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Non potete lamentarvi. Se siete rimasti delusi dalla politica ambientale di Nichi Vendola la colpa è di un vostro fraintendimento grammaticale. [di Alexik]

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16 Novembre 2013 - 21.22


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di Alexik.

Non potete lamentarvi. Se siete rimasti delusi dalla politica
ambientale di Nichi Vendola la colpa è di un vostro fraintendimento
grammaticale. Lui una “sinistra ecologia” ve l’ha promessa fin dalla
scelta del nome del partito. Se poi non sapete l’italiano e confondete
gli aggettivi con i sostantivi, non gliene potrete mica imputare la
colpa.

Magari vi eravate illusi quando, nel novembre 2008, lo
vedeste sfilare per le vie di Taranto nel corteo contro l’inquinamento
industriale, promosso  dalle associazioni ambientaliste.

Nel caso,
la telefonata del governatore a Girolamo Archinà, rilanciata ieri dai
telegiornali della sera, infrange contro un muro di cinismo qualsiasi
residuo di illusione.

Potete giudicare voi stessi il video
che riprende Archinà, all’epoca responsabile dei rapporti istituzionali
dell’Ilva, mentre strappa il microfono ad un giornalista reo di
chiedere conto a patron Riva dei tumori di Taranto. Potete giudicare voi
stessi i commenti di Vendola
a riguardo. E’ strano: la scena che diverte tanto il governatore poeta a
me fa vomitare. Sarà che le sensibilità sono diverse. Io sono prosaica.

Non
posso fare a meno, inoltre, di notare una certa differenza fra i
contenuti squallidi di quella conversazione privata,  la piaggeria
leccosa verso l’emissario dei Riva, a confronto con le figure retoriche a
cui il governatore poeta ci ha abituati all’interno del suo discorso
pubblico.

Solo qualche anno fa l’ascesa di Nichi Vendola alla
guida della Regione Puglia aveva creato molte speranze e forti
aspettative, alimentate dai suoi primi atti. Era il governatore che
aveva avuto il coraggio di bloccare le esercitazioni militari
in regione, misurato (per la prima volta dopo 50 anni) i livelli di
diossina prodotti dall’Ilva, promosso una legge per contenerne le
emissioni.

Era partito bene, insomma, il presidente che prometteva ai bambini di Taranto di brindare, con un bicchiere di latte «quando
verificheremo se sul fronte delle emissioni, tutte le emissioni, di
tutte le aziende, avremo compiuto significativi passi in avanti. Se non
sarà così, vorrà dire che metteremo un marchio su tutte le fabbriche
ammazzabambini. E faremo le barricate, con i piccoli e i loro papà.
Operai al mio fianco
».

Sapeva parlare, il governatore poeta,
al cuore dei tarantini avvelenati dall’Ilva. Sapeva evocare immagini
potenti: la vita, la morte, il futuro.

Nascosta sotto la retorica,
più che una progettualità, una contraddizione in termini: la pretesa di
ottenere risultati credibili sull’inquinamento di Taranto attraverso un
percorso di contrattazione con Riva.  Era un progetto piuttosto
velleitario, quello di convincere uno dei maggiori artefici del disastro
ambientale della città a cambiare rotta, anche perché le motivazioni di
patron Riva in senso contrario erano molto più consistenti delle
chiacchere, tanto quanto lo possono essere svariati miliardi di euro
sottratti negli anni agli investimenti ambientali e dirottati nei
paradiso fiscale del Lussemburgo.

Insomma, il governatore
pretendeva di conciliare l’inconciliabile: il capitale con la salute e
l’ambiente, gli interessi dei poteri forti con quelli della gente.  O
forse l’unica cosa complessa da conciliare erano le forti aspettative
della sua base elettorale con la sua scarsa propensione verso uno
scontro serio con il  potere industriale.

Se questo era il
problema, occorreva almeno far finta di intervenire, ostentando  un
intenso lavorio, fatto di protocolli di intesa, trattative, accordi,
completamente inutili ma mediaticamente spendibili.  Insomma “vendere
fumo”, come disse Girolamo Archinà con una definizione sintetica e
ficcante.

Per accreditare i Riva come interlocutori credibili, bisognava  intanto dimenticarne il passato.  Quello di Emilio Riva condannato per mobbing
per il reparto confino della palazzina LAF, dove chi si opponeva alla
ristrutturazione del siderurgico veniva annientato psicologicamente. Le
voci dall’interno dello stabilimento dicevano che i rapporti di potere,
l’arroganza dei capi e i livelli di pericolo e nocività, da allora, non
erano affatto cambiati. Lo stillicidio di morti operaie continuava a ritmi regolari.  Ma che importa. I Riva erano credibili.

Bisognava
inoltre ridimensionarne le responsabilità, tanto per cominciare
negando, dall’altare della “evidenza scientifica”,  che a Taranto vi
fosse un disastro ambientale in corso. Riconoscerlo, ratificarlo avrebbe
automaticamente chiuso lo spazio ai temporeggiamenti e ai compromessi.

Nell’ottobre 2007 il governatore dichiarava:
“Per la prima volta in quarant’anni, abbiamo imposto all’Ilva il
monitoraggio della diossina. Finalmente cominciamo a discutere, grazie
al preziosissimo lavoro svolto dall’Arpa, con dati scientifici secondo i
quali la condizione non è quella del disastro ambientale”
.

Eppure i dati scientifici in questione non erano particolarmente benevoli: “dai
campionamenti di metà giugno, realizzati in condizioni idilliache, da
“Mulino Bianco”, con visibili difformità rispetto alla gestione abituale
dell’impianto siderurgico…emergono valori di diossina 27 volte più alti
del limite vigente in Friuli Venezia Giulia”
.

Comunque,
qualche sospetto sulla gravità della situazione a Vendola sarebbe potuto
pure venire consultando i dati (pubblici) dell’European Pollutant Release and Transfer Register, che riportavano gli inquinanti dichiarati dalla stessa Ilva nel 2004:

EMISSIONS TO AIR  Benzene 183 t, Cadmium and compounds 305 kg, Methane 468 t, Chlorine and inorganic comp. 754 t, Carbon monoxide 446.000 t , Carbon dioxide 9.560.000 t, Chromium and comp. 3,16 t, PCDD + PCDF (dioxins + furans) 76,2 g, Sulphur oxides 40.600 t, Zinc and comp. 13,7 t, Copper and comp. 1,52 t, Fluorine and inorganic comp. 434 t, Hydrogen cyanide 3,04 t, Mercury and comp. 1,14 t Ammonia 25,9 t, Nickel and comp. 461 kg, Non-methane volatile organic comp. 1.500 t, Nitrogen oxides 27.800 t, Polycyclic Aromatic Hydrocarbons 25,8 t, Lead and compounds 61,1 t.

EMISSIONS TO WATER: Arsenic and
compounds 1,09 t, Cadmium and compounds 384 kg, Chromium and compounds
26,2 t, Copper and compounds 12,2 t, Cyanides 32,0 t, Mercury and
compounds 640 kg, Nickel and compounds 4,38 t, Polycyclic Aromatic
Hydrocarbons 2,56 t,  Lead and compounds 4,09 t,  Phenols 15,2 t, Total nitrogen2.150 t, Total phosphorus 26,5 t, Total organic carbon 979 t, Zinc and compounds 57,9 t.

Anche
tenendo conto della probabile sottostima dei dati di fonte aziendale,
si trattava comunque di agenti cancerogeni, mutageni, teratogeni,
allergizzanti, tossici per il sistema nervoso, per il sistema
immunitario, per quello endocrino e per i filtri del corpo (fegato,
reni), sparsi ogni anno a tonnellate nell’aria e nell’acqua della
città.  Non era abbastanza come disastro ambientale ?  Cazzo voleva
Vendola di più, la bomba atomica ?

Il contenuto di questi dati non
era forse sufficiente per procedere ad attivare un immediato
monitoraggio epidemiologico di tutte le patologie correlate ai singoli
inquinanti,  i campionamenti in aria e acqua di tutte le sostanze
dichiarate, oltre alle misure sanitarie necessarie a fronteggiare
l’emergenza ?  Stiamo parlando delle funzioni istituzionali proprie
delle Asl e delle Arpa, attivabili direttamente dalla Regione senza
tanti clamori, e soprattutto senza dover contrattare alcunché con i
ministeri o con i padroni dell’acciaieria.

La prima giunta Vendola
(2005/2010) perseguì questi obiettivi in maniera molto limitata,
concentrandosi sulle emissioni in aria di due inquinanti, le diossine e
il benzo(a)pirene, sicuramente fra i più micidiali, ma trascurandone 
altri.  Non ci è dato sapere gli effetti sulla qualità dell’aria delle
emissione degli altri componenti a base cloro (organi bersaglio:  il
sistema nervoso, il fegato e i reni) , del cromo e composti
(cancerogeni, allergizzanti, tossico polmonare), dell’acido cianidrico
(organi bersaglio:  il sistema nervoso e la tiroide), del cadmio
(cancerogeno) , del fluoro (organi bersaglio: sistema nervoso, ossa,
fegato, reni), del nichel (cancerogeno, allergizzante), del piombo
(possibile cancerogeno, organi bersaglio: sistema nervoso, reni e
cervello).

Quanto all’epidemiologia, la giunta  aspettò cinque
anni prima di finanziare il registro tumori, e i primi risultati vennero
resi pubblici solo nel 2013. Sicuramente, meglio tardi che mai, anche
se nel 2013 già molto si sapeva comunque, grazie alle perizie disposte
dalla Procura di Taranto, al progetto Sentieri dell’Istituto Superiore
di Sanità, alle statistiche dell’Inail, ad indagini del Policlinico di
Bari .

Si sapeva già che:

Mancano
ancora i  numeri di ciò che non è stato ancora indagato, ma che
l’epidemiologia dal basso dei comitati e delle associazioni già sa, vale
a dire l’eccesso di tiroiditi autoimmuni, dermatiti, endometriosi,
forme infiammatorie artritiche o vascolari, allergie di ogni tipo,
sindrome MCS (sensibilità chimica multipla), disturbi bipolari, malattie
neurodegenerative, SLA, patologie genetiche, malformazioni alla
nascita.  L’infinita varietà di forme che a Taranto può assumere il
dolore, che segue l’infinita varietà degli inquinanti chimici prodotti
da Ilva.  Gli effetti di un disastro ambientale.

Si diceva, una
volta, che “chi non ha fatto l’inchiesta non ha diritto di parola”.
Indagare da subito la realtà per poterla svelare, avrebbe forse permesso
al governatore poeta di nominare la vita e la morte con più cognizione
di causa, magari con termini più appropriati, quali lesioni gravi e
gravissime, omicidio, strage. Termini però più consoni al linguaggio
giuridico di una denuncia alla Procura che al discorso poetico. 
Sicuramente imbarazzanti nell’ambito di una trattativa coi Riva. 

(Continua)

Fonte:  http://www.carmillaonline.com/2013/11/16/sinistra-ecologia/.

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