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Dopo il Califfato, il Rojava. Una guerra può nasconderne un'altra

Mentre l'esercito siriano, l’aeronautica russa e Hezbollah si preparano a porre fine a Daesh, il Pentagono progetta una nuova guerra contro la Siria, stavolta con truppe curde [T. Meyssan]

Dopo il Califfato, il Rojava. Una guerra può nasconderne un'altra
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17 Settembre 2017 - 23.13


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«Sotto i nostri occhi» – Cronaca di politica internazionale n°257
di Thierry Meyssan.
 
Mentre l’esercito arabo siriano, l’aeronautica russa e Hezbollah si stanno preparando a porre fine a Daesh, il Pentagono sta progettando una nuova guerra contro la Siria, stavolta con truppe curde. Proprio come la missione del Califfato era quella di creare un Sunnistan a cavallo tra l’Iraq e la Siria, anche la missione del “Rojava” è quella di creare un Kurdistan a cavallo tra due Stati, così come il Pentagono prevede pubblicamente da quattro anni in qua.
 
Nell’illustrazione in apertura: Questa mappa è stata pubblicata da Robin Wright nove mesi prima dell’offensiva di Daesh in Iraq e Siria. Secondo la ricercatrice del Pentagono, essa rettifica quella pubblicata nel 2005 da Ralf Peters per il rimodellamento del Medio Oriente allargato.
 
Secondo la Grande strategia statunitense, definita dall’ammiraglio Cebrowski nel 2001 e pubblicata nel 2004 dal suo vice Thomas Barnett, tutto il Medio Oriente allargato dev’essere distrutto, ad eccezione di Israele, Giordania e Libano.
Pertanto, la vittoria imminente contro Daesh non cambierà le intenzioni del Pentagono.
Il presidente Trump si è opposto alla manipolazione dei jihadisti. Ha stoppato il sostegno finanziario e militare che il suo paese accordava loro. È persino riuscito a persuadere l’Arabia Saudita e il Pakistan a fare lo stesso. Ha modificato la politica della NATO in materia. Tuttavia, niente consente di sapere se si opporrà allo stesso modo alla grande strategia del Pentagono. A livello nazionale, l’insieme del Congresso si è coalizzato contro di lui e non ha altra possibilità di impedire una procedura di destituzione che negoziare con il Partito Democratico.
Donald Trump ha composto la sua amministrazione con ex funzionari dell’amministrazione Obama, politici opportunisti, molti funzionari improvvisati e rarissime personalità di assoluta fiducia.
Il suo rappresentante speciale contro Daesh, Brett McGurk, è un ex collaboratore del presidente Obama ritenuto utile alla sua nuova politica. Il 18 agosto ha organizzato un incontro con i capi tribù per “combattere contro Daesh”. Tuttavia, le fotografie che ha diffuso testimoniano che al contrario diversi leader di Daesh hanno partecipato a questo incontro.
Allo stesso modo, gli elicotteri delle Forze Speciali degli Stati Uniti hanno condotto l’esfiltrazione di due leader europei di Daesh e delle loro famiglie dai dintorni di Deir ez-Zor prima che venissero arrestati dall’esercito arabo siriano il 26 agosto. Due giorni dopo, hanno esfiltrato ulteriori 20 ufficiali di Daesh.
Tutto ciò succede come se il Pentagono dovesse ripiegare il suo sistema jihadista e conservarlo per delle operazioni da condurre sotto altri cieli. Allo stesso tempo, sta preparando una nuova fase contro la Siria, con ancora un nuovo esercito. Questa volta composto da truppe curde.

Questa guerra, come quella del Califfato, è stata annunciata quattro anni fa sul New York Times da Robin Wright, ricercatrice presso l’US Institute of Peace (equivalente della NED per il Pentagono). Prevedeva anche di dividere lo Yemen in due stati, come ora potrebbero spartirselo Riad e Abu Dhabi; infine, the last but not the least, prevedeva di smembrare l’Arabia Saudita.

Peraltro, il progetto del “Rojava” corrisponde alla strategia israeliana che, fin dalla fine degli anni ’90 e lo sviluppo dei missili, non mira più a controllare i confini (Sinai, Golan e il Libano meridionale), quanto semmai a prendere i suoi vicini alle spalle (da qui la creazione del Sud Sudan ed eventualmente del Grande Kurdistan)
Il reclutamento di soldati europei per il “Rojava” è appena iniziato. Possiede a priori la capacità di radunare altrettanti combattenti quanto quelli che hanno preso parte al jihad, dato che i gruppi anarchici che servono da vivaio sono numerosi in Europa quanto i prigionieri di reati comuni.
In effetti, la filiera jihadista è iniziata in un primo momento nelle carceri francesi prima di trasformarsi in una “crociata” generalizzata. È probabile che anche il reclutamento all’interno del movimento anarchico sarà ulteriormente ampliato. Washington, Londra, Parigi e Berlino, che hanno organizzato questo reclutamento, lo hanno pensato a lungo termine.
Utilizzo deliberatamente la parola “crociata” perché queste guerre medievali, come quella che abbiamo appena vissuto, erano operazioni imperialiste europee contro i popoli del Medio Oriente allargato. È altrettanto grottesco affermare che esista un legame tra il messaggio di Cristo e le crociate quanto che ce ne sarebbe tra quello del Profeta e il jihadismo. In entrambi i casi, i contraenti sono “occidentali” [1] e questi conflitti servono esclusivamente all’imperialismo occidentale. Le crociate successive si diffusero per due secoli e la maggioranza dei cristiani del Levante combatté a fianco ai propri compatrioti musulmani contro gli invasori.
In passato, il ministro degli esteri francese Laurent Fabius ha dichiarato pubblicamente che il presidente Assad «non meritava di essere sulla Terra» e assicurava che i jihadisti stavano facendo un «buon lavoro». Molti giovani hanno risposto alla sua chiamata entrando in Al-Nusra (Al-Qa’ida), poi in Daesh. Oggi, l’ex ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner annuncia pubblicamente che la Francia sosterrà la creazione di uno stato che inglobi il Kurdistan iracheno e il corridoio che lo collega al Mediterraneo attraverso la Siria. Alcuni giovani europei hanno già risposto a questa chiamata, ne seguiranno molti altri.
Oggi, come nel 2011-2012, la stampa occidentale appoggia questo nuovo esercito anti-siriano sostenuto dai suoi governi. Mai metterà in discussione il cambio di casacca di Abdullah Öcalan, passato dal marxismo-leninismo all’anarchismo. Essa ripeterà che il Kurdistan era già stato riconosciuto in occasione della Conferenza di Sèvres nel 1920, ma non consulterà i documenti che ne precisano i confini. Lo riterrà legittimo in Iraq e Siria, mentre invece si situa nell’attuale Turchia. Ignorerà il fatto che il suo tracciato corrisponde in realtà ai soli piani del Pentagono.
Il referendum per l’indipendenza della regione irachena del Kurdistan e dei territori annessi con l’aiuto di Daesh lancerà l’inizio di questa operazione il 25 settembre. Come nel 2014, si tratta di distruggere contemporaneamente Iraq e Siria, stavolta creando non tanto un “Sunnistan” da Rakka a Mosul, quanto invece un “Kurdistan”, in un territorio che collega Erbil e Kirkuk al Mediterraneo.
 
 
NOTA:
[1] Questo termine è scelto male nella misura in cui “Occidentale” non si contrappone tanto a “Orientale” quanto a “Sovietico”. Non ho trovato un’altra parola per definire insieme gli europei, i nordamericani e gli israeliani. NdA.
 
 
Traduzione a cura di Matzu Yagi.

 

 
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