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M5S "bene comune": una riforma indispensabile

I nodi critici che il M5S è chiamato a sciogliere in questi mesi, pena la fuga in massa degli elettori.

M5S "bene comune": una riforma indispensabile
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17 Giugno 2013 - 16.43


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di Paolo Bartolini.

La marcata difficoltà nella gestione del dissenso interno, la tendenza preoccupante al culto della persona (Grillo ha fatto della democrazia orizzontale un fiore all’occhiello proprio mentre inventava un modello verticistico di controllo del M5S che gli consente di porsi in qualità di padre adolescente in mezzo ai suoi ragazzi: il linguaggio è “paritario”, ma il potere è saldamente nelle sue mani), la scarsa conoscenza del mezzo televisivo e dei criteri di sopravvivenza in un ambiente geneticamente modificato dalla presenza massiccia dei mass media, l’abitudine a dare del venduto o del traditore a chiunque sollevi critiche circostanziate alle magnifiche sorti e progressive decantate dal leader maximo, la stucchevole propensione all’insulto e a dividere la realtà in blocchi netti e contrapposti (“noi” i puri, “gli altri” l’origine di tutti i mali della Repubblica).

Questi sono solo alcuni dei nodi critici che il Movimento 5 Stelle è chiamato a sciogliere in questi mesi, pena la fuga in massa degli elettori che, con il loro voto d’opinione, hanno voluto esprimere a febbraio un legittimo disgusto per la Casta che mal governa l’Italia da più di vent’anni.

Se questi difetti rappresentano, come insieme omogeneo, il lato d’ombra del MoVimento, è anche vero che esiste un lato luminoso, forse ancora in potenza, che va coltivato e tramutato quanto prima in effettualità.

In molti riteniamo infatti che da un precoce collasso dell’avventura a cinque stelle non abbia nulla da guadagnare quella parte del Paese, tutt’altro che marginale, che sogna una nuova politica fatta di rispetto per la Costituzione, di pace e solidarietà, di contrasto radicale alla criminalità organizzata, di solidarietà, di beni comuni, di scuola pubblica, di riconversione ecologica, di qualità dell’occupazione, in sintesi: di libertà e partecipazione democratica. Dire che il Movimento 5 Stelle è un bene di tutti, potrebbe sembrare eccessivo, ma oggi come oggi la speranza di immaginare un futuro che esca dal binario morto delle politiche di austerità europee, passa attraverso una sua presenza efficace nelle Istituzioni.

Se poi ad essa si affiancasse un altro soggetto popolare “rosso-verde” capace di coniugare attenzione alla giustizia sociale e all’ambiente, ne avremmo tutti da guadagnare. L’isolamento del M5S, difatti, prima o poi dovrà incrinarsi per aprirsi al dialogo con le componenti della società civile che guardano ad una auspicabile federazione delle forze alternative al centro-destra e centro-sinistra.

L’affaire Grillo assume, in quest’ottica, tutta la sua importanza. Lui e Casaleggio hanno reso possibile qualcosa di impensato, non possiamo che riconoscerlo.

Ora, però, dovrebbero imparare l’arte del trascendimento, del far spazio agli altri, del lasciar crescere e camminare la loro creatura perché – come ricorda il Profeta di Gibran – “I figli non sono i vostri figli. / Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé. / Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro, / E benché stiano con voi non vi appartengono”.

Che lo capiscano da soli o, piuttosto, vengano aiutati a farlo, il nocciolo della questione resta sempre il medesimo: il M5S deve dotarsi di teste pensanti, di un gruppo dirigente maturo, di una visione della politica che sa combinare strategie di lungo respiro e tattiche capaci di cogliere le geometrie variabili del momento. Tutto ciò ricorda la politica seria dei partiti negli anni in cui erano ancora “di massa”.

Oggi la forma partito, intesa nel senso più classico, ha terminato il suo compito, ma questo non significa che la democrazia liquida di internet sia o debba essere l’esito inevitabile di tale esaurimento storico. Anche su questo gli errori del Movimento 5 Stelle, o più semplicemente i suoi limiti strutturali, possono aiutarci a correggere il tiro e a ripensare il rapporto tra elettori, attivisti e “portavoce”. Affinché la voce che sia portata in Parlamento sia davvero quella degli italiani e di nessun altro.

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