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La scoperta sul futuro che influenza il passato

I FISICI DIMOSTRANO COME IL TEMPO SEMBRI FUNZIONARE ALL’INDIETRO E IL FUTURO RIESCA A INFLUENZARE IL PASSATO. Un esperimento da conoscere.

La scoperta sul futuro che influenza il passato
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Redazione Modifica articolo

17 Giugno 2015 - 22.28


ATF

di
Jay Kuo
.

Siamo
tutti d”accordo che gli eventi passati possono influenzare il
presente e che gli eventi presenti possono influenzare il futuro. Ma
pochi potrebbero credibilmente sostenere che gli eventi futuri
possono influenzare il passato.

Tutto
questo potrebbe presto cambiare. Benvenuti nel mondo della fisica
quantistica. Per la persona media, il classico mondo osservabile
della fisica newtoniana è sentito come logico e sensato: il tempo si
muove in avanti; le cose esistono in un unico luogo in un solo
momento; se un albero cade nella foresta ma nessuno lo vede, si
assume che sia caduto. Ma un team di fisici dell”Australian National
University (ANU) dice: «Andiamoci cauti». Entrate nella fisica
quantistica. E sarà veramente strano.

Cacciatori
quantistici… Il professore associato Andrew Truscott, a sinistra,
col dottorando Roman Khakimov. Fonte: ANU

Un
nuovo studio pubblicato sul mensile scientifico
Nature
Physics

sembra dimostrare che il tempo in realtà può tornare indietro, le
cose possono esistere in più stati, e se un albero cade nel bosco
non solo può dipendere dal fatto che in definitiva qualcuno l’abbia
visto, ma anche dal fatto che qualcosa in qualche modo sapeva che
sarebbe stato visto. «Ciò dimostra che la misurazione è tutto. A
livello quantistico, la realtà non esiste se non la si sta
guardando» ha detto il professor Andrew Truscott dell’Istituto di
ricerca di fisica e ingegneria dell’ANU (Canberra).

Questa
conclusione apparentemente assurda deriva da due esperimenti, uno dei
quali esiste già da qualche tempo e l’altro è stato eseguito con
successo solo poche settimane fa.

Innanzitutto
l”esperimento più vecchio. Gli scienziati hanno osservato a lungo lo
strano comportamento delle particelle di luce, i fotoni, in qualcosa
chiamato
“esperimento
della doppia fenditura
”
.
Ecco come ha funzionato: quando la luce è stata diretta attraverso
uno schermo con due strette fessure, le particelle fotoniche si sono
comportate in modo piuttosto schizofrenico. Da un lato i fotoni hanno
agito come particelle, proiettando un bagliore diretto sulla parete
dietro le fessure, ma dall’altro lato hanno agito come onde,
generando un “modello di interferenza” analogo alla potenza
delle onde dell”acqua, creando un misterioso secondo modello oltre
due semplici strisce di luce.

Questo
principio è centrale nella fisica quantistica. Una particella come
un fotone si comporta come se avesse illimitati stati sospesi, non
presenta nessuna proprietà fisica ed è definita invece come un
insieme di “probabilità” che esiste in uno stato
particolare (queste “probabilità” non sono solo teorie
accademiche o da laboratorio, sono alla base di tutta la nostra
moderna nozione di chimica e rendono possibili i microprocessori e le
reazioni nucleari: il nostro mondo moderno non esisterebbe senza
queste bizzarre proprietà delle particelle).

Se
vi siete smarriti, il video spiega l”esperimento della doppia
fenditura e l”onda di probabilità in meccanica quantistica:

Ma
poi c”è la seconda cosa strana. Quando nell”esperimento gli
scienziati tentano di osservare un fotone, l”atto stesso di
osservarlo “collassa” in un preciso stato, che si tratti di
una particella o di un”onda.

Non importa quel che fanno: ogni volta
che gli osservatori effettuano una misurazione è come se il fotone
“decidesse” lo stato in cui si trova. Si direbbe che l”atto
di osservazione trascini quel fotone in una realtà definita (questo
è alla base della parabola del “gatto di Schrödinger”, dove un
ipotetico gatto all’interno di una scatola non è né vivo né
morto finché non si apre la scatola e si guarda dentro).

Questo
secondo strano concetto − cioè l”osservazione che definisce la
realtà − circola da molto tempo insieme con un famoso esperimento
risalente al 1978, proposto da John Wheeler e pensato per essere
impossibile da realizzare. Chiamato
“esperimento
di scelta ritardata”
,
è stato un
“esperimento
di pensiero”

in quanto si era supposto che non potesse essere realmente reso
possibile. Quell’esperimento ha cercato di rispondere alla domanda:
«Esattamente, quand’è che un fotone sceglie di agire come una
particella o come un”onda? Quando è stato appena sparato, cioè
prima di passare attraverso la fessura, o forse addirittura… dopo?»

Come
spiegato nel
Digital
Journal
,
servizio online di informazioni che unisce contributi professionali
con contenuti inviati dagli utenti, uno degli esperimenti mentali
proposti da Wheeler era grosso modo una cosa del genere: cosa
accadrebbe se inserissimo un secondo schermo, ma solo dopo che
qualcosa abbia superato il primo schermo? Il secondo schermo, che a
volte sarebbe inserito e a volte no, su una base casuale, è stato
progettato per causare interferenze simili al primo. In questo modo,
in teoria, si potrebbe osservare lo stato del fotone quando è
passato attraverso la prima schermata e vedere se è rimasto costante
passando attraverso la seconda.

:

[dispositivo di Wheeler della doppia fenditura con scelta ritardata]

La
difficoltà tecnica era che nessuno era in grado di inserire il
secondo schermo in tempo, cioè dopo che l”oggetto era passato
attraverso il primo, però prima che colpisse la parete di fondo.
Questo compito sembrava insormontabile. Ma ora questo esperimento è
stato provato, e i risultati sono piuttosto sbalorditivi.

L’équipe
australiana ha trasformato l’esperimento mentale in realtà di
laboratorio utilizzando i laser. Il loro soggetto non era un fotone
ma un atomo di elio, che, anche se molto più massiccio di un fotone,
teoricamente potrebbe comportarsi come un fotone. Cioè potrebbe
anche esistere in uno stato indefinito, quindi agire − una volta
osservato − sia come una particella sia come un”onda. I laser che
hanno usato sono serviti come una coppia di grate, una davanti
all’altra, con la seconda lasciata cadere a caso.

Ciò
che hanno scoperto è più strano di tutto ciò che sia stato visto
fino a oggi: ogni volta che le due grate erano entrambe presenti,
l”atomo di elio passava attraverso, su molti percorsi e in molte
forme, proprio come un”onda. Ma quando la seconda grata non era
presente, l”atomo invariabilmente passava attraverso la prima grata
come una particella. L’aspetto interessante è stato che
l”esistenza stessa della seconda grata nel percorso era casuale. E
per di più non era ancora avvenuta.

In
altre parole, è come se la particella elio “sapesse” che
ci sarebbe stata una seconda grata nel momento in cui è passata
attraverso la prima. L”eventuale presenza futura della seconda grata
sembrava determinare lo stato passato dell”atomo quando ha
attraversato la prima grata. Il fatto che l’atomo di elio
continuasse come una particella o si trasformasse in un”onda
dipendeva da qualcosa che sarebbe accaduto nel futuro.

Ma
come potrebbe un evento futuro − l”inserimento della seconda grata
− determinare lo stato passato dell’atomo di elio? Il tempo
sarebbe dovuto andare all”indietro, o qualcosa avrebbe dovuto sapere
in anticipo che ci sarebbe stata la seconda grata.

«Gli
atomi non viaggiano da A a B. È stato solo quando sono stati
misurati alla fine del viaggio che il loro comportamento ondulatorio
o come particella è stato portato all’esistenza» ha detto
Truscott. «Se dobbiamo credere che l”atomo abbia realmente fatto un
particolare percorso o più percorsi, allora si deve accettare che
una misurazione futura influenzi il passato dell”atomo» ha concluso.

L”idea
che il futuro condizioni il passato ha profonde implicazioni al di là
del mondo rarefatto della fisica quantistica. E chiama in causa, per
esempio, la stessa questione del libero arbitrio, o se ci sono più
mondi con molteplici realtà. Questi studi e risultati saranno senza
dubbio messi in discussione e presumibilmente replicati, ma una cosa
è chiara: questa nuova scoperta aggiunge più
domande
che risposte.

Avremo
bisogno di una scatola per gatti più grande.

Traduzione
per Megachip a cura di Emilio Marco Piano.

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