La rabbia del popolo greco e non solo | Megachip
Top

La rabbia del popolo greco e non solo

La rabbia del popolo greco e non solo
Preroll

Redazione Modifica articolo

14 Giugno 2012 - 19.24


ATF

Intervista esclusiva per Megachip a Marica Frangakis

frangakis 20120613

di Anna LamiMegachip

Nel clima infuocato della campagna elettorale di Atene abbiamo incontrato Marica Frangakis, economista del Nicos Poulantzas Institute di Atene, membro del Comitato centrale di Synaspismos, il principale tra i partiti della coalizione Syriza.

Nel caso in cui Syriza dovesse vincere, quale sarebbe la cosa più urgente da fare secondo lei?

Dappertutto per Atene ad esempio si possono vedere i segni devastanti della crisi economica. Senza tetto in ogni angolo, serrande dei negozi abbassate ovunque. La Grecia è devastata, abbiamo una situazione insostenibile, caos sociale che si accompagna al caos economico. Per tanto indubbiamente le prime misure da adottare nel caso dovessimo vincere sarebbero rivolte a contrastare la povertà, che è diventata di massa.

La posizione maggioritaria all”interno di Syriza è quella di restare nell”Unione europea. Crede si tratti di un complesso istituzionale riformabile?

Senza dubbio l”Unione europea è una costruzione capitalista, un progetto capitalista. Ma questa Unione europea può e deve cambiare e le soluzioni possono emergere anche ad un livello europeo poiché la crisi si sta intensificando e sempre più gente sta scivolando nella povertà, per tanto crediamo sia arrivato il tempo in cui i leaders europei debbano realizzare che non è più possibile andare avanti in questo modo. Esiste il modo per far sì che i leaders europei realizzino quanto sta accadendo, basta osservare la Grecia, dove il popolo sta rigettando gli accordi presi alle sue spalle, ed assieme agli accordi rigetta le forze politiche che li hanno firmati. Si tratta di una realtà in Grecia e di una prospettiva già in nuce anche in altre parti d”Europa di cui i leaders europei devono accorgersi.

Nel vostro programma chiedete di annullare il memorandum e le leggi applicative e di rinegoziare il debito: ritiene ci siano realistici margini per applicare queste misure senza essere esclusi dalla moneta unica? Su quali basi fondate questa speranza?

Tenga presente che nessuno può essere cacciato dall”Unione tanto facilmente, non è scritto nei trattati che qualcuno possa essere cacciato via. Il fatto è che se la Grecia continua a perseguire le stesse politiche economiche e sociali attuate sino ad oggi, noi non saremo mai in grado di ripagare il debito. Vogliamo provare a risolvere i problemi restando dentro alla zona euro, ed allo stesso tempo provare a cambiarne le regole. Ma perché questo accada, i partners europei debbono essere d”accordo. Se non lo saranno, si prospetterà il pericolo del default. In questo caso comunque non si tratterebbe esclusivamente di un problema greco, ma comune a tutta l”eurozona. Guardiamo a quanto sta accadendo alla Spagna, o all”Italia oggi. È come una malattia che si diffonde perché la finanza si protegge trasferendo i suoi problemi alla società. Perciò se sprofonderemo non saremo i soli a farlo. Dunque non posso immaginare che i leaders europei non sappiano vedere quanto sta già accadendo e quello che potrebbe accadere, credo sia giunto il momento di aprire gli occhi.

Avete un piano di riserva oltre a dire di voler rinegoziare il memorandum restando nell”euro, visto che risulta, ad esempio, che tanti settori tedeschi non aspettino altro che la fuoriuscita di Atene, uscita data per assodata da un numero crescente di economisti?

È necessario considerare che lo stato greco non ha denaro sufficiente per pagare i servizi primari come ad esempio le pensioni ed i sussidi di disoccupazione, perciò se non ci daranno più denaro ci spingeranno al default, fatto che avrebbe delle conseguenze importanti per tutti quanti ma che non implica di per sé l”uscita dalla zona euro. Bisogna separare le due cose, il default dall”uscita dall”euro zona. Tutto dipenderà da quanto velocemente potremo affrontare i nostri problemi e dare un cambio di rotta. Innanzitutto se vinceremo dovremo far in modo che l”economia torni a crescere ed è una grande sfida. Se ci verrà impedito di farlo, potrebbe crearsi un effetto boomerang: comunque un po” ovunque i popoli si stanno rendendo conto di quanto catastrofici possano essere gli effetti nel caso in cui le istanze popolari non vengano ascoltate ed il popolo greco sta ricevendo sostegno sta raccogliendo sostegno da più parti nel mondo. Ad oggi anche intellettuali francesi hanno fatto appello per un voto a Syriza, non semplicemente a sinistra ma specificatamente a Syriza. Ovunque si guarda a quanto sta accadendo al popolo greco ed ovunque si guarda a Syriza, perciò non posso immaginare come persone ben informate come i leaders europei possano correre il rischio di affrontare la società civile. Quindi spero che riusciremo a trovare una qualche forma di accordo agli attuali problemi.

Alcune delle critiche che vengono mosse a Syriza concernono un presunto cambiamento di posizione sulla nazionalizzazione delle banche. Qual è la vostra reale strategia? Proponete la nazionalizzazione del settore bancario o semplicemente un suo maggior controllo pubblico?

C”è notevole confusione in merito. Consideriamo che non è stato immediatamente all”inizio della crisi finanziaria nel 2007, che le banche greche hanno avuto grandi problemi, a differenza che in Francia, in Germania o in Belgio, bensì dopo l­”avvio della crisi del debito pubblico del 2009/2010. Agli inizi della crisi l”Unione europea decise di supportare il settore bancario, ma non in modo collettivo: ciascun governo doveva sostenere le relative banche. Quindi il governo di Atene diede molto denaro alle banche, in misura soprattutto preventiva. Denaro che uscì dalla casse dello stato e contribuì all”innalzamento del debito. Quindi si iniziò a parlare insistentemente di default, la gente corse a ritirare il denaro, si creò un”altra crisi finanziaria, la quale significò un nuovo sostegno pubblico alle banche.

Quello che diciamo noi è: dal momento in cui diamo a qualcuno così tanto denaro, abbiamo anche il diritto di sapere quello che ne fa. Semplicemente, diciamo che le banche che hanno ricevuto così importanti sostegni pubblici, dovrebbero essere responsabili dinnanzi allo stato. Il sistema bancario greco, come quello di altri stati europei, è stato privatizzato negli anni ”90. Ma noi crediamo che lo stato debba avere modo di dirigere le politiche economiche anche attraverso il credito. Pertanto settori strategici del sistema bancario debbono essere nazionalizzati, nel lungo periodo. Nell”immediato, il piano invece è quello di predisporre un pubblico controllo di quelle banche che hanno ricevuto finanziamenti dallo stato per renderle responsabili dinnanzi alla società.

Un giudizio sulla scorsa tornata elettorale e su quella a venire.

I risultati delle elezioni del 6 maggio per Syriza hanno superato le nostre aspettative, rivelando dinamiche politiche e sociali di cui non eravamo così completamente consapevoli. Non penso che si possa tornare indietro, i nostri consensi sono ulteriormente cresciuti. È interessante notare come la minaccia di cacciare la Grecia nel caso Syriza dovesse vincere finora abbia accresciuto la determinazione popolare. Buona parte del popolo greco è europeista e non rigetta l”Europa in generale bensì le politiche che sono state implementate negli ultimi anni. Il ragionamento comune è che questo non è stato il modo giusto di affrontare i problemi e risolverli ma per sprofondarci ulteriormente dentro. Per quanto concerne le prossime elezioni, noi abbiamo posto problemi e soluzioni su diversi livelli temporali, nel breve, nel medio e nel lungo termine. Perciò abbiamo provato ad offrire un”alternativa politica in molteplici declinazioni temporali. Il popolo greco è certamente arrabbiato, ma non solamente arrabbiato: il voto per Syriza è stato e sarà un voto ragionato e non di semplice protesta. Ad esempio, invece, il Kke non offre alcuna alternativa politica. In sostanza dicono che non c”è nulla da fare, questo è il capitalismo, si tratta di aspettare che crolli. È questa una soluzione politica?


Native

Articoli correlati