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di Pietro Orsatti – gliitaliani.it.
Approfittiamo dell”occasione. Per una volta non facciamo solo una dignitosissima protesta resistenziale.
Per una volta tanto parliamo di noi, operatori dell”informazione, e cerchiamo di capire quali siano i nostri limiti, le nostre pecche, le nostre tante zone grigie. Partendo da un dato assolutamente incontestabile: il sistema informativo italiano è in crisi e non si tratta solo di una crisi economica.
Siamo con il fiato corto, schiacciati da noi stessi, dal nostro bisogno di sopravvivere come categoria privilegiata.
Una categoria chiusa, garantita nella sua continuità da un Ordine residuo di un concetto restrittivo della libertà di espressione e di accesso alla professione. Caso unico nelle cosiddette democrazie occidentali. Una categoria vecchia, che non si sta evolvendo, che non si vuole mettere collettivamente in discussione.
Per una volta approfittiamo dell”occasione e diciamolo che in questo Paese si fa informazione senza editori veri. Gli editori rispondono a gruppi politici/economici, i giornali non vengono fatti per i lettori. I lettori in Italia non sono tutelati. Sono considerati mandrie da manovrare, indirizzare, sfruttare.
Come consumatori o come elettori supini. Berlusconi questo lo sa benissimo, come “editore” ha teorizzato e messo in atto il concetto delle “vacche nel recinto da mungere”. E basta. Finito il latte avanti un”altra mandria e si ricomincia. Berlusconi è stato solo più efficiente, la differenza con gli altri alla fine non c”è. Perché è così che si ragiona nei consigli di amministrazione (con tutte le quote politiche e imprenditoriali pronte a presentare continuamente i conti): quanto si può prendere dal pubblico. Da un pubblico senza offerta, da un pubblico manovrato e educato a subire? Il limite viene sempre spostato in alto.
E diciamolo che la stampa italiana, tutta se non per rarissime eccezioni, è vincolata da regalie. Da quei finanziamenti pubblici utilizzati dai vari governi (e anche qui Tremonti ha superato di gran lunga ogni suo predecessori) come arme di ricatto. Si minaccia il taglio, si prospettano masse di disoccupati intellettuali e testate chiuse da un giorno all”altro, e poi si presenta il conto. Ordine, sindacato, editori: tutti con il cappello in mano. E diciamolo che spesso questi soldi “donati” dalla politica (e non dalle istituzioni, non prendiamoci in giro) servono a tutt”altro che fare giornali. È questa la realtà . Una realtà tremenda, dove il valore democratico dell”informazione (intesa come sistema) si trasforma solo in terreno di scambio. Altro che libertà . Si tratta di ricatti e privilegi.
Approfittiamo dell”occasione, se ne siamo ancora capaci. Approfittiamo di questa grande battaglia di popolo contro la legge bavaglio. È una legge liberticida, imposta da un governo che sembra tendere ogni giorno di più all”instaurazione di un regime, ma è anche frutto dei nostri tanti, troppi limiti e errori. Guardiamoci in faccia, e guardiamo in faccia i nostri lettori. Ripartiamo a ragionare da lì, da questo rapporto che nonostante noi è sopravissuto, nonostante le nostre tante star, i tanti guru, i tanti ridicoli narcisismi. Ripartiamo da noi, cambiando.
Fonte: gliitaliani.it
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