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'Governare con il ''cerchio magico'''

'Prima si diceva staff, inner circle, squadra. Perché inventare l''espressione ''cerchio magico''? Solo una coloritura giornalistica? O c''è anche sostanza? [Aldo Giannuli]'

'Governare con il ''cerchio magico'''
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2 Maggio 2014 - 20.54


ATF

di Aldo Giannuli.


All’inizio fu il “cerchio magico”
stretto intorno a Bossi, dopo il suo ben noto incidente cerebro
vascolare: familiari ed amici strettissimi, che impedivano a chiunque di
accedere al capo, per preservarne la tranquillità. Era composto da Rosy
Mauro, dal giovane deputato Federico  Bricolo, dal Presidente della
Provincia di Varese Marco Reguzzoni, ma soprattutto, dalla moglie
Manuela e dal figlio Renzo (il Trota per chi non lo ricordasse). 

In
breve, esso si trasformò in un gruppo di potere che gestiva a proprio
piacimento l’illustre infermo, in nome del quale si imponevano scelte
politiche ed operative a tutti. 

Poi si iniziò a parlare di “cerchio
magico” via via per Berlusconi (a capo di cui sarebbe la fidanzata
Francesca Pascale), Bersani, Renzi e via dicendo. Che un politico abbia
una ristretta cerchia di consiglieri e collaboratori è perfettamente
naturale, è sempre accaduto e si è sempre parlato di “stretto
entourage”, Staff , inner circle e persino “squadra”. Ma, allora, che
bisogno c’era di inventare una nuova espressione così particolare? Solo
una coloritura giornalistica per il gusto di far sensazione? La
“coloritura c’è, ma anche la sostanza.

Nel caso di Bossi la particolarità era
questa: il “capo”, unica fonte di legittimità nel cosmo leghista, era
impedito e per molti mesi ad esercitare il suo potere, questo
determinava una sorta di reggenza da parte, non degli organi statutari
(che, peraltro, non hanno mai contato molto nella Lega), ma dei suoi più
stretti congiunti, in primis la moglie Manuela, che chiamavano intorno a
sé pochi dirigenti di secondo piano, ritenuti degni di fiducia, per
resistere all’assalto dei numerosi pretendenti alla successione (Maroni,
Calderoli, ecc.).


Dunque, un gruppo dirigente alternativo a
quello statutario, costituito sulla base di una “emergenza” ed in nome
della continuità del potere personale del “re”, contro le insidie dei
nobili di corte, che vorrebbero approfittare del suo momentaneo
impedimento per spodestarlo definitivamente. Non vi ricorda nulla?
Mutatis mutandis sembra di assistere alla ripetizione delle lotte di
potere di una corte rinascimentale, nella quale prevale il principio di
legittimità per diritto di sangue rispetto a quello per posizione
istituzionale. 

Anche la cooptazione di giovani dirigenti di secondo
piano, va in questa logica: sono i fedelissimi chiamati a costituire la
guardia palatina contro i baroni traditori.


Quello leghista fa caso a sé, per la
particolare situazione del capo infermo, ma il metodo della cerchia
familiar-amicale è andato via via estendendosi anche in assenza di
emergenze paragonabili. Non si tratta solo del consueto gruppo di
collaboratori e consiglieri di un leader politico, ma di una sorta di
“gruppo dirigente” privo di legittimità formale che si sovrappone e
sostituisce gli organi formalmente legittimati ad esercitare il potere. 

Nomine, candidature, spostamenti, sanzioni, alleanze, sono discussi e
decisi in questo cerchio ristretto prima della sanzione da parte dei
gruppi dirigenti formali ai quali saranno presentati dal “capo” per una
pura formalità.


In altri termini, si tratta dell’
estensione del potere personale del “capo” del quale il “cerchio magico”
è una articolazione quasi inevitabile.


Questo è, in qualche modo, il riflesso
dell’evoluzione del sistema politico iniziata con il modello di
“democrazia carismatica” avanzata da Pannella e Craxi per primi e poi
affermato con il referendum golpista del 1993 di Segni ed Occhetto. Il
primo frutto compiuto di questo processo è stato Berlusconi che ha
segnato l’intero ventennio della seconda repubblica e che, ancora oggi, è
il modello non superato di questo modo di esercitare il potere.


La democrazia carismatica venne
individuata come antidoto alla degenerazione burocratica dei partiti ed
al conseguente blocco dei meccanismi decisionali per il gioco dei veti
incrociati e ciò anche da parte di importanti politologi come Angelo
Panebianco: ottime intenzioni, pessimi risultati. Ci fu una ventata neo
presidenzialista ispirata anche dal (relativo) successo della riforma
costituzionale gaullista in Francia, ma la traduzione italiana non ha
prodotto alcun De Gaulle e nessun Mitterand, ma una folla di capetti con
annesso partito personale.


Il “cerchio magico” è una naturale
estensione del potere personale del leader “carismatico”, che ripercorre
la traiettoria che, sette secoli fa, portò dalla democrazia comunale
alla signoria.


Ed è uno degli aspetti di questo autunno della democrazia che stiamo vivendo.


Prevengo una obiezione che sicuramente
mi sarebbe fatta: “ed il M5s, con il ruolo di Grillo e Casaleggio non è
un episodio assimilabile a questa tendenza?”. La questione è più
complessa e merita una analisi più sottile.


Sicuramente l’attuale soluzione
organizzativa del M5s presenta doverse criticità che espongono questo
movimento al rischio di una involuzione di questo genere. Ma vanno
considerati alcuni fattori che controbilanciano questa tendenza: Grillo e
Casaleggio non si propongono come “i capi”, ma come i garanti del
movimento dai rischi di degenerazione burocratica, di infiltrazioni ecc.
Che questa sia la scelta migliore e più efficace per garantire il
movimento da questi rischi, piuttosto che accentuarli, è da discutere (e
infatti non ne sono convinto), ma almeno dal punto di vista soggettivo è
una differenza che va colta.


In secondo luogo, il ricorso alle
consultazioni on line, per quanto si possano avere perplessità su questo
modo di attuare la democrazia, comunque rappresenta un elemento di
partecipazione che va in controtendenza ai rischi accennati.


D’altra parte, così come stanno le cose
il M5s non ha affatto un gruppo dirigente collettivo titolare di una
legittimità formale. Situazione certamente atipica ed aperta a sbocchi
assai diversi, fra cui alcuni sicuramente non positivi, ma ancora tutti
da definire: il M5s è un movimento molto giovane che sicuramente
cambierà pelle molte volte ancora e con tutto un percorso da fare, prima
di acquisire una fisionomia stabile. E’ facile prevedere che l’attuale
formula organizzativa faticherà molto ad organizzare la massa di
consiglieri di enti locali che presumibilmente il movimento otterrà
l’anno prossimo, con il turno generalizzato di amministrative. Dunque,
discutiamone con la massima apertura, ma non diamo scontati esiti di
processi che sono in pieno svolgimento.


Ma non perdiamo di vista la questione
principale: cosa sta accedendo nel nostro sistema politico con questa
tendenza dei leaders a contornarsi di corti informali e parentali che
imprimono una forte spinta verso il modello della “nuova Signoria”.


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