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Estratto iniziale di un”intervista di Federico Ferraù al prof. Luciano Canfora.
«Poiché la scuola dovrebbe essenzialmente far nascere lo spirito critico, la miglior cosa sarebbe eliminare l’Invalsi e restituire i suoi test a chi li ha inventati». A dirlo è Luciano Canfora, tra i più autorevoli classicisti in Italia e all’estero, alla quasi-vigilia delle prove Invalsi. Si comincia alle elementari il 7 maggio (lettura e italiano) e il 10 (matematica), si passa alla scuola media il 14 maggio (italiano, matematica e questionario studente), si conclude il 16 in seconda superiore (italiano, matematica e questionario). Il professore esorta il nuovo ministro ad una rapida inversione di rotta.
Qual è la prima urgenza della scuola italiana?
Cancellare la riforma Gelmini, ripristinare il numero di docenti necessario, rendere le classi più piccole e più umane, e – se non è utopia – rendere più dignitoso il salario dei docenti.
Qual è la sua obiezione principale alla riforma Gelmini, professore?
La cosa più ignobile è stata quella di eliminare i docenti di sostegno, accorpare le classi, accorpare le scuole, costringendo i presidi ad andare da una scuola all’altra, quella di cui sono titolari e quella di cui hanno la reggenza. Sul piano dei programmi la cosa più irritante è aver cancellato di fatto sia l’insegnamento della storia che della geografia nelle classi fondamentali che una volta si chiamavano quarta e quinta ginnasio. È stato un provvedimento stupido perché la geografia è forse la disciplina più importante per chi non voglia vivere rinserrato nella sua dimora ma comprendere il mondo in cui si trova.
Siamo ormai vicini, come ogni anno, alle rilevazioni Invalsi sull’apprendimento degli studenti. Cosa si sente di dire in proposito?
Le prove Invalsi sono una mostruosità , una cosa senza alcun senso, che può servire se mai a premiare chi è dotato di un po’ di memoria più degli altri, non chi ha spirito critico. Poiché la scuola dovrebbe essenzialmente far nascere lo spirito critico, la miglior cosa sarebbe eliminare l’Invalsi e restituire i suoi test a chi li ha inventati.
Il problema sta nel pretendere di rilevare attraverso i test quello che uno sa?
Non c’è solo questo. Il vero problema è il tentativo di trasformare i cittadini in sudditi, facendo ciò che è tipico di tutti i sistemi autoritari. Se io tolgo allo studente che si sta formando in anni decisivi della sua vita l’abito alla critica, alla capacità di comprendere e di studiare storicamente, di distinguere, lo trasformo in un pappagallo parlante dotato di memoria e nulla più. Appunto, un suddito, non un soggetto politico. L’Invalsi e tutta la quizzologia di cui siamo circondati è lo strumento per ottenere questo pessimo risultato.
Qual è la via principale per mettere una scuola in condizione di migliorarsi? Le scuole italiane mostrano una grande disparità di valutazione, pensiamo per esempio al diverso valore che hanno i 100 all’esame di Stato.
È l’ennesimo fenomeno demenzial-italiano di chi arriva in ritardo rispetto ad altri paesi che si sono liberati di qualcosa che hanno constatato essere superflua o addirittura controproducente. Grazie alla Gelmini abbiamo cancellato le facoltà dicendo che all’estero ci sono solo i dipartimenti, eccetera. Niente di più falso: ci sono i dipartimenti ma le facoltà sopravvivono e sono assolutamente indispensabili. Lo stesso vale per le valutazioni dei lavori scientifici in fascia A, fascia B, punti e contropunti. È il trionfo postumo di Mike Bongiorno, in nome del cretinismo universale.
Che cosa vuol dire educare per Luciano Canfora?
Insegnare e imparare. Chi insegna impara mentre insegna. È così dai tempi di Socrate in avanti.
Fonte originaria e intervista completa in tre schermate:
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Prove Invalsi? L’Europa le sta abbandonando.
Non solo l’Europa, anche gli Stati Uniti, che avevano adottato la strategia del “teaching to the test†allo scopo, rivelatosi deludente, di favorire l’efficacia dell’insegnamento, stanno facendo i conti con questa grande illusione che qua da noi, negli ultimi anni, ha generato tonnellate di carta e un lavoro immane di preparazione, somministrazione e correzione. Per non dire della tabulazione dei risultati!
La triste realtà è che i dati, ad es. i mitici OCSA-PISE, non indicano correttamente la preparazione degli studenti ad esempio in matematica, ma solo la loro capacità di rispondere alle domande previste, nella modalità prevista, e negli ambiti ristretti della domanda-risposta formulata in quello e solo in quel modo.
L’altra grossa difficoltà , insormontabile (ma direi inevitabilmente insormontabile) è quella relativa alla comprensione del testo, per le enormi difficoltà di scegliere un brano su cui le domande di comprensione possano dar luogo a risposte assolutamente univoche. Personalmente dubito che un testo scritto da mente umana possa avere questo tipo di caratteristiche. E certamente prevede un lavoro da certosino nella compilazione delle prove. Ad esempio i collaudatissimi Cambridge Tests per la comprensione della lingua inglese sono pensati da sempre per rispondere a questa esigenza, ma la loro formulazione è affidata a un “Syndicate†che compie un lavoro enorme, cioè lavora da un anno all’altro per produrre sia gli eserciziari su cui gli studenti si devono preparare sia i test veri e propri. Da noi invece succede che per tutto l’anno gli insegnanti lavorino con modalità “umane†per poi vedere i loro allievi valutati con sistemi “meccaniciâ€. I risultati non sono ovviamente significativi, a fronte di un lavoro, come dicevo, enorme.
In Inghilterra invece sono già oltre; avendo adottato dal 1990 il sistema del “teaching to the testâ€, stanno facendo una profonda autocritica a quella che sembrava la didattica definitiva.
Tratto da: noisiamolascuolapubblica.wordpress.com.
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