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di Redazione – Megachip
Lettera aperta di Paolo Bartolini a Giulietto Chiesa.
Noto con un certo disappunto che, in questa fase di transizione di un”intera civiltà (il capitalismo è il motore imballato di una civiltà dell”accumulazione che non si riduce alla sfera produttiva ed economica, ma riguarda la psicologia delle persone, i rapporti tra generazioni, tra sessi, la distribuzione dei compiti sociali, la cultura, la comunicazione, ecc.), fioriscono su internet e nella galassia delle forze antisistema teorie “unidirezionali”, arricchite come si deve dalla solita messe di dati e ragionamenti impeccabili, che dovrebbero condurre ogni animale razionale a invocare l”uscita dall”euro e dall”Unione Europea.
A fronte dell”attacco devastante operato dalle elite del capitalismo finanziario a spese di milioni di cittadini, il desiderio di riscatto dovrebbe incanalarsi verso l”unico esito possibile: la sovranità monetaria. Ciò che stupisce è l”assenza di qualunque domanda sugli esiti, per la popolazione, di una scelta così rilevante (scelta che, va detto, potrebbe essere imposta dall”alto prima di quanto immaginiamo).
Ecco, allora, che le domande profane le facciamo noi: Fuori dall”UE gli attacchi speculativi al nostro Paese finirebbero? Chi governerebbe il ritorno alla lira e con quali politiche? Crediamo forse che sarebbero le forze anticapitaliste ed ecosocialiste a impossessarsi del potere? E inoltre: l”uscita dall”euro infliggerebbe un duro colpo alla criminalità organizzata o ne risveglierebbe gli appetiti (in realtà mai sopiti)? E poi: l”Italia sarebbe indipendente rispetto alle influenze provenienti d”oltreoceano? Adesso che stiamo per entrare in recessione sarebbe vantaggioso per il popolo ritrovarsi con una moneta nazionale ampiamente svalutata?
Vedete che le incognite sono molte, e parecchie altre ce ne sarebbero. Ma la proposta di uscire dall”euro è in realtà una scommessa che, poggiando su premesse logiche, deve poi per forza rompere gli indugi e spiccare il suo salto nel buio. Quando la casa brucia, certo bisogna uscirne. Ma scegliamo almeno la porta giusta.
Paolo Bartolini
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Carissimo Paolo,
le domande che poni, assolutamente ragionevoli, e dettate dal senso di responsabilità , sono le stesse, identiche, che ci ponemmo tutti insieme, noi di Alternativa, quando venne sollevata anche al nostro interno, come un aut-aut, la questione dell”uscita dall”euro e dall”Europa. Questione, in sé, tanto legittima, che nessuno di noi potè e volle escluderla dal novero delle “possibilità “. Era, ed è, “una delle possibilità ” di evoluzione della situazione. Come tu sottolinei, e ricordi, non è affatto escluso che una tale possibilità ci venga imposta, nei mesi a venire, da coloro che hanno creato l”attuale disastro finanziario, economico e sociale.
E allora, sicuramente, potremo misurare i meravigliosi vantaggi che essa ci procurerà .
Ma è anche possibile che gli stessi dominanti che hanno forgiato questa Europa finanziaria, neoliberista e ingiusta, ritengano di tenere in piedi l”euro. Vorrà dire che avranno concluso che è per loro vantaggioso farlo. Noi, la grande maggioranza di Alternativa, decidemmo non – affatto – di restare dentro l”Euro (che sarebbe stato comico, visto che le nostre chances di influire su una tale decisione sarebbero state comunque risibili), ma decidemmo di non fare di queste due parole d”ordine (che sono due, e non una, ben distinte, anche se le solite imbelli semplificazioni le mettono insieme ogni volta) la nostra bandiera.
Mi pare sia stata una decisione saggia. Per quanto concerne l”idea dell”uscita dell”Italia dall”Europa, la considerammo reazionaria. Io ribadisco che considero questa idea reazionaria, poichè ritengo che l”Italia sia parte integrante dell”Europa; ritengo che la cultura italiana abbia avuto e dato, da questa interazione, il meglio di sé, sotto ogni profilo; ritengo che, infine, solo all”interno dell”Europa l”Italia possa portare il suo contributo alla pace mondiale. Un”Europa di nazioni separate e divise tra di loro, nell”attuale, tumultuoso contesto mondiale, perderebbe ogni possibilità di influire sugli esiti delle gigantesche collisioni che si annunciano inevitabili.  Un movimento, come quello che Alternativa intende contribuire a costruire, non può guardare solo all”orticello nazionale, e deve, al contrario, guardare al mondo, consapevoli, come siamo o dovremmo essere, che le nostre sorti, anche quelle nazionali, anche quelle individuali, sono legate indissolubilmente all”insieme delle contraddizioni planetarie.
Per quanto concerne l”uscita dall”euro, io credo che valgano, precisamente, tutte le domande che tu proponi alla nostra e altrui attenzione. Tutte questioni che hanno una stessa, comune risposta: il problema è esclusivamente politico, cioè dipende dai rapporti di forza politici che attualmente registriamo.
L”idea stessa che una qualunque soluzione “tecnica”, monetaria, o di altro genere, possa risolvere la questione dei rapporti di forza reali, nel paese, in Europa, o nel mondo, è di una sconcertante ingenuità e la sua sola apparizione – come tu rilevi, qualcosa di simile a una moda, a una illusione, a una scorciatoia salvifica – dimostra quanto grande sia il dominio ideologico che le classi dominanti sono in grado di esercitare anche all”interno delle forze che sinceramente si propongono il cambiamento. L”idea, in sostanza, che la “sovranità monetaria” ci renderebbe, d”un tratto, sovrani e liberi, senza nemmeno proporsi di capire che una qualsiasi sovranità , in un contesto del genere, non sarà più possibile in assoluto. Senza nemmeno ricordare che noi non fummo affatto sovrani nemmeno quando lo eravamo ancora monetariamente, per la semplice ragione che la sovranità monetaria è sempre stata solo una parte della sovranità reale, e, spesso, una piccola parte.
Le tue domande, che sono anche le mie, conducono tutte, appunto, all”individuazione dei rapporti di forza. Senza la quale non c”è generale capace di vincere una battaglia. Chi sarebbe in queste condizioni, in cui milioni e milioni non sanno nulla di ciò che accade, a gestire l”eventuale ritorno alla lira? E come potrebbe avvenire un ritorno alla lira, quando tutti sappiamo ormai che avverrebbe in condizioni di recessione che si annunciano epocalmente “greche”?
Infine una considerazione pragmatica, ma che potrebbe rivelarsi presto decisiva. La gran parte della gente, in Italia, ha paura della eventualità di un crollo repentino, non governato, dell”euro. Una forza politica che voglia costruire il consenso attorno all”idea di un drastico cambiamento di linea di governo deve fondarsi, prima di tutto, su un largo consenso popolare. Una secca proposta di uscita unilaterale dall”euro, di un ritorno autarchico, non avrebbe oggi alcuna possibilità di costruire un tale consenso. Altre sono le questioni che si pone il popolo, quello italiano come quello greco e quello spagnolo, o portoghese: difesa dell”occupazione, difesa del welfare state, moralizzazione della vita pubblica, ritorno alla solidarietà e all”equità sociale. Lo dimostrano sia lo sciopero generale in Spagna, sia la grande, inedita manifestazione di Milano, alla quale abbiamo partecipato e contribuito ieri, occupando Piazza Affari.
Pochi, quasi nessuno, nei grandi movimenti che stanno sorgendo in varie parti d”Europa, chiedono l”uscita dall”euro. Molti stanno cominciando a capire che il bersaglio deve essere spostato sui centri della finanza mondiale. Che cioè il nemico è molto più grande dell”euro e che sparare sull”euro è come cercare di svuotare il mare con un secchiello. Le mode, come si sa, durano una stagione. La nostra battaglia, se ci crediamo, durerà molto di più.
Giulietto Chiesa
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