di Maurizio Blondet.
“La portata extraterritoriale di queste [nuove] sanzioni appare illecita rispetto al diritto internazionale. Abbiamo già contrastato testi simili che hanno potuto essere emanati in passato”. Così la portavoce del ministero degli Esteri francese, Agnés Romatet-Espagne. La Francia comincia a delineare forse una opposizione alle sanzioni anti-russe varate a schiacciante maggioranza (419 contro 3) dalla camera Usa, che rappresentano insieme: a) una dichiarazione di guerra contro “questo ex agente del Kgb che ha si è ingerito nelle nostre elezioni (così il deputato Ed Royce), b) una manifestazione della frenesia psicotica anti-russa artificialmente creata dal Deep State, c) una delegittimazione del presidente Trump a cui si nega la prerogativa presidenziale di eventualmente alleviare quelle sanzioni e la messa sotto sorveglianza parlamentare della sua politica estera, e – last but not least – d) un gravissimo danno economico agli interessi franco-tedeschi ed anche i nostri. In pratica, si puniscono (per esempio sbarrando loro l’accesso ai “mercati” di Wll Street ealle banche Usa) le aziende che stanno completando il Nord Stream 2, che porta il gas russo direttamente alla Germania passando sotto il Baltico, per sostituirlo con la fornitura di gas da scisto Made in USA. Una riconversione gigantesca e perdente, che innescherebbe una depressione storica in Europa.
“Washington viola il diritto internazionale” (adesso?)
La volontà francese (se tale è) di accusare la decisione Usa di violazione del diritto internazionale è benvenuta; e insieme patetica, se si ricorda quante violazioni americane del diritto internazionale l’Europa ha accettato, a cominciare dall’invasione di Afghanistan e Irak senza mandato Onu. Doveva opporsi allora, e non saremmo arivati a questo punto di arbitrio statunitense. Ma meglio tardi che mai.
La protesta di Bruxelles (leggi: Berlino e Parigi) contro Washington ha assunto questa forma: noi, Usa ed Eu, ci siamo sempre coordinati nelle sanzioni alla Russia, per dar loro più forza; adesso Washington lancia sanzioni non concordate, che indeboliscono il fronte… “Sanzioni contro la Russia non dovrebbero diventare uno strumento per la politica industria Usa”, ha piagnucolato il portavoce del ministero tedesco degli Esteri.
Patetico. La verità, come ha spiegato Le Monde, la linea rossa fissata fra Washington e Bruxelles era che le sanzioni non avrebbero toccato le forniture di gas russo all’Europa.
Adesso la Camera americana ha violato questo accordo tacito, nel modo più plateale. Il punto 9 e il punto 10 della decisione votata a schiacciante maggioranza afferma che la “direttiva politica Usa” , quindi obbligatoria per il presidente, 9) “continuare a respingere il gasdotto Nord Stream 2, a causa del suo impatto dannoso sulla sicurezza energetica dell’Unione europea e lo sviluppo del mercato del gas in Europa centrale e orientale e le riforme di energia in Ucraina”. (10) “il governo degli Stati Uniti tiene come priorità l’esportazione di risorse energetiche degli Stati Uniti, al fine di creare posti di lavoro in America per aiutare gli alleati degli Stati Uniti e rafforzare la politica estera degli Stati Uniti. ”
Ovviamente, non si equivochi sull’identificazione “gli alleati degli Stati Uniti”, da “aiutare” per i deputati americani: non siamo noi, non è la Germania. Al punto 1 si impone, come direttiva permanente (policy) di “assistere il governo dell’Ucraina per riconquistare la sua indipendenza sovrana e territoriale. (2) di contrastare tutti gli sforzi di destabilizzazione messi in atto dal governo della Federazione Russa che violano gli obblighi internazionali “
Il punto 3 impone di “non riconoscere mai l’annessione della Crimea da parte del governo della Federazione russa o la separazione di una parte del territorio di Ucraina attraverso l’uso della forza militare, 4) dissuadere il Governo della Federazione Russa dal compiere ulteriori sforzi per destabilizzare e di invadere l’Ucraina o in altri paesi indipendenti in Europa centrale e orientale e del Caucaso. 5) Assistere l’Ucraina nella riforma del settore energetico [leggi: farle comprare il GPL nostro, invece che il gas russo] e 6 promuovere e sostenere una concorrenza leale nel settore energetico ucraino, così come la liberalizzazione del mercato e l’affidabilità, onde 7) aiutare l’Ucraina e gli altri alleati degli Stati Uniti in Europa [leggi: Polonia, Baltici, Romania, Bulgaria…] a ridurre la sua dipendenza dalle risorse energetiche russe, in particolare il gas naturale, che utilizza il governo della Federazione russa come arma per costringere, intimidire e influenzare altri paesi”.
Quali armi ha l’Europa per contrastare queste misure distruttive?
Pochissime, a sentire Francis Perrin, dell’Institut des Relations Internationales et Strategiques di Parigi. Che elenca quatro opzioni:
Prima: “offrire concessioni agli americani” in cambio di un alleggerimento delle nuove sanzioni. “E’ stato già fatto in precenza, contro le sanzioni Usa applicate alle imprese europee che facevano affari petroliferi con l’Iran” – e infatti i primi di luglio, Total ha firmato con Teheran un contratto gigante da 5 miliardi di dollari per lo sfruttamento di South Pars.
Seconda opzione: “La UE potrebbe far adottare una legislazione europea per bloccare le misure americane”.
Terza: “Rispondere con rappresaglie economiche contro le imprese americane che operano in Europa”: certo, come no, innescare l’escalation protezionista che tutta la dirigenza eurocratica ha giurato di scongiurare.
Quarta: cercare l’arbitrato dell’OMC, Organizzazione Mondiale del Commercio. Se l’OMC dichiara illegali le misure americane, autorizzerà l’Unione Europea a rispondere con misure di rappresaglia”: che sarebbe comunque l’infarto della globalizzazione di cui al terzo punto.
“I 28 devono essere unanimi”. Auguri, cancelliera Merkel
Auguri. Per di più, il ricercatore geopolitico conclude: “Condizione sine qua non per il successo di ognuna di queste opzioni sta nell’unanimità dei 28”.
Unanimità? La Polonia ha già accettato di prendersi il GPL americano, in funzione anti-Mosca ed anti Nord Stream 2, ossia in odio a Berlino. I baltici non saranno certo da meno in servilismo verso Washington: ecco i risultati del demenziale allargamento UE all’Est. Ma una Unione Europea dove Vienna manda le truppe al Brennero, e dove la Francia ci soffia con successo la mediazione in Libia, e dove inoltre Macron si rimangia l’accordo già firmato da Hollande per la cessione a Fincantieri dei cantieri Saint-Lazare; dove Gentiloni tratta Orban da nemico, anzi tutti il Gruppo di Visegrad, e dove Bruxelles tratta da nemici il governo Polacco e ungherese minacciandoli di sanzioni se non si prendono la loro quota di negri – è una Unione in pieno sgretolamento, e consegnata all’arbitrio irrazionale, che ha riattizzato le più antiche inimicizie interne – dove Roma sta quasi per richiamare l’ ambasciatore da Perigi, e dovremmo essere noi a mandare l’esercito a Ventimiglia, se ne avessimo uno.
Per tacere, poi, la geniale scelta politico-strategica Berlino e Bruxelles di infliggere sanzioni punitive, ed ammassare armamenti NATO al confine, del Paese da cui dipendiamo strategicamente per la fornitura energetica, ossia per l’autonomia dai diktat americani sempre più folli, arbitrari e ostili.
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