150 anni dopo – le contraddizioni del processo unitario. | Megachip
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150 anni dopo – le contraddizioni del processo unitario.

150 anni dopo – le contraddizioni del processo unitario.
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16 Marzo 2011 - 09.16


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italiarovesciadi Ettore Macchieraldo – Megachip.

A scuola, come molti altri, presi sottogamba la storia patria. Specialmente quella che tratta di Risorgimento e Guerre d”indipendenza. Solo oggi riesco a non identificare il tricolore con il nazionalismo nostrano e a guardarlo con un po” di tenerezza (sempre sospettosa, però).

Ho preso parte a giugno dello scorso anno alla riedizione de Lo sbarco dei Mille, la Nave dei diritti che salpò da Barcellona carica di cervelli in fuga, per attraccare a Genova il 26 giugno.

Ora due documentaristi, Adonella Marena e Dario Ferraro, stanno terminando un film documentario sull”impresa e chiedono una contribuzione popolare per terminare il loro lavoro. La cifra non è ingente, con l”aiuto di tutti possiamo farcela a raccontare una storia esemplare delle contraddizioni che il nostro paese si trascina fin dalla sua nascita.

la sensazione è che la situazione nel nostro Paese sia particolare, soprattutto sul lato culturale, umano, relazionale. Il razzismo cresce, così come l”arroganza, la prepotenza, la repressione, il malaffare, il maschilismo, la diffusa cultura mafiosa, la mancanza di risposte per il mondo del lavoro, sempre più subalterno e sempre più precario. I meriti e i talenti delle persone, soprattutto dei giovani, non sono valorizzati. Cresce la cultura del favore, del disinteresse per il bene comune, della corsa al denaro, del privato in tutti i sensi.

Così ci scrivevano da Barcellona i promotori del Lo sbarco la primavera scorsa nel loro manifesto. In effetti la situazione italiana ha molte specificità. E” particolare, a volte sembra addirittura che possa fare scuola (nel peggio). Solo allora, quando decisi anche io di imbarcarmi, mi interrogai anche sulle nostre radici più remote. Di recente, un mio illustre compaesano, mi ha proposto un suo libretto su Risorgimento e popolo. Vi ho trovato alcune risposte, in specifico alle mancanze di consenso che la formazione di uno Stato laico e democratico, figuriamoci popolare, ha incontrato e incontra nella storia e nella cronaca.

«Non sono mai stati forniti dati ufficiali sul numero dei caduti dalle due parti; secondo gli storici del periodo, i briganti morti negli scontri o fucilati furono 5215, oppure 9860. Invece, “cronisti e storici locali contano oltre 100.000 caduti tra i meridionali, considerando anche quanti morirono per stenti, dolore, disperazione, suicidio, prigionia. Di sicuro, la loro ipotesi è più vicina alla realtà che non le cifre ufficiali»

Questi sono i dati che riporta Romolo Gobbi in un suo recentissimo pamphlet sul Risorgimento.

Raccontano di una guerra civile, tra italiani e italiani (che da poco tali furono proclamati) e spiegano quanto le intenzioni di Garibaldi per un”Italia fatta di un solo popolo siano in buona parte rimaste schiacciate tra una Monarchia avida e uno Stato Pontificio molto potente.

I contadini del sud non si sollevarono contro i Borboni come desiderò il nostro Giuseppe nazionale; anzi quando decisero di ribellarsi e chiedere la distribuzione della terre, furono duramente repressi dai ”piemontesi”.

Forse qualcuno di voi ricorda la straordinaria novella del Verga che racconta dei fatti di Bronte.

Quella la lessi sui banchi di scuola e mi parve uno dei momenti di verità sulla storia patria.

Certo lo Stato sabaudo, tramite l”azione di Garibaldi, limitò di molto le funzioni temporali dello Stato pontificio e si meritò ben tre pesantissime scomuniche. Non corrispose, però, a un miglioramento delle condizioni materiali del popolo, quasi totalmente composto di contadini.

Quando furono espropriati i beni ecclesiastici nel 1866, i nuovi padroni si dimostrarono più avidi e meno generosi dei preti.

Ho citato solo alcune delle contraddizioni che ci trasciniamo da più di un secolo e che non abbiamo mai affrontato. In queste possiamo trovare molte della specificità del “caso Italia”, anche della odierna cronaca.

Il fagotto che imbarcammo nel giugno scorso su La nave dei diritti era pieno di carichi pesanti e scarsi gli strumenti che abbiamo per alleggerirlo.

Il 17 festeggeremo la proclamazione di Vittorio Emanuele II re d”Italia. E non la nascita de la Repubblica, come di recente ha sostenuto un noto cantante nostrano.

Lo faremo con un po” di tenerezza e molte preoccupazioni. Dobbiamo guardare alla nostra storia, interrogandola e non rimuovendone le parti meno limpide. E” parte di quella prassi etica e politica che potrà liberarci dai gioghi che ancora ci legano.

 

Dove sono i castelli di lapislazzuli

Delle Ricche Ore del Duca di Berry [http://www.mondimedievali.net/Opere/Berry/indice.htm]

E i paesani tristi nei seminati.

Dove i neri impiccati della guerra dei contadini.

Sopra i morti meschini

Essa guida la trattrice

Ventre allegro di capezzoli

Con le mani con i piedi con le cosce

Con la bocca ride e sgocciola

Sudore d”aglio e latte

Caglio di sangue e baci.

 

[Rivolta agraria, Franco Fortini, da Foglio di via, Einaudi 1967]

 

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