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Tardo europeismo o europeismo tardo?

'Gli ''europeisti'' attuali non sanno assolutamente come arrivare agli Stati Uniti d’Europa, ma ci vogliono arrivare subito, domani, anzi no: stasera. [Aldo Giannuli]'

Tardo europeismo o europeismo tardo?
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7 Luglio 2014 - 15.05


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di Aldo Giannuli.

Mi è capitato recentemente di
partecipare ad un dibattito nel quale avevo come interlocutore un fans
particolarmente acceso dell’Europa Unita, nel senso di sostenitore della
Ue. Ne è uscito un catalogo di tutti i luoghi comuni del “politicamente
corretto” europeista:

a- Occorre proseguire sulla strada degli Stati Uniti d’Europa che sono la meta immancabile da perseguire

b- Lungo questo cammino, la Ue è solo
una tappa che intanto non va rimessa in discussione se non per
l’introduzione di correttivi democratici (referendum europeo, maggiori
poteri al Parlamento ecc.)

c- l’unica forma concepibile di Europa è
quella esistente, con la sua architettura di potere, la sua moneta
unica, agli attuali partecipanti che, semmai, dovrebbero aumentare e non
diminuire

d- se rimetti in discussione questi
“dogmi” sei antieuropeista ed, in quanto tale, “retrogrado”, perché vuoi
tornare al nazionalismo che ha generato le guerre europee, vuoi
rimettere indietro le lancette della storia ecc.

L’uomo non era particolarmente
intelligente ed esponeva il consueto catalogo di luoghi comuni
europeisti senza alcuna originalità, ma in modo ordinato e zelante,
offrendo un perfetto esempio di tardo europeista. O forse di europeista
tardo… fate voi.

Del tardo europeista aveva le
riconoscibilissime stimmate: l’incapacità assoluta di ascoltare, di
considerare criticamente il presente, di immaginare qualcosa di diverso
dell’esistente. Questo, per la verità, non è tanto l’abito mentale
europeista in quanto tale, ma l’abito mentale neo liberista applicato
all’Europa.

Il neo liberismo, che è stato
essenzialmente un fenomeno di regresso culturale dell’Umanità, si basa
essenzialmente su una serie di luoghi comuni di sconcertante semplicismo
e, soprattutto, è una forma di fondamentalismo (al pari di quello
islamico) che esclude contaminazioni, mediazioni, ripensamenti,
autocritiche. E’ un’ideologia integralista capace di immaginare il
futuro solo come eternizzazione del presente o, al massimo, come sua
mera proiezione lungo le sue medesime tendenze, senza ammettere scarti o
rotture. L’europeismo attuale è solo l’applicazione di questi principi
ideologici di cui riflette l’identica anelasticità mentale.

Beninteso, l’idea dell’unità europea non
era affatto una idea sbagliata al suo sorgere e non è necessariamente
fallita del tutto oggi. Il problema è trovare le forme ed i modi adatti
che, con ogni evidenza, non sono quelli attuali che hanno portato ad un
cul de sac dal quale non si esce se non rimettendo in discussione tutto.

Gli “europeisti” attuali non sanno
assolutamente come arrivare agli Stati Uniti d’Europa, ma ci vogliono
arrivare subito, domani, anzi no: stasera. A chiunque gli faccia notare
che la moneta unica ha prodotto risultati opposti a quelli sperati, che
non c’è alcuna volontà unitaria di affrontare la crisi, che l’Europa non
è esistita come soggetto politico unitario in nessuna delle crisi
internazionali degli ultimi venti anni ecc. la risposta è sempre la
stessa: “perché c’è stata poca Europa, ci vuole più Europa, ora facciamo
sul serio”.

Solo che non sanno spiegare come mai
sinora, a distanza di 65 anni dall’inizio del processo di unità europea,
siamo ancora a questo punto e perché certe cose non sono state fatte
prima. Ma, passiamoci su la mano leggera e parliamo del futuro. Vogliamo
fare gli Stati Uniti d’Europa?

Benissimo, facciamoli. Però, per farli,
dobbiamo risolvere prima alcuni problemi. Certo: si tratta di
quisquilie, bagatelle, pinzillacchere:

1. primo fra tutti il problema
linguistico, perché non si è mai visto uno Stato che non abbia una
lingua veicolare condivisa. Ci sono Stati plurilingui (sono eccezioni
per la verità), come la Svizzera, la Russia (e prima l’Urss), la Cina,
l’India, o come lo era la Jugoslavia e moltissimi altri Stati ospitano
minoranze linguistiche più o meno consistenti. Però, in nessun caso si è
trattato di Stati con oltre 25 lingue ufficiali (oltre numerosissime
minoranze linguistiche) e sempre c’è stata una lingua dominante in
funzione veicolare per l’intero territorio statale (il tedesco in
Svizzera, il russo in Russia, il Cinese Han in Cina, l’inglese in India,
il serbo- croato in Jugoslavia). Qui non si capisce quale possa e debba
essere la lingua veicolare. Molti pensano l’inglese, che, però, è
lingua madre solo di circa il 10% degli abitanti. Inoltre una scelta del
genere ammazzerebbe in Europa l’industria culturale (case editrici,
cinematografiche, giornali, televisioni, canzoni ecce cc) di lingua
diversa dall’inglese. I francesi, che sono quelli che lo hanno capito
prima degli altri, infatti si oppongono strenuamente a questa insana
proposta.

2. Il nazionalismo è una brutta cosa,
d’accordo, ma il senso di appartenenza di un popolo ad uno Stato deve
pur fondarsi su un sostrato culturale comune e dar luogo ad uno spettro
organizzato  degli interessi sociali. Dopo di che, se qualcuno riesce ad
organizzare questo spettro sociale e a darsi una base culturale
condivisa, ha semplicemente dato vita ad una nuova aggregazione
nazionale.

3. Nella Ue ci sono 7 monarchie
parlamentari (Spagna, Lussemburgo, Olanda, Belgio, Inghilterra,
Danimarca, Svezia) e 21 repubbliche fra parlamentari e presidenziali.
Gli Stati uniti d’Europa sottintendono il trasferimento di sovranità
all’Unione, per cui non ha senso che ci siano “capi di Stato” dei
singoli paesi. Lasciando per il momento da parte la differenza di forma
di governo fra i due tipi di repubblica, questo significa che diventa
imprescindibile il passaggio alla forma repubblicana degli stati
monarchici, perché non si è mai vista uno stato anche federale che
includa stati monarchici e stati repubblicani (unico precedente storico
sarebbe la confederazione tedesca del XIX secolo, ma che, appunto, non
era uno Stato). Saluteremmo con gran piacere una Spagna, una
Inghilterra, una Danimarca, una Olanda ecc. repubblicane, ma siamo
sicuri che spagnoli, inglesi, danesi, olandesi ecc. siano d’accordo?
Proviamo a chiederglielo prima?

4. Attualmente l’Europa ha diversi paesi
membri che fanno parte dell’Alleanza Atlantica e della Nato, ma altri
(Irlanda, Cipro, Malta, Austria, Svezia, ecc.) che non ne fanno parte,
per cui, in primo luogo occorre stabilire una posizione uguale per
tutti, ma, soprattutto, occorrerebbe rinegoziare (eventualmente)
l’adesione come Stati Unite d’Europa e non più come singoli stati. Va
benissimo, ma perché nessuno ne parla?

5. Ci sono poi i problemi di ordine
fiscale che ovviamente andrebbero risolti in un ordinamento unico (poi
pensate: abbiamo fatto la moneta unica ma ci siamo dimenticati di
unificare il fisco!) il che andrebbe benissimo per evitare i
paesi-vampiro come l’Olanda che praticano un vero e proprio dumping
fiscale dissanguando i paesi “deboli” come Portogallo e Italia (come
dimostra il caso Fiat), ma, ancora una volta, come mai nessuno ne parla?
Siamo sicuri che Olanda e simili siano disposti a discutere del tema?

Potremmo proseguire con i problemi sulla forma di Stato, con i diversi
ordinamenti elettorali ecc. ma ci sembra che sia sufficiente elencare
queste cinque priorità. Qualcuno può avere la bontà di spiegarci da dove
iniziamo? Ma, soprattutto, come mai in questo chiacchiericcio
inconcludente sugli Stati Uniti d’Europa, nessuno accenna a questi
problemi?

L’Unità europea è un obiettivo cui non
si deve rinunciare, ma la strada per arrivarci è quella attuale tutta
tecnocratica e finanziaria? Sembra evidente che questa strada si ferma
qui e non va oltre. Occorre ripensare tutta la costruzione. Ma gli
“europeisti” (ove per essi si intendano i fautori dell’attuale
ordinamento che sognano possa evolvere nei mitici “Stati Uniti
d’Europa”) non intendono ragioni e si dividono in due categorie
fondamentali: i “narco europeisti” e gli “europeisti narcotizzati”. I
primi sono le èlite tecnocratico-finanziarie al potere che spacciano
l’ideologia “europeista” sapendoo perfettamente che su questa strada non
si arriva agli Stati Uniti d’Europa, che usano come slogan per
legittimarsi. I secondi sono le “anime belle” affette da “narcosi
ideologica” e che, nonostante tutto, credono ciecamente nel loro sogno,
incapaci di affrontare il discorso in termini di crudo realismo politico
e che, per questo, di immaginare nulla di diverso dall’esistente. E, al
solito, sono quelli che fanno più danni, come sempre accade agli
“strumenti ciechi d’occhiuta rapina”.

 

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