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A Reggio sfilano gli onesti, ma in piazza c”è anche la “zona grigia”
di Monica Centofante – antimafiaduemila.com.
La nuova primavera calabrese è forse iniziata ieri nelle strade di Reggio Calabria. Tra quarantamila manifestanti, uno più uno meno, venuti da tutta Italia per dire “No alla ”ndrangheta” e a quella “zona grigia” legata a doppio filo alla criminalità organizzata.
La stessa che si nasconde dietro agli attentati e alle innumerevoli intimidazioni che hanno colpito magistrati, giornalisti, imprenditori, in particolare negli ultimi mesi.
All”appello lanciato dal direttore del Quotidiano della Calabria, Matteo Cosenza, hanno risposto in tanti. Sfidando le ”ndrine dall”interno della loro roccaforte, laddove le cosche più potenti hanno il loro insediamento storico. E a quanti sono scesi in piazza, ieri, va aggiunto il numero dei molti che non hanno potuto partecipare fisicamente, ma hanno fatto sentire la propria vicinanza attraverso i messaggi affidati a facebook o ad altri social network. Un successo annunciato dalle tanti adesioni all”iniziativa, tra le quali anche quella della nostra redazione, insieme alle quasi 600 realtà tra associazioni, movimenti, comitati e altro ancora.
Ieri in piazza, a sfilare, c”era gente comune, rappresentanti del mondo del volontariato, delle istituzioni che sventolavano cartelli e intonavano cori. Ma lo striscione che apriva il corteo, retto da giovani, non lasciava spazio alle illusioni: “La mafia è viva e sfila insieme a noi”. Una sintesi della realtà che in Calabria si tocca con mano tutti i giorni e al tempo stesso un messaggio chiaro: quello degli onesti che non sono più disposti a tacere e giorno dopo giorno acquistano maggiore coscienza e coraggio.
I simboli dei partiti tra le vie di Reggio, ieri, quasi non c”erano e a nessun politico è stato permesso di intervenire dal palco allestito in piazza Duomo, dove a prendere la parola sono stati solo i testimoni della lotta alla ”Ndrangheta. E tra loro, unico rappresentante delle istituzioni, Salvatore Di Landro, il procuratore generale di Reggio Calabria che ha subito l”ultima intimidazione solo qualche giorno fa. Il destinario, da alcuni mesi a questa parte, di diversi “messaggi”, il più volento dei quali la bomba fatta esplodere davanti alla sua casa alla fine di agosto, suscitando la reazione della società civile.
Di Landro, ai tanti cittadini presenti, ha infuso coraggio: “Yes we can – sono state le sue parole -. Noi possiamo, vogliamo uscire dall”oppressione mafiosa. Vogliamo una Calabria libera dai condizionamenti della paura, una Calabria e una società che si muovono sul terreno dei principi”.
“Oggi – ha aggiunto – è un giorno importante per Reggio e la Calabria. Bisogna partire da tre obiettivi principali: uno educativo, uno preventivo e l”altro repressivo, ma il più importante è quello educativo perché rappresenta il fondamentale compendio per gli altri, perché si estrinseca nella famiglia e nella società “.
Per questo, ha spiegato, “mai come in questo momento viene ribadita forte l”esigenza di legalità . La fonte dei rapporti nuovi non può che essere la legge, che deve essere rivolta al perseguimento del bene comune”. Prima di ammonire con forza: “Solo il rispetto della legalità rappresenta un momento di equilibrio che costringe anche lo Stato a sottoporsi al rispetto delle regole”.
Quello stesso Stato rappresentato anche dall”on. Caliendo, che ha definito un semplice “incidente” la manomissione dell”auto blindata del procuratore generale. Lo Stato delle “cricche o quello che taglia i fondi per la Giustizia appropriandosi dei successi della magistratura e delle forze dell”ordine, o che abbandona imprenditori come Gaetano Saffioti, di Palmi, che vive sotto scorta per aver denunciato i suoi estorsori e che dal palco di piazza Duomo ha accusato : “Dopo il processo è iniziato l”isolamento. Abbandonato dalla società civile, dai colleghi imprenditori, dagli amici, persino dalla Chiesa”.
Il suo è però un messaggio di speranza, la stessa che anima i tanti che ieri hanno sfilato con convinzione, dando inizio a un nuovo percorso di legalità .
“Sconfiggere la mafia si può – ha concluso Saffioti - ma lo si deve fare con i fatti, mettendo insieme forze e convinzioni comuni. Le battaglie si vincono restando e non scegliendo di scappare. È di vitale importanza restare”.
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Fonte: http://www.antimafiaduemila.com/content/view/30799/78/.
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