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La politica estera USA

'Dividere l''Europa con da un lato l’UE e dall''altro la Russia; dividere l’Estremo Oriente con da un lato l’ASEAN e dall’altro la Cina. [Thierry Meyssan]'

La politica estera USA
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8 Maggio 2016 - 20.00


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 Â«Sotto i nostri occhi» – Cronaca di
politica internazionale n°183
 

 di Thierry Meyssan.

 


La politica estera USA è oggi spesso
contraddittoria, come si vede in Siria, dove le truppe addestrate dal Pentagono
si battono contro quelle addestrate dalla CIA. Eppure è perfettamente coerente
su due punti: dividere l”Europa con da un lato l’Unione europea e dall”altro la
Russia; dividere l’Estremo Oriente con da un lato l’ASEAN e dall’altro la Cina.
Perché, e la si può prevedere in anticipo?

  



DAMASCO (Siria) – Per spiegare, e, quindi prevedere,
la politica estera degli Stati Uniti sono stati contrapposti per oltre un
secolo gli isolazionisti agli interventisti. 

I primi si collocavano sulla linea
dei “Padri Pellegrini” fuggiti dalla vecchia Europa prima di costruire
un nuovo mondo basato sui loro valori religiosi e dunque lontano dal cinismo
europeo. I secondi, nella tradizione di alcuni dei “Padri fondatori”,
intendevano non solo conquistare la loro indipendenza, ma continuare in proprio
il progetto dell”Impero Britannico.


Oggi, questa distinzione ha poco senso perché è
diventato impossibile vivere in autarchia, perfino per un paese vasto come gli
Stati Uniti. Benché sia cosa comune accusare i propri avversari politici di
isolazionismo, non vi è più alcun politico statunitense – tranne Ron Paul – che
difenda questa idea.
 


Il dibattito si è spostato tra i sostenitori della
guerra perpetua e i fautori di un uso più misurato della forza. Se si crede alle
opere dei professori Martin Gilens e Benjamin I. Page, l”attuale politica degli
Stati Uniti è decisa da un insieme di gruppi di interesse, indipendentemente
dalla volontà dei cittadini
[1]


È quindi legittimo vedere in questo dibattito
l”influenza, da una parte, del complesso militare-industriale, che domina
l”economia degli Stati Uniti, il cui interesse è quello di continuare la
“guerra infinita”; e dall’altra parte, delle aziende a licenza
(software, alta tecnologia, intrattenimento) che certamente hanno una produzione
più virtuale che reale, ma che prelevano il loro tributo ovunque il mondo sia
in pace.
 

Quest”analisi del dibattito lascia da parte la
questione dell”accesso alle materie prime e alle fonti energetiche, che era
dominante nel XIX e XX secolo, ma che ha perso la sua acutezza pur senza
scomparire del tutto.
 

A seguito della “Dottrina Carter”, che assimila
l’accesso agli idrocarburi del “Medio Oriente allargato” a una
questione di “sicurezza nazionale”, abbiamo visto Washington creare il
CentCom, spostare più di 500mila soldati nel Golfo, e reclamare il controllo di
tutta la regione. Ricordiamo che, convinto dell’imminenza del “picco del
petrolio”, Dick Cheney decise di preparare le “primavere arabe”
e le guerre contro tutti gli Stati della regione che non controllava. Ma questa
politica ha perso il suo senso mentre veniva applicata perché gli Stati Uniti,
oltre alla produzione di gas e di petrolio di scisto, hanno assunto il
controllo degli idrocarburi del Golfo del Messico. Pertanto, negli anni a
venire, gli Stati Uniti non solo avranno abbandonato il “Medio Oriente
allargato”, ma è probabile che scatenino una grande guerra contro il
Venezuela, unica potenza media che competa e minacci le loro operazioni nel
Golfo del Messico .

Nella sua serie di interviste con The Atlantic, Obama ha cercato di esplicitare
la sua dottrina
[2]


Per fare questo, ha risposto ampiamente e
ripetutamente a chi lo accusa di contraddizioni o di debolezza, soprattutto
dopo il caso della linea rossa in Siria. Egli aveva in effetti dichiarato che
l”uso di armi chimiche era una linea rossa da non superare, ma quando la sua
amministrazione ha affermato che la Repubblica araba siriana vi aveva fatto
ricorso contro la propria popolazione, si è rifiutato di condurre una nuova
guerra. Lasciando da parte il fatto se l”accusa fosse vera o meno, il presidente
ha sottolineato che gli Stati Uniti non avevano alcun interesse a rischiare la
vita dei propri soldati in questo conflitto e che aveva scelto di risparmiare le
loro le forze per poterne disporre di fronte alle minacce autentiche rivolte
contro il loro interesse nazionale. È questa autolimitazione che costituirebbe
la “Dottrina Obama”.
 


Quali sono queste minacce autentiche? Il presidente
non lo ha detto. Tuttalpiù si può considerare sia il lavoro dell’US National Intelligence Council sia le
osservazioni precedenti sul potere dei gruppi di interesse. Sembrerebbe allora che
gli Stati Uniti abbiano abbandonato la “Dottrina G.W. Bush” post 11
settembre di dominazione globale per tornare a quella di suo padre:
l”eccellenza commerciale. 

Una volta che la guerra fredda si è conclusa per
mancanza di combattente, l’epoca sarebbe stata dedicata alla sola competizione
economica in seno al sistema capitalistico deregolamentato.
 

È d”altronde proprio per ben assicurarsi che il
tempo del conflitto ideologico fosse terminato che il presidente Obama si è
avvicinato a Cuba e all’Iran. Era indispensabile per placare l”opposizione di
questi due Stati rivoluzionari, gli unici a sfidare non solo la supremazia
degli Stati Uniti, ma anche le regole del gioco internazionale. La malafede di
cui danno prova gli Stati Uniti nell’applicazione dell”accordo 5+1 conferma
semplicemente che non si curano per nulla del nucleare iraniano ma cercano solo
di mettere il guinzaglio alla rivoluzione khomeinista.
 


È in questo contesto che si assiste al ritorno della
“Dottrina Wolfowitz”, secondo la quale ogni cosa si deve fare per
prevenire l”emergere di un nuovo concorrente, a partire dal frenare l”Unione
Europea. 

Questa strategia sembrava essere stata modificata in ciò che
Washington considerava con più apprensione ancora: l”ascesa della Cina. 

Così, si
è potuto parlare di una strategia di “Pivot verso l’Estremo Oriente” consistente
nel ritiro delle truppe presenti nel Medio Oriente allargato e poi nel
riposizionarle sia al fine di monitorare questa nuova regione, sia di contenere
la potenza cinese. Se il Pentagono ha abbandonato i deliri neoconservatori di distruzione
della Cina, ha intenzione di contenere Pechino entro un ruolo esclusivamente
economico e di vietarle qualsiasi influenza politica fuori dai suoi confini.
 


Eppure ciò a cui stiamo assistendo è il contrario
del “Pivot verso l”Estremo Oriente”. 


Gli Stati Uniti hanno di certo
leggermente aumentato la loro presenza nel Pacifico, ma si sono installati
militarmente soprattutto nell”Europa centrale. 


Anche se le guerre continuano in
Palestina e nello Yemen, in Siria e in Iraq, e le armi parleranno di nuovo in
Libia, un nuovo conflitto si è aperto in Ucraina. Tuttavia, ci sono due modi
per interpretare questa evoluzione.

Da un lato, si può considerare come il dispiegamento
militare al confine con la Russia e la risposta militare che suscita da parte
di Mosca non minaccino la pace. 

In effetti, sembra tanto assai rischioso quanto
assolutamente non necessario intraprendere un tale conflitto. La guerra in
Ucraina non sarebbe quindi rivolta contro la Russia, ma costituirebbe l’orchestrazione
artificiosa di una pseudo-minaccia russa verso l”Europa, con le sue sanzioni e contro-sanzioni,
che consente agli Stati Uniti di “proteggere” i loro alleati
creduloni.

D”altra parte, si può considerare che il futuro
economico degli Stati Uniti riposa sul loro controllo del commercio
internazionale e quindi sul mantenimento del trasporto marittimo
[3]

Al contrario, lo sviluppo della Russia e della Cina
presume di affrancarsi dalla tutela USA e, dunque, di costruire rotte
commerciali continentali. È il progetto del presidente Xi volto alla costruzione
di due vie della seta, l’una che si snoda lungo il suo antico percorso
attraverso l”Asia centrale, il Pakistan, l”Iran, l”Iraq e la Siria fino al
Mediterraneo; l”altra che passa attraverso la Russia fino alla Germania. Due vie
che sono oggi tagliate nel Levante da Daesh e in Europa dall”Ucraina.
 

La questione del trasporto marittimo era al centro
della strategia statunitense nei primi anni del XXI secolo, con il sostegno ai
pirati nel Corno d”Africa
[4]; una strategia che si è conclusa quando Mosca e
Pechino hanno inviato sul posto la loro marina militare. Tuttavia, per quanto
la Cina abbia fatto raddoppiare il Canale di Suez da parte dell”Egitto,
l”accesso attraverso lo Stretto di Bal el-Mandeb rimane ufficialmente
controllato tramite Gibuti e ufficiosamente da parte di al-Qa’ida attraverso
l”Emirato Islamico di Mukalla.
 


Al controllo delle rotte commerciali, conviene
aggiungere quello degli scambi finanziari. Ecco perché la Giustizia statunitense
ha emanato norme che cerca di imporre gradualmente alle banche del mondo intero.
Ma ancora una volta, la Russia ha costituito un proprio sistema Swift, mentre
la Cina ha rifiutato la convertibilità della propria valuta in dollari per non
essere assoggettata alle regole USA.
 


Se quest’analisi è esatta, le guerre in Siria, Iraq
e Ucraina finiranno solo quando la Russia e la Cina avranno reso sicura
un”altra rotta commerciale verso l”Europa occidentale. 

A questo proposito,
osserviamo gli sforzi statunitensi per far pendere la Bielorussia verso il loro
campo, dopo averla combattuta così a lungo: un modo per estendere la striscia
parafuoco ucraina e garantirsi una divisione ermetica tra Europa occidentale e
orientale.
 

In questa prospettiva, i negoziati commerciali che
gli Stati Uniti hanno intrapreso con l”Unione Europea (TTIP) e con ASEAN (TPP),
non hanno come scopo un rafforzamento dei loro scambi, ma piuttosto quello di
escludere la Russia e la Cina dai mercati. È in modo assai stupido che europei
e asiatici si concentrano sulla scelta di standard di produzione anziché
richiedere l”ingresso della Russia e della Cina nei negoziati.

Una lezione finale delle interviste a The Atlantic sta nel fatto che gli Stati
Uniti intendono aggiornare le proprie alleanze, adattandole alla loro nuova
dottrina strategica. Così, il sostegno alla dinastia dei Saud che prevaleva
nell”era del petrolio del Medio Oriente non ha più alcun interesse e rappresenta
persino un fardello. O ancora, la “relazione speciale” con il Regno
Unito che aveva una certa importanza, dal controllo degli oceani (Carta
dell’Atlantico) al tentativo di formare un mondo unipolare (guerra in Iraq),
non offre più alcun particolare interesse e deve essere ripensata. Per non
parlare del costoso sostegno a Israele, che non serve più in Medio Oriente, e potrà
continuare solo se Tel Aviv si mostra utile anche in altre regioni del mondo.
 


Le osservazioni precedenti non corrispondono
all’attuale campagna presidenziale negli Stati Uniti, che contrappone da un
lato il complesso militare industriale e l”ideologia WASP, rappresentato da
Hillary Clinton e dall”altra l’industria delle licenze e il patto sociale del
“sogno americano”, rappresentati da Donald Trump
[5]

La violenza di questa campagna dimostra la necessità
di riequilibrare le forze dopo una supremazia indiscussa del bellicismo dal
1995 in poi.

Qualora il campo oggi rappresentato da Trump prevalesse,
dovremmo vedere le guerre risolversi, ma vedremmo una costrizione opprimente venir
esercitata per il pagamento dei brevetti e dei diritti d’autore. Nel caso in
cui la sua vittoria tardasse ad arrivare, gli Stati Uniti dovrebbero far fronte
al sollevamento di un popolo esasperato e a delle rivolte. Diverrebbe allora
particolarmente difficile prevedere la politica estera statunitense.

 

  



 NOTE 



[1] «Testing Theories of American Politics: Elites,
Interest Groups, and Average Citizens», Martin Gilens and Benjamin I. Page, Perspectives
on Politics
, Volume 12, Issue 03, September 2014, pp. 564-581.

[2] «La Doctrine Obama»,
par Jeffrey Goldberg, The Atlantic (États-Unis) , Réseau Voltaire,
10 mars 2016.

[3] “The Geopolitics of American Global Decline”, by Alfred McCoy, Tom Dispatch (USA)
, Voltaire Network, 22 June 2015.

[4]Pirati, corsari e filibustieri
del XXI secolo
“, di
Thierry Meyssan, Оdnako (Russia), Rete Voltaire, 11 luglio 2010.

[5] «Chi sarà il prossimo
presidente degli Stati Uniti?
», «Mattis
contro Trump
», di Thierry Meyssan, Al-Watan
(Siria), Rete Voltaire, 4 aprile e 3
Maggio 2016.



 
 

Thierry Meyssan, 7 maggio 2016

Traduzione a cura di Matzu Yagi.

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