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Contemplare il cambiamento

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11 Agosto 2012 - 11.51


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contemplareilcambiamento 20120811

di Paolo Bartolini*

Forse in pochi troveranno qualcosa di interessante in queste mie righe, tuttavia ritengo necessario ribadire – soprattutto per coloro che intendono cogliere la portata etica e spirituale della crisi di civiltà che stiamo attraversando – il nesso profondo che lega le sorti di un cambiamento possibile (collettivo) alla trasformazione interiore degli esseri umani, trasformazione che, a mio avviso, non può non riguardare la sfera religiosa e contemplativa, ampiamente intesa, anche al di là dei tradizionali percorsi confessionali.

L”urgenza, in questa fase inedita di Transizione per l”umanità e per il nostro pianeta, mi pare inizialmente quella di cogliere fino in fondo la portata della sfida che la Crisi ci sta lanciando: siamo infatti di fronte alla necessità di reinventare nuove visioni del mondo, realmente alternative all”unica dominante, caratterizzata dal potere incontrastato della violenza, dal controllo tecnoscientifico sulle menti e sulla natura, e dall”accumulazione quantitativa universale (motore perpetuo dell”attuale e insostenibile capitalismo globale).

Il mito in cui viviamo, che fa da sfondo alle nostre gioie e ai nostri quotidiani tormenti, è e resta purtroppo un mito separativo, che invece di unire e di promuovere pace ed armonia, moltiplica la guerra di tutti contro tutti, amplifica gli egoismi e rafforza quel senso di separatezza dagli altri e dalla realtà circostante che ci rende, quasi senza accorgercene, solerti competitori in una vita ormai ridotta a libero mercato.

Ora io penso che se Marx ha parlato espressamente di una “religione della vita quotidiana” riferendosi al potere trasfigurante del capitale, ha potuto farlo perché ha saputo cogliere i meccanismi segreti del suo peculiare feticismo, spiegandoci accuratamente che gli uomini, privati di consapevolezza e di controllo sulla produzione e sull”andamento dei rapporti sociali nel loro complesso, sono naturalmente destinati a vivere in modo passivo la connessione impersonale di tutti e di tutto resa possibile dalla circolazione delle cose e del denaro. Ecco allora che la merce assume agli occhi dell”individuo/consumatore una realtà a se stante, scollegata da tutti i passaggi (sociali, naturali e lavorativi) che hanno contribuito a farla esistere. Più semplicemente: il mondo delle cose si fa autoevidente cancellando qualsiasi coscienza del processo umano sottostante. Si mostrano, dinnanzi ad occhi creduli e a menti annebbiate, solo cose e prezzi, ormai scambiati per solide certezze e realtà indiscutibili.

Il valore di scambio, insomma, sovrasta ontologicamente il valore d”uso e apre le porte alla reificazione delle persone e alla personificazione delle cose.

In attesa di una rivoluzione che non arriva, e che viene spesso cercata nel posto sbagliato (http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/8657-evitare-gli-stessi-errori-lunga-e-la-via-per-la-rivoluzione.html), ci piace rileggere queste affermazioni del monaco zen vietnamita Thich Nhat Hanh, che nel suo famoso “Essere pace” (Ubaldini, 1989) inizia così un capitoletto intitolato programmaticamente “Inter-essere”:

Un poeta, guardando questa pagina, si accorge subito che dentro c”è una nuvola. Senza la nuvola, non c”è pioggia; senza pioggia, gli alberi non crescono; e senza alberi, non possiamo fare la carta. La nuvola è indispensabile all”esistenza della carta. [.] Guardando più in profondità in questa pagina, vedremo anche brillare la luce del sole. Senza luce del sole le foreste non crescono. Niente cresce in assenza della luce solare, nemmeno noi. Ecco perché in questo foglio di carta splende il sole. La carta e la luce del sole inter-sono. Continuiamo a guardare: ecco il taglialegna che ha abbattuto l”albero e l”ha trasportato alla cartiera dove è stato trasformato in carta. Sappiamo che l”esistenza del taglialegna dipende dal suo pane quotidiano, quindi in questo foglio di carta c”è anche il grano che è finito nel pane del taglialegna.“.

Il lettore sensibile avrà già compreso che questa lucida consapevolezza delle interconnessioni vitali che hanno portato al “foglio di carta” può allargare il suo raggio fino a comprendere i genitori del taglialegna, i suoi avi e tutte le condizioni che, dalla notte dei tempi, hanno fatto sì che il foglio di carta potesse un giorno “manifestarsi”.

Ebbene, questo sguardo sapiente (qui buddhista, ma comune indubbiamente a tutti i grandi cammini contemplativi antichi e moderni), che penetra in profondità la realtà delle cose senza credere ciecamente alla religione del denaro e al suo spettacolo alienante, a me sembra propedeutico a qualsiasi progetto di cambiamento della storia.

Con questo non sto sostenendo, anche se la tentazione è forte, che per cambiare il mondo bisogna essere poeti visionari o mistici, ma quantomeno che si debba riconoscere – qui ed ora – l”importanza di formare il carattere e di coltivare la spiritualità di chiunque intenda superare lo stato di cose presenti. Ogni giorno di più mi convinco che questa sia la premessa irrinunciabile per cominciare ad uscire dalle tenebre che ci avvolgono e costruire un nuovo tempo di pace e di luce, per tutti e tutto.

* Ufficio Centrale Alternativa – Alternativa Marche


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