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'Warren, populista pacata: l''anti Clinton nel 2016'

Le dure posizioni della senatrice Elizabeth Warren contro Wall Street attirano elettori di sinistra delusi dai maggiorenti del Partito Democratico in USA.

'Warren, populista pacata: l''anti Clinton nel 2016'
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21 Novembre 2013 - 01.35


ATF

di
Dan Roberts
.

Non
sono molte le “rock star” della politica capaci, oggi, di
ispirare il proprio pubblico a fare il lavoro a maglia, ma, persino
per i pacati standard di Washington, la beniamina della nuova
sinistra americana è una rivoluzionaria tranquilla.

La
senatrice Elizabeth Warren, una ex insegnante di Harvard diventata il
flagello di Wall Street, fa parte di quel gruppetto di improbabili
radicali che stanno dando una speranza a chi si è ormai stancato di
quei democratici che fanno parte del mainstream della politica.

Alcune
ore prima di una delle sue rare apparizioni pubbliche, la scorsa
settimana, una delle più grandi sale del palazzo del Congresso ha
iniziato lentamente a riempirsi di uno strano miscuglio di fan:
specialisti della politica, maghi della alchimie tecnologiche della
finanza, attivisti di Occupy, e, sì, quel tipo di frequentatori
delle conferenze politiche che si porta appresso il lavoro a maglia.

La
Warren declama con calma numeri che potrebbero ispirare persino dei
pacifici bibliotecari a innalzare le barricate. I crolli di Wall
Street sono costati, all’economia americana, 14 trilioni di
dollari, afferma, ma le sue società più importanti sono diventate
più grandi del 30 per cento rispetto a prima, possiedono la metà di
tutti gli asset bancari del paese, e sono destinatarie di introiti
fiscali pari a 83 miliardi di dollari all’anno, perché si ritiene
che siano “troppo grandi per potere essere lasciate fallire”.

“Dobbiamo
tornare a gestire questo paese per le famiglie americane, non per le
sue più grandi istituzioni finanziarie”, conclude Warren, prima di
notare quanto poco abbia fatto il Presidente Barack Obama per
ottenere questo risultato.

Quando
ha portato questo stesso messaggio ai leader sindacali, a settembre,
il
risultato è stato una clamorosa standing ovation
. Ma il fatto
nuovo, per la prima volta dal crack delle banche, è che questa linea
sta cominciando a portare consensi anche dentro le cabine elettorali.
Le elezioni dei sindaci di Boston e New York, due settimane fa, hanno
visto vincere a valanga
, sorprendentemente, quei candidati di
sinistra che sostenevano messaggi analoghi contro l’ineguaglianza
economica.

Nel
frattempo, Terry McAuliffe, l’ex responsabile per la raccolta dei
fondi delle campagne elettorali di Clinton, colui che oggi incarna il
mainstream democratico vicino alle istanze del business, ha visto
volatilizzare il suo vantaggio, nei sondaggi pre-elettorali in
Virginia, sotto l’attacco dei populisti di destra.

E
mentre il Tea Party ha lavorato senza sosta, dai giorni del crollo
finanziario, per rifondare la percezione del Partito Repubblicano
come un possibile sfidante a Wall Street, Democratici come Obama ed
il suo potenziale successore Hillary Clinton devono
fare totale affidamento sulle donazioni finanziarie
, ed hanno
invertito la rotta rispetto a qualunque ipotesi di conflitto politico
con il mondo della finanza.

Ma
la popolarità di senatori come Warren in Massachusetts, e Sherrod
Brown in Ohio si è combinata con l’effetto della recente elezione
a Sindaco di New York di Bill De Blasio e di Marty Walsh a Boston,
alzando le speranze che la sinistra possa esercitare una forte
pressione interna sui democratici.

“Le
sfide che il Partito Democratico ha dovuto affrontare a partire dal
2009 sono derivate in gran parte dalla percezione che il partito non
sia chiaramente abbastanza dalla nostra parte”, ha detto Damon
Silvers, responsabile politico della confederazione sindacale
AFL-CIO. “I repubblicani hanno saputo sfruttare questa debolezza
con grande abilità, anche se sono totalmente posseduti dalla
finanza”.

“Ciò
che sta accadendo adesso è che stanno emergendo dei politici – e
De Blasio e Walsh sono un esempio recente – che non sono più
interessati a questo tipo di politica”, aggiunge Silvers. “E
queste persone stanno vincendo. Stanno riempiendo un vuoto politico
che non è altro che il bisogno di autenticità in relazione alle
questioni che riguardano l’ineguaglianza ed il potere degli
interessi finanziari”.

Sebbene
i punti di somiglianza non vadano oltre questo aspetto, l’analogia
della posizione di sfida che la nuova sinistra ed il Tea Party stanno
assumendo, contro lo status quo economico, dimostra come figure come
Warren potrebbero attrarre un supporto ancora maggiore tra il
tradizionale elettorato democratico.

Uno
dei più sfegatati fan di Warren, per sua stessa affermazione, è
David Collum, professore di chimica presso la Cornell University
nonché investitore dilettante. L’entusiasmo di Collum per la
libera economia di mercato lo aveva portato, in passato, a sostenere
il candidato libertario repubblicano Ron Paul.

Collum
ha intrattenuto un’intensa corrispondenza via mail con Warren già
da prima della crisi finanziaria, e dice che la senatrice è riuscita
a catturare la sua attenzione perché il suo genere di populismo
intelligente riesce a superare i confini tradizionali della politica.

“Se
la confronti con Ron Paul, è la stessa cosa: sono due persone che
sembrano entrambe parlare con il cuore”, spiega Collum. “La
Warren dice che le banche sono organizzazioni criminali, sostiene
quel consumatore tipo che ha una naturale tendenza a sinistra, ma io
non penso che si tratti di liberalismo di facciata. Io credo che lei
sia veramente un avvocato della gente comune”.

Il
brusio attorno alla Warren ha raggiunto il suo picco la scorsa
settimana, quando un articolo su New Republic aveva
pronosticato che la senatrice finirà per diventare la principale
sfidante ad Hillary Clinton nella corsa alla nomination del candidato
democratico per le elezioni presidenziali del 2016. Il
pezzo di New Republic, ampiamente letto, anche se non
condiviso apertamente, nei corridoi della politica di Washington, era
intitolato “l’incubo di Hillary”
. E’ stato seguito da
un”analisi, molto simile, di
Politico, che descriveva quella prospettiva come “l’incubo
di Wall Street”
.

Come
fanno molti futuri candidati, la
Warren afferma con enfasi che non ha intenzione di correre per le
presidenziali
(cosa che, secondo i suoi sostenitori, la rende il
candidato ideale), ma questa affermazione è stata accolta con un
certo scetticismo tra gli addetti ai lavori di Washington.

Ma
la questione se debba essere la Warren piuttosto che un altro dei
vari personaggi emergenti della sinistra a sfidare l’ortodossia
della Clinton, nel 2016, potrebbe non essere la questione principale,
se è vero che persino la sola voce che la Warren possa candidarsi
alle primarie sta causando un riesame, da parte del team di Hillary,
della sua chiacchierata dipendenza dalle donazioni di Wall Street, e
se effettivamente ciò potrà aiutare il partito ad allontanarsi dal
grande business.

I
commentatori politici dei media sono stati spesso molto lenti nel
riuscire a catturare i cambiamenti di umore politico del pubblico,
ignorando per mesi, ad esempio, il movimento Occupy Wall Street, o
venendo colti di sorpresa dalla vittoria di De Blasio a New York.

L’uomo
che ha riportato la più grande città americana sotto il controllo
del Partito Democratico per la prima volta negli ultimi venti anni
non aveva nemmeno ricevuto il sostegno del
New
York Times
,
che aveva
optato invece per una candidata più ortodossa, Christine Quinn
.

Il
New York Post di
Rupert Murdoch era stato, com”era
prevedibile, molto più brusco verso De Blasio, definito un comunista
filo-cubano
, mentre il
Washington Post
si era messo da solo nei guai con un
editoriale che suggeriva che “persone dalle opinioni normali” in
altri stati avrebbero dovuto “reprimere un conato di vomito”
,
nel considerare la figura di De Blasio, a causa del suo matrimonio
con una donna afro-americana che era stata lesbica.

Alla
fine, De Blasio ha vinto con il 73% dei voti, dopo una campagna
condotta senza accampare scuse su posizioni apertamente di sinistra,
in cui aveva sostenuto la necessità di alzare le tasse per i ricchi
in modo da reperire i fondi da destinare a una migliore istruzione, e
aveva utilizzato la figura del proprio figlio dalla pettinatura afro
per promuovere una campagna contro le molestie e gli abusi della
polizia a danno dei giovani di colore.

Lo
scetticismo, tra le élites politiche, circa la possibilità di
utilizzare con successo simili battaglie al di fuori dei tradizionali
bastioni liberal come New York potrebbe essere giustificato.
Howard Dean, l’ultimo politico di sinistra a diventare un serio
pretendente alla candidatura presidenziale, è naufragato e si è
bruciato quando
fu visto troppo “strillante”
. E Ralph Nader, che aveva corso
come candidato indipendente su posizioni di sinistra rispetto a John
Kerry, nel 2004, probabilmente ha avuto come unico risultato quello
di favorire la sconfitta di Kerry a favore di George W. Bush.

Ma
ciò che è cambiato è che i politici del mainstream, sia
democratici che repubblicani, a Washington, sembrano oggi ancor meno
popolari dei nuovi concorrenti outsiders, sia a sinistra che a
destra.

Sia
Obama che il Partito Repubblicano hanno toccato il punto più basso
della loro popolarità nei sondaggi effettuati subito dopo lo
“shutdown” dell’amministrazione governativa, ed il pasticcio
del lancio della riforma previdenziale ha ancora più accresciuto il
sentimento comune, nella nazione, che Washington sia ormai una
macchina fuori uso.

“Io
penso che la lezione che dobbiamo trarre da questi sondaggi è che il
popolo americano non è soddisfatto”, ha detto il portavoce della
Casa Bianca Jay Carney. “Non soddisfatto del modo in cui tutti noi
ci siamo concentrati sulle cose importanti per il popolo senza
ottenere i risultati che la gente vuole”.

In
questo clima, chiunque non appaia far parte del mainstream di
Washington diventa per antonomasia un populista.

Ma
mentre gli sfidanti di destra del Tea party possono aggregare le
istanze di insoddisfazione, verso Washington, Wall Street e il
Governo, in un unico grande messaggio anti-sistema, i radicali di
sinistra devono muoversi lungo un crinale più sottile, specie dopo
che l’insuccesso di Obama nel lancio del nuovo sistema di
assistenza sanitaria ha portato ha una grande sfiducia proprio verso
una delle politiche pubbliche tradizionalmente bagaglio della cultura
politica dei democratici.

Warren
sta riuscendo a muoversi su questa linea, puntando sul bisogno di più
regole, sia per salvare il capitalismo da se stesso che per
riattivare quei meccanismi di mobilità sociale che da sempre fanno
parte del sogno americano.

Altri
astri
nascenti, come il Governatore del Maryland Martin O’Malley
,
anch’egli indicato come un possibile candidato alle primarie per le
presidenziali del 2016, stanno facendo la stessa cosa, sposando le
politiche liberal con il successo manageriale nella gestione dello
stato.

L’ex
Sindaco di Baltimora, di cui si dice sia stato uno dei personaggi a
cui si sono ispirati gli autori di
The Wire
nel disegnare il personaggio di Tommy Carcetti, ha introdotto nuove
norme sul controllo delle armi private, ha abolito la pena capitale,
e legalizzato i matrimoni omosessuali, e tutto ciò mentre aumentava,
con successo, il livello di spesa pubblica in settori come quello dei
trasporti.

Ciò
nonostante, paragonati ad Hillary Clinton, sia O’Malley che Warren
rimangono dei virtuali sconosciuti sul palcoscenico nazionale, e
dovranno sostenere una sfida molto dura già alle primarie
democratiche, per non parlare delle presidenziali.

Warren
descrive la sua guerra alle banche come “la lotta tra David e
Golia”. Ma che David possa sconfiggere i tanti Golia del Partito
Democratico, è tutta un’altra storia.

Traduzione
per Megachip a cura di
Giampiero Obiso.

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