegretario alla Giustizia esce invece nell”ambito della vicenda che coinvolge Roberto Formigoni e la sua lista “Per la Lombardia”, per un periodo esclusa, per vizi formali, dalle elezioni dello scorso marzo.
Mentre il gruppo occulto – su mandato del Presidente Formigoni, come scrivono i Carabinieri di Roma – è impegnato a sistemare l”inconveniente, Lombardi si sente più volte con il senatore Caliendo al quale riferisce le iniziative già assunte:
“Ma tu l”hai sentito che la… Formigoni è stato… non è stato (.) hanno rigettato la lista! L”hai sentito? (.) ho chiamato pure già a Fofò! Pe vedè come si può apparà qua! Domani mattina tengo appuntamento con l”avvocato di Formigoni in modo che devo vedere il tipo di ricorso che hanno fatto com”è” “Io già ho mandato a dirglielo da Santamaria a Fofò che chiamasse a ”sti tre quattri sciemi e non dessero fastidio”.
Fofò è Alfonso Marra, Presidente della Corte d”Appello di Milano, fatto eleggere dalla cricca e poi contattato per intervenire a favore del ricorso della lista.
Il 2 marzo Lombardi si reca a Milano e dopo avere incontrato il collaboratore di Formigoni informa Caliendo: “(…) niente, niente ancora perché ho parlato con Fofò, Fofò tiene la camera penale… devi chiamarlo (.) tiene la camera di consiglio (.) e là non si può muovere però tu dovrai chiamare e devi intervenire dopo le due nella commissione che deve vedere il ricorso di coso”.
L”interlocutore esprime il proprio scetticismo circa la disponibilità del Marra a fare l”intervento richiesto: “Sì ma non lo fa, non lo fa… già c”ho parlato” e Lombardi si stizzisce: “Embè è fesso allora… che cazzo (.) sta pazziando (.) chiamatello… e non se può mai… tanto io già gliel”ho detto gli lascio anche una copia qua, capito! Una copia del ricorso”.
Il pomeriggio dello stesso giorno Marra telefona a Lombardi informandolo di aver letto il documento: “E” fatto benissimo, per dinci, nulla da dire” e in serata Lombardi informa Caliendo: “Una copia del ricorso io l”ho data a Fofò”.
Nei giorni successivi il ricorso viene però rigettato da parte della Commissione elettorale milanese (successivamente la lista sarà riammessa) e lo stesso Lombardi, insieme al Martino, scrive De Donato, si impegna per esercitare pressioni “su rappresentanti del Ministero della Giustizia, allo scopo di suscitare un”ispezione straordinaria nei confronti dei magistrati milanesi che avevano costituito il collegio”.
Per riuscire nell”intento il gruppo occulto contatta Arcibaldo Miller, capo degli Ispettori presso il Ministero della Giustizia che a Martino spiega: “Devono fare un esposto in cui dicono che sono… diciamo che… che i giudici della Corte d”Appello hanno fatto delle irregolarità … precisano e chiedono un intervento di contro al Ministro della Giustizia”.
Il 12 marzo, Martino si sente con Lombardi per chiedere quando il sottosegretario Caliendo pensa che verrà ordinata l”ispezione: “Ma lui che ti ha detto Giacomo ieri che quando si poteva i… ipotizzare”. Il Lombardi ribadisce: “Subito come il Ministro arrivava a Roma… deve stare il Ministro a Roma per dare l”incarico” e aggiunge: “Hai capito è lui… perché io mo se acchiappo il Ministro (inc) quando vai a Roma? (inc) sta pure Giacomino! Speriamo che mo l”acchiappo a sto madonna!”
Il Martino a questo punto tradisce un certo nervosismo: se avesse saputo che le cose andavano per le lunghe si sarebbe mosso lui, “perché se non lo fanno entro questa settimana che viene non serve più”. Ma Lombardi lo tranquillizza: “Ho chiamato a Giacomino per dirgli state provvedendo a questo? Giacomo mi ha risposto di sì”. “E io mo vado a vedere il Ministro per dire oh corri a Roma (inc)… tengo a Giacomino che mi fa da spalla e stiamo a posto”.
Dieci minuti più tardi, attraverso Algina Ferrara, segretaria di Caliendo, Lombardi tenta di combinare un incontro tra Caliendo e il Ministro: “Eh ma io mo acchiappo il Ministro e gli dico guarda che Giacomino ti deve parlà per cui a un certo momento (.) se Giacomino ci arrivasse male non sarebbe per dire al Ministro guarda che ci sta ”na cosa che…”
Nel frattempo il collaboratore di Formigoni, tale Willy, informa Martino di avere inviato il testo dell”esposto da cui dovrebbe scaturire l”ispezione ministeriale alla sua casella di posta elettronica e a quella personale del sottosegretario Caliendo e le successive conversazioni dimostrano che la documentazione è arrivata a destinazione.
“Tutto a posto – è la voce di Perone (stretto collaboratore di Lombardi) – E” arrivato, l”ha visto il vostro… il nostro amico… tutto bene! Martedì sta dal Ministro”
Ed è martedì, 16 marzo 2010, che Martino invita Perone a ricordare a Lombardi di chiamare Giacomo Caliendo: “Senti non ti scordare che lui deve chiamare quel nostro amico là … Giacomo, guarda che è urgente che chiama a Giacomino (.) perché io vado là appunto per questo a Roma stamattina”. E come si evince da una conversazione intrattenuta il giorno precedente, a Roma Martino deve incontrarsi con Flavio Carboni.
Giacomo che fa, scalda la sedia?
In quegli stessi giorni scoppia lo scandalo Rai-Agcom, quando vengono rese note le intercettazioni tra Berlusconi, Minzolini e il commissario Giancarlo Innocenzi che discutono di Tv pubblica e della necessità di fermare Annozero e Santoro.
Il ministro Alfano invia gli ispettori ministeriali alla procura di Trani e Arcibaldo Miller, capo di quegli ispettori, deve partire. “L”operazione Formigoni” quindi rallenta un po” e riprende il 19 marzo.
E” in quella data che Martino chiede a Perone di riferire a Lombardi che il suo amico Miller ha concluso il lavoro giù (a Trani) e che bisogna sollecitare Caliendo a operare. Testualmente: “Gli devi dire guarda non serve più perché il mio amico laggiù dove è andato ha finito sta tornando già “. “Quindi gli devi dire che può essere chiamato subito per andarci si no chisso Giacomo che fa à , scalda la sedia lui?”.
Il giorno successivo, Martino chiede a Lombardi se abbia novità dal Caliendo e sentendosi rispodere di no si adira: “Eh vabbè, ma ce fa fa le figure e merda Pascà “.
Lombardi risponde: “Eh, ma chessa è tutta gente e merda non è che ce le facimmo nuje (ma questa è tutta gente di merda non è che ce le facciamo noi)” E dopo un”espressione sconsolata di Martino conclude: “Questa è gente che Berlusconi prima o poi cadrà per questa gente pecché non c”è uno che gli da una mano, questo è certo”.
Il 30 luglio davanti ai giudici
Di tutto questo Giacomo Caliendo dovrà rispondere davanti al procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e al pubblico ministero Rodolfo Sabelli. L”interrogatorio è previsto per il prossimo venerdì 30 luglio e nel frattempo sono in molti ad aver già chiesto le sue dimissioni. Caliendo però, relatore del Ddl sulle intercettazioni che il Governo Berlusconi vorrebbe far approvare prima della pausa estiva, si sente sicuro: “I miei avvocati hanno chiesto ai magistrati di ascoltarmi. Io rispondo dei fatti e di fatti non ne ho commessi”. Le intercettazioni però, ironia della sorte, raccontano un”altra verità .
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Fonte: http://www.antimafiaduemila.com/content/view/29962/78.
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