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La qualità della vita, dalle misure alla politica

La qualità della vita, dalle misure alla politica
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13 Settembre 2011 - 20.03


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qolexitydi Donato Speroni.

Si chiama QoLexity ed esprime la complessità delle misure sulla qualità della vita. Un convegno internazionale a Firenze ha confermato la ricchezza delle ricerche in corso.

Gli studi dimostrano che i temi importanti per il benessere delle persone non sono molto diversi da un Paese all”altro. Ma resta un interrogativo di fondo: i politici sapranno utilizzare questi parametri per dare nuovi obiettivi alle scelte collettive?

Il convegno internazionale dell”Aiquav, Associazione italiana per gli studi sulla qualità della vita, è stato ricco di relazioni e dibattiti interessanti. L”incontro, che si è svolto a Firenze il 9 e 10 settembre, era dedicato al tema della QOL-exity, la complessità delle misurazioni in corso di studio in tutto il mondo su questa materia. Senza pretendere di darne un resoconto completo (abstract e slides si possono trovare sul sito) mi limito a esporre alcune riflessioni al termine dei lavori.

Bisogna innanzitutto prendere atto della vitalità delle ricerche su questa materia: anche in un momento di crisi economica, si moltiplicano le indagini sugli aspetti non economici del benessere, sulle differenze tra Paesi e all”interno di ciascun Paese, sulle varie forme di deprivation che possono incidere sulla qualità della vita. Ne nascono indicatori interessanti, che potrebbero aiutare a determinare politiche nuove.

C”è una sostanziale convergenza sui cosiddetti “domini”, i settori che incidono sul benessere. Dalla sicurezza economica al lavoro, dalla salute all”educazione, dalle relazioni familiari e amicali al rapporto con le istituzioni, i domini indagati sono più o meno gli stessi ovunque. Il Better life index dell”Ocse ne dà una buona sintesi. Questo indicatore, che sta avendo molto successo nonostante i limiti che avevo segnalato in un precedente post, ci dice anche che il “peso” attribuito dalla gente ai domini è pressoché uguale nei diversi Paesi e non ha distinzioni di genere. I visitatori del sito dell”Ocse potevano infatti redigere classifiche “fai da te” modificando il peso dei domini, ma alla fine la tendenza (confermata anche da altre ricerche) è attribuire importanza più o meno uguale ai diversi campi del benessere, Semmai, si riscontra una comprensibile differenza per età. Non c”è da stupirsi, per esempio, che i giovani attribuiscano meno importanza ai rapporti con le istituzioni e gli anziani più importanza alla salute. Il convegno ha anche confermato l”importanza delle misurazioni sul cosiddetto subjective well being, la soddisfazione complessiva per la propria vita che spesso viene chiamata “misura della felicità“. Il problema di questa autovalutazione, che di norma si fa su una scala da uno a dieci (gli italiani nell”ultima valutazione Istat si sono attribuiti un 7,2) è che le diverse culture tendono a usare diversamente la scala: un cinese felice non si darà mai più di otto, a differenza di un anglosassone che può attribuirsi un dieci, e questo rende molto opinabili tutti i confronti internazionali. A Firenze però è stato presentato un nuovo metodo, che si chiama Acsa (acronimo di un nome troppo lungo, ve lo risparmio) che consiste nell””agganciare” i voti di ciascuno ai due estremi della scala ai momenti più belli e più brutti della propra vita. Per esempio, alla domanda su come è la mia vita oggi posso sentirmi scontento e attribuirmi un tre. Ma se penso ai momenti davvero brutti che ho passato, probabilmente correggo la mia autovalutazione in cinque. E viceversa per i momenti belli. Il vantaggio di questo sistema, sperimentato finora soprattutto sui malati, e appunto di consentire valutazioni meno erratiche e confrontabili.

Resta comunque una domanda, che è stata affrontata nella tavola rotonda finale alla quale ho avuto il piacere di partecipare: i politici sapranno davvero utilizzare questi nuovi indicatori? Senza pretendere di sintetizzare tutte le risposte, esprimo la mia opinione: se i nuovi indicatori del benessere verranno calati dall”alto, da una elaborazione tecnica, seppure di altissima qualità, ben difficilmente incideranno sulla politica. Se però saranno il frutto di un lavoro con un largo concorso di cittadini nel determinare i parametri, e se in qualche modo si riuscirà a ottenere un consenso preventivo bipartisan sugli obiettivi che è davvero importante raggiungere con le scelte collettive, le misure della qualità della vita potranno davvero cambiare la qualità della politica.

Ma aggiungo un”altra condizione: nel Paese che usa queste misure, dovrà esserci abbastanza cultura e attenzione alla statistica per far sì che l”opinione pubblica le capisca e le faccia proprie. Per fortuna le tecniche di rappresentazione dei dati sono sempre più gradevoli e interessanti. Abbiamo avuto film bellissimi e affascinanti sui pinguini o sulla vita degli insetti. Forse un regista geniale saprà fare altrettanto con i numeri.


Fonte: http://numerus.corriere.it/2011/09/12/la-qualita-della-vita-dalle-misure-alla-politica/.


 

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