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L'indulto salva-Berlusconi è una mazzata

L’indulto salva-Berlusconi è una mazzata alla lotta contro la corruzione. I ricchi, i potenti e i colletti bianchi la fanno sempre franca. [Massimo Ragnedda]

L'indulto salva-Berlusconi è una mazzata
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11 Ottobre 2013 - 16.22


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di Massimo Ragnedda

L’indulto salva-Berlusconi è una mazzata alla lotta contro la corruzione. E non solo perchè, ancora una volta, un condannato in via definitiva per aver truffato il fisco (ovvero tutti noi) potrebbe farla franca, ma perchè, oltre a lui, potrebbero farla franca quasi una cinquantina tra deputati e senatori e qualche centinaio tra consiglieri regionali e provinciali. Tanti sono infatti i parlamentari e consiglieri vari coinvolti in inchieste e processi che potrebbero usufruire dell’indulto salva Berlusconi. Questo non fa che aumentare la consapevolezza che i ricchi, i potenti e i colletti bianchi la fanno sempre franca.

So già che qualcuno obietterà che questo provvedimento, voluto e imposto da Napolitano, serve per svuotare le carceri. So già che qualcuno dirà: se non si interviene subito l’Europa (è sempre colpa dell’Europa) ci condannerà per il nostro sistema carcerario. Questa, ovviamente, è la versione ufficiale, quella che i dirigenti del PDL ci dicono, mentendo come hanno fatto in tutti questi anni quando approvavano le varie leggi ad personam pur di salvare il loro padrone, e i dirigenti del PD ripetono, cercando di salvarsi la faccia di fronte ai propri elettori.

Ma non siamo ingenui. Non siamo nati ieri. In fondo, non siamo così stupidi come ci ritengono. Diciamo che un minimo di malizia l’abbiamo conservata; il minimo indispensabile per capire che questo è il prezzo che Napolitano e Letta devono pagare pur di tenere in piedi questo governo imposto dalla Troika. Questo è l’accordo, come tanti ve ne sono stati in questi anni, per salvare Berlusconi. Napolitano salverà la faccia di fronte alla Troika e Letta potrà guidare il semestre europeo.

Come? Le carceri scoppiano? Sono da terzo mondo? Il problema dei carcerati è un problema reale e non una cosa di poco conto? Verissimo e non lo dico da oggi. Verissimo e non lo dico di certo all’indomani della condanna di Berlusconi (che, tra le altre cose, già usufruisce dell’indulto del 2006 visto che la sua condanna è passata da 4 anni a 9 mesi). Il fatto che il presidente della Repubblica “si svegli” all’indomani della condanna di Berlusconi e della fiducia a Letta, qualche sospetto lo fa sorgere. O no? Ma perché in questo dannato paese abbiamo paura di dire la verità? Perché dobbiamo essere così ipocriti e falsi dal non vedere la semplice realtà: Napolitano paga dazio. Punto.

E ora parliamo di cose serie, lontano dall’ipocrisia Napolitana.

L’Italia è piena di carceri che hanno celle di due metri nelle quali sono stipati 4 e a volte 6 detenuti che debbono stare in piedi a turno. Questo è inumano. È inumano che oltre il 60% dei carcerati appartenga alle cosiddette “fasce deboli” della popolazione, ovvero immigrati, tossicodipendenti, senza dimora e sofferenti psichici. Questo fa sì che il carcere non sia il luogo di rieducazione per chi ha commesso un reato come la costituzione prevede, ma sia un luogo di “espiazione” per chi è portatore di un disagio sociale. Su questo Napolitano, da garante della Costituzione, dovrebbe spendere una parola.

È inumana la condizione dei detenuti italiani, che produce ogni anno centinaia di suicidi. Il problema esiste, eccome se esiste. Ma tutto questo, sembrava non esistere prima della condanna definitiva di Berlusconi. Ed è questo che trovo rivoltante: far leva su un problema reale, serio e grave, come il sovraffollamento delle carceri, pur di salvare una singola persona. Lo trovo indegno e vergognoso, perché si strumentalizza un problema molto serio e delicato e che meriterebbe una più serena e razionale discussione.

Allora, vogliamo davvero risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri? Bene, allora agiamo di conseguenza. Il problema delle carceri non si risolve con l’amnistia e l’indulto ma con l’eliminazione o revisione delle leggi che riempiono le carceri e ingolfano la giustizia: la Bossi-Fini sull’immigrazione (approvata nel 2002), la Fini-Giovanardi sulle droghe e la ex Cirielli sulla recidiva (approvate tra il 2005 e il 2006). La crescita dei detenuti è dovuta essenzialmente al combinato disposto di queste tre leggi. Ed è su di queste che bisogna intervenire.

Iniziamo con l’abolizione del reato di clandestinità che interessa quasi il 10% dei detenuti stranieri che, a loro volta, sono la metà della popolazione carceraria.

E poi c’è l’inumana, vergognosa e pericolosissima equiparazione penale del consumatore abituale di droghe leggere allo spacciatore di droghe pesanti. Una delle leggi più punitive e restrittive al mondo. Secondo i dati Dap quasi due detenuti su cinque (stiamo parlando del 40% dei detenuti) sono dentro per motivi legati alla criminalizzazione dell’uso delle droghe. Una buona parte di loro è in cella per uso personale di cannabis (in Italia ne fanno uso 5 milioni di persone) ma hanno dovuto ammettere il reato di spaccio tramite “patteggiamento” in modo tale da ottenere uno sconto di pena.

Ricordo, per chi non lo sapesse, che per uso di cannabis, grazie alla Fini-Giovanardi, si rischiano dai 6 ai 20 anni, quando per stupro si rischiano dai 5 ai 10 anni. Questa vergognosa legge ha prodotto 120mila arresti in 7 anni, ingolfando carceri, tribunali e rovinando la vita di migliaia di ragazzi, marchiati a vita come pregiudicati. Ricordo, sempre per chi non lo sapesse, che questa legge talebana è entrata in vigore nel gennaio 2006 dopo essere stata inserita all’ultimo momento nel “Pacchetto Olimpiadi Invernali di Torino” e votata per Decreto e con voto di fiducia. Questo ha impedito un dibattito parlamentare su un tema così spinoso e controverso, lasciando tutto in mano a Giovanardi e Fini. Capite?

Insomma, se vogliamo risolvere il problema delle carceri e al contempo dare ossigeno ai tribunali e destinare maggiori fondi alle forze dell’ordine, basterebbe abolire queste tre leggi. Ma, per nostra sfortuna, Berlusconi non è accusato di nessuno di questi reati e dunque si procederà ad un indulto generalizzato che attenuerà il problema per sei mesi, giusto il tempo per farla fare franca ai colletti bianchi (ricordo che nel suo diktat Re Giorgio non ha menzionato, tra i reati da escludere, i reati finanziari e dei colletti bianchi, ma ha escluso la violenza contro le donne) e poi saremo, ancora una volta, punto a capo a parlare di sovraffollamento di carceri.

Solo con la depenalizzazione di molti dei reati che riguardano il mondo della droga e quello degli extracomunitari, il potenziamento delle strutture carcerarie e del personale necessario, si può trasformare il carcere in un luogo di rieducazione come previsto dalla costituzione. Il ruolo del carcere come luogo di rieducazione, perlomeno dove il carcere assolve a questo compito, funziona.

Come giustamente sottolinea il Garante dei Diritti dei detenuti, Salvo Fleres:

«l’80 per cento circa dei detenuti che vengono sottoposti a un’esecuzione penale regolare e a forme corrette ed efficaci di trattamento rieducativo una volta usciti non reiterano i reati e non tornano in carcere; mentre l’80 per cento, il dato è emblematicamente speculare, dei carcerati che scontano la pena in strutture sovraffollate, prive di trattamento, di istruzione e formazione professionale, ma soprattutto prive di lavoro e di assistenza sociale e psicologica, reiterano i reati e tornano in carcere più volte.»

Ecco, di questo dobbiamo parlare e non usare il triste problema dei carcerati per salvare una persona che ha piegato lo Stato ai suoi voleri per 20 anni.

(11 ottobre 2013) [url”Torna alla Home page”]http://megachip.globalist.it/[/url]
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