Le donne ai tempi di B. | Megachip
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Le donne ai tempi di B.

Le donne ai tempi di B.
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12 Febbraio 2011 - 22.34


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senonoradi Laura Cucci – Megachip.

«Perché se io saprei che mia figlia mi diventerebbe velina, porco il mondo che c”ho sotto i piedi, viva ce la faccio mangiare!!!»

Per rabbia e per reazione omeopatica, la dico alla maniera di Vito Catozzo.

Nel 1983, quando è andata in onda la prima puntata di Drive In, avevo sedici anni e tra i miei sogni non c”era quello di rifarmi il seno raggiunti i diciotto per poterlo scodellare in televisione come le “ragazze fast food”. Oggi non posso non pensare quanto quel termine così umiliante fosse presago di tutto quello che poi sarebbe venuto.

Antonio Ricci e Ezio Greggio oggi mettono le mani avanti, fra uno spot e un altro in casa Mediaset, e dicono che la loro tv sgallettava le donne con ironia, anzi, persino con senso critico. Sarà. A me risulta che portavano acqua al mulino delle armi di distrazione di massa, e sacrificavano centimetro dopo centimetro ogni argine di decenza, anche loro, dentro il messaggio martellante di quel modello televisivo coordinato, sinergico, implacabile. Un”ideologia che aveva già deciso il posto delle donne.

Veline, paperette, letterine, letteronze, schedine, donne usa e getta, pezzi di carne da utilizzare per vendere ogni cosa, da consumare in fretta: ragazze fast food. Il messaggio della televisione commerciale, che in Italia ha un solo padrone-pappone, è in sintesi estrema questo: tutto si compra perché tutto ha un prezzo.

Leggere le notizie in questi giorni è sempre un urto allo stomaco, un continuo al peggio non c”è fine, tra l”imbarazzante silenzio di Quirinale e Vaticano, e il disprezzo sempre meno sussurrato di tutte le donne del presidente.

Perché un festino – al di là di ogni considerazione morale e gusto personale – è fatto da adulti consenzienti che si dilettano con reciproca soddisfazione. Qui anche il più libertino vedrebbe una cosa totalmente diversa: un mesto simposio in cui vecchi clown in declino strafatti di viagra sfogano i loro istinti più decrepiti su giovani ragazze che sperano che tutto finisca il più presto possibile per andarsene via, magari scortate da poliziotti o carabinieri, con la busta dei contanti, la promessa di un bonifico, o di un incarico politico strapagato e senza merito, a spese nostre.

Nel delirio di onnipotenza dei suoi monologhi, il padrone grida al complotto, inveisce contro una presunta lobby golpista antiberlusconiana e millanta un consenso universale che lo spinge ad andare avanti contro il suo stesso interesse, spalleggiato da Giuliano Ferrara, quello che si proclamava “ateo devoto” e ora fa il guardiano del porcile.

Il 13 febbraio 2011 è perciò un giorno importante, per il ritrovarsi in piazza delle donne e degli uomini di questo paese che chiedono con forza rispetto per la dignità femminile: per affermare che la maggior parte delle donne italiane lavora, studia, si impegna e si ingegna per sé, per la propria famiglia e quindi per il decoro di tutto il paese. Sì, decoro, decenza: «convenienza d”atti e di cose proporzionata alla condizione di donne e uomini onorati».

La maggior parte delle donne italiane non desidera per sé, per i propri figli né per i giovani e le giovani, successo e soldi facili da raggiungere a costo della mercificazione del proprio corpo e della propria anima. E” ancora una maggioranza, una moltitudine che si indigna per la sessualizzazione precoce dei bambini, ammiccanti nelle pubblicità, dove le lolite sono sempre più piccole per creare – a che prezzo – un nuovo segmento di consumatori. E prova ancora un disagio furibondo, anche se non si è ancora tradotto in risposta politica, di fronte ai bambini e le bambine ridotti a piccoli mostri che cantano di sesso e passione, oscenamente usati dalla televisione. Si indignano per il modello relazionale tra uomini e donne proposto dalle massime istituzioni di questo paese e vogliono dire basta.

Mi ha commosso l”operaia vista ad Annozero, mentre rivendicava l”ultima riga della sua busta paga di un mese, 1050 euro, un settimo di una busta post bunga bunga: «questo è il mio attestato di dignità». Se in televisione ci sarà un ritorno alla realtà, quella donna ci rappresenterà.

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Lo spot della Rete della Conoscenza per promuovere la mobilitazione “Se non ora quando” del 13 Febbraio 2011
Video di Paola Rosasso

Gli appuntamenti città per città.

 

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