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'Intervista rilasciata da Badara Ndyae, alla vigilia dell''approvazione della Carta Mondiale dei Migranti (Dakar, 5 febbraio 2011).'

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4 Ottobre 2013 - 11.41


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di Luisa Bianco

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Nel giorno in cui l”Italia commemora il tragico evento di Lampedusa, riproponiamo l”intervista che Badara Ndyae rilasciò a Luisa Bianco (Ass. Amigi), alla vigilia dell”approvazione della Carta Mondiale dei Migranti (Dakar, 5 febbraio 2011).

[right](la Redazione)[/right]

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Il 5 febbraio 2011 è stata approvata a Gorée (Senegal) la Carta Mondiale dei Migranti. Il progetto di una Carta elaborata e scritta collettivamente dalle persone migranti nasce a Marsiglia nel 2006, a seguito della richiesta di 120 famiglie “sans papiers” di ottenere i documenti per un regolare soggiorno in Francia.

Il principio su cui si basa il documento è di garantire la libertà di circolazione e d’installazione alle donne e agli uomini in tutto il pianeta.

A pochi giorni dall’assemblea dei migranti (Gorèe, 4-5 febbraio 2011) Badara Ndyae, membro di Enda Diapol e partecipante al Forum Sociale Mondiale 2011 (Dakar, 6–11 febbraio 2011), ci offre, nell’intervista riportata di seguito [1], uno sguardo sui processi migratori all’interno del continente africano che colpiscono, per dinamiche qualitative e quantitative, se comparati con i movimenti migratori verso l’Europa.

Ndyae illustra la portata storica della Carta Mondiale dei Migranti, le sue sfide all’attuale modo di percepire e tradurre in leggi restrittive la mobilità degli esseri umani, all’interno di un sistema economico e politico che nega a questi ultimi il diritto di libera circolazione ed erige barriere.

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Quali sono le funzioni che svolge Enda Diapol e, in particolare, quale sarà il suo ruolo all’interno del Forum Sociale Mondiale?

Enda Diapol [2] è una ONG che appartiene a Enda Tiers Monde. E’ la prima ONG internazionale presente in Africa, Unione Europea, Asia, America Latina, America Centrale. Ha sede a Dakar ed è diretta da una donna burkinabé che in passato ha ricoperto la carica di ministro nel governo di Thomas Sankara.

Diapol promuove il dialogo politico al fine di costruire una comprensione strategica del contesto e fornire ad ogni persona gli strumenti che permettano di costruire una propria visione sul funzionamento della società, meccanismi, soluzioni.

All’interno del Forum Sociale Mondiale ho l’incarico di occuparmi di migrazioni: costruzione di relazioni con organizzazioni sindacali, ONG, associazioni di migranti, la diaspora non solo senegalese, ma di più paesi. Tale ruolo permette la condivisione di aspetti strategici: libertà di circolazione, diritti dei migranti, importanza della ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1990) [3] da parte dei paesi.
In questo processo il mio ruolo è quello di facilitatore, partecipante e invitato in più ambiti.

Sono stato invitato a otto tavole rotonde e a due proposte di progetto: 1) la fuga di cervelli; 2) la questione Frontex e gli ostacoli alla libera circolazione; 3) la gestione delle frontiere; 4) il ruolo dei migranti nello sviluppo locale; 5 mobilità, trasformazione e coesione sociale; 6) cambiamento climatico e migrazioni; 7) la protezione delle persone in movimento; 8) integrazione subregionale, poiché la CEDEAO [4] è importante nel dialogo fra Africa ed Europa.

L’ECOWAS [5] è costituita da 16 paesi dell’Africa occidentale che rappresentano il ponte tra l’Africa e l’Europa. Il 60% dei movimenti migratori complessivi si svolge a livello di ECOWAS. Quest’ultima rappresenta uno spazio importante di mobilità subregionale in Africa, ma anche di mobilità internazionale con l’Europa. Questa è una riflessione di carattere strategico che promuove una contro-visione di migrazione e sviluppo.

Penso che migrazione e sviluppo non siano automatici. I migranti sostituiscono lo Stato. Inviano le rimesse che sono denaro privato. Tale denaro sostituisce le politiche pubbliche. Il Forum Sociale Mondiale tratterà il tema attraverso proiezioni di film, documentari.

E’ possibile tracciare un profilo dei movimenti migratori in Africa? Quali sono le principali differenze quantitative e qualitative fra le migrazioni interne al continente africano e quelle verso l’Europa? Quali sono state le risposte istituzionali dei singoli Stati africani, è possibile una comparazione con le politiche europee?

Si tratta di una questione ideologica. I media in Europa e in Africa parlano di un concetto che non è positivo: “Migrazione clandestina”, che non vuol dire nulla. In primo luogo non esiste una migrazione clandestina. Tale definizione è finalizzata a un approccio teorico e a un quadro concettuale che ci dice che esiste un’invasione. Gli africani in Europa costituiscono il 10% dei flussi migratori.

Secondo noi la Conferenza di Berlino (1884 -1885) fu uno scandalo per l’Africa, hanno spaccato l’Africa! L’Africa è fatta di comunità, fra loro vi era mobilità. Con l’opera di frammentazione decretata dalla Conferenza sono state costruite le frontiere che hanno spezzato le comunità, che sono venute a trovarsi da un lato e dall’altro di confini imposti. A causa della mobilità transfrontaliera e intracomunitaria naturale le comunità si sono quindi trovate a violare le frontiere, poiché su ciascun lato vi era la stessa parentela, la stessa lingua, la stessa cultura.

La stessa situazione è venuta a crearsi fra il Senegal ed il Mali, il Burkina Faso e la Costa d’Avorio. Noi abbiamo una mobilità subregionale che è transfrontaliera. Vi sono scambi commerciali e culturali, pratiche pastorali legate agli spostamenti del gregge, la necessità di ricerca di benessere nei territori vicini. Osservando il lato occidentale dell’Africa, in cui le popolazioni non hanno riconosciuto le pratiche di frontiera, è possibile rintracciare la continuità dei nomi di famiglia come il mio: Ndyae in Senegal, Nja in Mali. Le popolazioni non si sono poste in contrapposizione, ma hanno creato dei sistemi di equivalenza. Le frontiere non sono state un ostacolo alla comunicazione, bensì uno strumento per creare ponti di scambio, malgrado il tentativo, delle potenze coloniali, di spezzarli.

La maggior parte degli africani sono obbligati a rimanere in Africa, in quanto l’essenziale delle loro attività economiche sono basate sull’agricoltura e sul settore informale. L’essenziale si trova in questi territori, ma apparteneva a Spagna, Italia, Francia. Le persone sono state attirate involontariamente a causa delle economie europee. All’indomani delle guerre mondiali la Francia aveva bisogno di mano d’opera per costruire la sua economia condivisa da tutti. I senegalesi partivano senza visto, partivano e tornavano più volte. In seguito alle prime crisi economiche le potenze europee hanno iniziato a bloccare le migrazioni.Il numero di senegalesi presenti in Costa d’Avorio e in Gambia è superiore al numero totale di senegalesi che si trovano in Spagna, Italia, Francia e Stati Uniti.

E’ incredibile. Con il discorso ideologico e la campagna razzista e xenofoba si dice che invadono il globo, “gli africani arrivano, sono tutti qui!”. Tuttavia, quando si vede un africano intellettuale, quest’ultimo viene accettato, a condizione che resti nel paese di destinazione per lavorare. Il 23% dei medici senegalesi è emigrato nei paesi europei. 200 000 medici e infermieri ghanesi si trovano negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

E’ incredibile. Quando gli europei parlano di immigrati, non parlano dei professionisti che lavorano per loro. Parlano di 50, 200, 1000, 2000 persone che vivono lì con difficoltà sociali, quando il fatto più importante per noi si verifica a livello subregionale. Prendiamo ad esempio la Costa d’Avorio. Se in quel paese si verifica una guerra, non si tratterà di 500 – 1000 senegalesi. 500 – 1000 è il numero di senegalesi presenti in Spagna e Italia.

Per noi è fondamentale porre l’accento sulla mobilità in Africa, è d’importanza prioritaria. E’ considerevole quello che sta succedendo in Francia, Italia, Spagna, Stati Uniti, in quanto i senegalesi e i cittadini europei dovrebbero avere gli stessi diritti. Tuttavia ciò che ha maggior rilevanza, per volume e importanza del dato, è che il 65% di tutti i movimenti migratori africani si svolgono all’interno del continente africano e più del 70% di questi ha luogo nell’Africa occidentale.

Se si tiene conto dell’emigrazione economica, professionale e dei rifugiati emerge che più del 90% dell’insieme delle dinamiche migratorie africane sono all’interno dell’Africa.

Il dibattito ideologico viene portato avanti da radio e televisioni che mostrano un senegalese, un malese, un guineano ed esclamano: “Oh, gli africani, sono dei balordi, vengono qui per uccidere”. Secondo me questo è razzismo, è xenofobia. Se i medici senegalesi operano nessuno dice niente, se un medico senegalese opera uno statunitense o un canadese, questi ultimi si complimentano. Ancora più grave è che l’Europa abbia preso le competenze migliori.

La cosa più importante è che l’Europa ratifichi la Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1990) e che i paesi africani rispettino i diritti dei migranti. Berlusconi, Sarkozy è necessario che la rispettino, così come negli altri continenti, per poter avere una situazione equilibrata. E’ necessario che si comprenda che la maggior parte delle migrazioni africane avviene in Africa, il numero più rilevante dei profughi africani si trova qui.

Ciò che ci interessa è che in tutto il mondo, in Italia, Spagna, Francia, venga difesa la libertà di circolazione, poiché il mondo appartiene a tutti.

Quando i francesi vengono qui, non hanno bisogno di un visto. Bisogna rompere le frontiere. Bisogna sventrare le frontiere. Bisogna fracassare le frontiere. E, partendo dalle frontiere, ricostruire un altro universo in cui ciascun essere umano sia rispettato nella propria dignità e cultura.
E’ di fondamentale importanza per gli africani che si trovano all’estero essere tutelati dalla Convenzione suddetta in cui si garantisce la protezione sociale ai sans papiers . E’ necessario che gli europei la applichino.

Penso che uno dei problemi più gravi per noi, in Africa, sia che le nuove politiche migratorie europee parlino di “invasione”. Questo ha permesso la creazione di Frontex [6], lo sbarramento del mare, lo sbarramento della terra, lo sbarramento del deserto, i controlli biometrici per ottenere il visto, il pagamento di denaro, file, code, attese, controlli, richieste.

Se si tratta di persone “qualificate” [che emigrano], l’Europa non ha pagato per la nostra formazione, la Francia non ha pagato nulla per l’educazione (diploma, laurea, dottorato), ma a loro spetteranno le competenze. Credo che il più pesante problema nella legislazione europea sia che blocca il diritto alla mobilità per la maggioranza e offre a una piccola minoranza, formata e qualificata, la possibilità di andare lì. Ciò significa generare brain drain. Significa anche indebolire i servizi pubblici di sanità [presso i paesi di provenienza] che si trovano privati dei medici, infermieri, personale, in quanto sono tutti andati all’estero.

Per me l’essenziale delle migrazioni si trova qui. Altrove ci sono dei migranti, ma hanno meno rilevanza rispetto a qui. Bisogna rispettare la libertà di circolazione per tutti e assicurare la protezione dei diritti di migranti, donne e bambini migranti, donne che svolgono servizi domestici cui non è riconosciuta la protezione sociale, il diritto alla salute.

La direttiva europea di ritorno [7] è una direttiva che non riconosce i diritti, che espelle, rimpatria, respinge e che all’interno dei centri di detenzione genera delle condizioni che violano il rispetto della dignità della persona.

L’emigrazione è un’occasione, un’opportunità straordinaria per arricchirsi della diversità, poiché la diversità è la forza motrice della storia. Non è l’omogeneità il suo motore. La diversità è la forza motrice della storia poiché il mondo è fondato sulla diversità.

Quali sono, secondo lei, le concrete possibilità della Carta dei Migranti [8] in un sistema economico capitalista che si basa sullo sfruttamento sistematico delle risorse, che quindi genera migrazioni e sfrutta il lavoro irregolare dei migranti per continuare a crescere.

Per molto tempo i migranti sono stati passivi. Sono stati oggetto di riflessione, mai attori delle riflessioni. I discorsi dei migranti non sono stati fondati sul principio e la finalità di questo orientamento, bensì sul rifiuto “No … denunciamo … denunciamo le violenze”. Fino ad oggi non è stato possibile per i migranti possedere delle referenze che servissero da arma teorica, critica e strategica. La Carta è uno strumento che funge da arma teorica, critica e strategica.

Perché dico arma teorica? Perché il processo che i migranti hanno attraversato sta portando alla produzione di un documento che si fonda su dei principi, come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) [9], come il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966) [10] e tutte le altre convenzioni internazionali. La Carta verrà redatta dai migranti a partire dai loro vissuti, esperienze, difficoltà, immaginario e prospettive. Io credo costituisca una grande novità il processo interattivo, partecipativo [della Carta], così come il fatto che sia aperto a tutti i continenti.

Gli altri strumenti sono stati elaborati sui migranti, senza la partecipazione dei migranti. Il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966) offre dei diritti al migrante, la Convenzione del 1990 [11] offre dei diritti al lavoratore migrante e alla sua famiglia, la Convenzione sulla protezione sociale che l’ha succeduta offre delle tutele, tuttavia i migranti non hanno preso parte alla redazione delle convenzioni.

Oggi vi è la partecipazione dei migranti e il modo per riformulare le rivendicazioni sotto forma di principi, visioni, poiché è la visione che rende possibile la durata. L’assenza di una visione vi impegna per un anno. La visione impegna per tre, quattro, cinque, dieci, decine di anni e noi ci stiamo organizzando per realizzare questa visione e lavorare per essa. Quindi la Carta, oggi, permette a un insieme di migranti di costruire una propria visione sui loro diritti e doveri.
E’ una possibilità storica. E’ magnifico che venga redatta a Gorée che è il luogo in cui sono stati negati i diritti della persona umana [12]. Andare a Gorée è come prendere la Bastiglia per la seconda volta. E’ un rovesciamento per ripensare a una cittadinanza alternativa e solidale, a Gorée, riprendendo il filo rosso della storia tragica della schiavitù, per restituire un altro senso alla vita e alle relazioni umane.

Il lato straordinario di questa Carta è che tutti verranno a Gorée per essere testimoni di questo momento di ricostruzione e di ricostituzione delle linee storiche che hanno schernito la dignità, ma che, proprio a partire dagli attuali diritti violati dei migranti, permette di conciliare un altro modo di considerare la storia umana e un’altra maniera di considerare la protezione dell’essere umano.

Dopo la [scrittura della] Carta inizia un’altra sfida. Quella della diffusione, monitoraggio, condivisione, lobby, perché al momento non abbiamo queste forze, rivendicazioni e istanze. Per esempio oggi dobbiamo diffondere la Carta a livello di ECOWAS, di UEMOA [13], di Unione Africana, di Parlamenti, Corte di Giustizia, è necessario andare a Strasburgo per farla conoscere, a Bruxelles, a New York a La Paz. Bisogna creare dei ponti fra tutte le persone che difendono la dignità dell’essere umano, questa è la grande sfida della Carta.

La prima fase ha avuto inizio nel 2006 e ha dato l’avvio a un processo mondiale. La seconda fase restituisce a Gorée un’altra immagine. Non più quella di un viaggio senza ritorno, ma il ritorno a un nuovo tipo di viaggio. Un viaggio solidale.

Sono importanti le relazioni umane gemelle, in quanto servono a riconoscere che la mobilità forzata da Gorée è stata una mobilità che annullava la dignità delle persone. Oggi noi ricostruiamo le fondamenta per una nuova forma di mobilità che riconosce il diritto a muoversi, il rispetto alla mobilità, il rispetto delle persone che la vivono. A Gorée noi speriamo di poter costruire dei ponti fra tutte le civilizzazioni.

Una volta chiesi a un medico europeo: “quando operi un bianco e quando operi un nero, cosa vedi?”. Lui mi rispose: “non c’è differenza, la struttura interna è la stessa”. E’ questo il messaggio di Gorée, cioè che il migrante deve essere rispettato, ma, dietro al migrante, anche la sua famiglia, l’essere umano, poiché tutti devono poter beneficiare del rispetto. Questo è l’aspetto più difficile.
Parlare, parlare, confrontarsi, collera diplomatica, ci devono essere collere costruttive. La sentenza è una collera che permette all’altro di comprendere, non una collera che rifiuta, ma che permette all’altro di rendersi conto dell’assurdità della xenofobia e del razzismo. La Carta permette questo.

Durante la riunione svoltasi a Malika [14] lei ha proposto una nuova visione del mondo articolata su tre livelli (responsabilità individuale, movimenti sociali, partiti politici) in cui la criticità e la consapevolezza devono essere presenti ad ogni passaggio. Quale è il ruolo della Storia per la costruzione di questa visione e, in particolare, in relazione ai processi migratori?

Io credo che i partiti politici abbiano un grande ruolo da giocare, poiché si tratta di un ruolo di presa di potere. Anche i movimenti sociali hanno un ruolo da giocare ed è quello di contribuire alla presa di potere. Tuttavia vi è un altro ruolo, di maggiore importanza, ed è quello di nutrire la gestione del potere.

L’altro giorno qualcuno mi ha detto: “il movimento sociale dribbla, fa un passo e i partiti politici lo marcano”. Questa è la regola, ma non sempre è così. Il movimento sociale dribbla, fa un passo, il partito politico tira e marca, ma quando l’arbitro fischia, alla fine, il movimento sociale solleva la mano e il partito politico segue facendo lo stesso. Ciò significa che noi siamo un contro-potere e costituiamo un pensiero per l’agenda dei governi dei diversi paesi. I partiti politici sono obnubilati dal potere, i movimenti sociali sono obnubilati dalla contestazione alternativa.
Come può una società capitalistica, che produce le disuguaglianze, riuscire allo stesso tempo a costruire dei diritti? Si tratta della stessa dinamica.

Siamo nati in una società capitalista, dove esiste un dominio imperialista, ma il movimento sociale è, come ho detto a Malika, un pensiero critico in movimento, la dialettica della relazione fra pensiero critico e movimento. La sua funzione principale è quella di interessarsi al vissuto della popolazione e incontrare l’azione diretta di ricerca di potere attraverso i partiti politici. Tuttavia il movimento sociale non si mette d’accordo solo attraverso il rispetto dell’agenda dei movimenti sociali da parte dei partiti politici.

Dunque, per me, il senso della Storia è che c’è una storia che è una storia costruita. Non esiste una storia che si colloca nella funzione della dinamica di articolazione fra movimento sociale e partiti politici. Esiste una storia prodotta dall’articolazione fra movimento politico e movimento sociale, ma è prodotta dalle dinamiche dei movimenti sociali.

I movimenti sociali creano la storia allo stesso modo dei partiti politici, ma al suo interno uomini, donne, bambini e comunità partecipano a fare la Storia. Esiste quindi una pluralità di storie, non una storia unica. Proprio per questo motivo la cittadinanza ha una dimensione importante che rende il dato storico non riducibile a una unica storia. Proprio poiché esistono più storie si verifica una fecondazione dell’insieme delle visioni e delle azioni che producono risultati sia in termini di presa di potere, sia per quanto riguarda il rispetto e l’integrazione dei popoli.

La Storia non esiste prima, non “pre-esiste”, ma “esiste dopo”. Dunque, in ragione del fatto che non esiste una storia unica, non è possibile declinare un’unica storia, ma più storie, poiché le nature sono differenti. Il ruolo della Storia oggi è quello di essere il momento in cui si decostruisce la società, nella quale noi viviamo queste disuguaglianze sociali, decostruire le disparità sociali che fondano e perpetuano la dinamica storica.

Arriviamo a una nuova concezione, che la storia della società e la storia delle lotte dei popoli, di ogni massa, comunità , movimento possiede una propria storia. La dinamica d’insieme delle storie è una dinamica che fonda l’azione critica e che nutre il pensiero dei movimenti sociali.
Sebbene il partito politico sia omogeneo nella sua struttura, sebbene sia fondato sul centralismo democratico e renda possibile l’esistenza di tendenze contrarie, la sinistra europea è attualmente disorganizzata, c’è una sorta di potere gerarchico che pesa e che limita l’esistenza delle storie plurali. Il pericolo dei paesi che l’hanno conosciuta all’epoca è esistito perché si pensava che esistesse un’unica storia ed è rischioso. Equivale a sostenere che esista un solo modo di guardare il mondo, ed è molto rischioso. Alla luce di queste considerazioni emerge l’importanza del movimento sociale.

All’interno di questa dinamica abbiamo l’opportunità storica di avere, al margine dei partiti politici, dei quadri che sono in movimento, che contestano le fondamenta della società. E’ un’opportunità per i partiti politici, ma è anche un’occasione per la cittadinanza di vedere uomini e donne in grado di impegnarsi in ambiti di riflessione e di azione. Nei movimenti sociali troviamo un numero sempre maggiore di donne e uomini qualificati, capaci di una riflessione altra, che portano avanti sperimentazioni alternative e danno un altro senso alla storia.

La storia pensata e vissuta dalle potenze capitaliste e neoliberali è la storia del successo del capitale e della finanza. Oggi le storie vissute dal movimento sociale configurano una storia di vittorie e sconfitte nel tentativo di cambiare la società, di trasformare i rapporti sociali. Qual è la scienza che se ne deve occupare? E’ la scienza della Storia. Questa Storia, amici miei, è lei che permette il dialogo politico e dice: “Attenzione. Nelle vostre agende non potete continuare a estrarre petrolio, dal momento che noi abbiamo il solare” , perché il solare è stato pensato dai movimenti sociali, come alternativo al petrolio, ad alcune forme di degradazione.

Noi abbiamo l’opportunità delle pluralità, è questa che dona il senso alla storia voluta dalle potenze coloniali, liberali, neoliberali, capitaliste e imperialiste. Si deve arrivare a questa visione unica della storia per promuovere una pluralità di visioni sulla Storia e, per conseguenza, perché emerga la pluralità delle storie.

Note :

[1] La partecipazione alla discussione della Carta dei Migranti (3-4 febbraio 2011, Gorée, Senegal) e al successivo Forum Sociale Mondiale (6-11 febbraio 2011, Dakar, Senegal), la conoscenza di Badara Ndyae e quindi la presente intervista non sarebbero stati possibili senza l’intervento e la costante presenza di Davide Marino. Residente a Dakar da alcuni mesi, per svolgere le ricerche relative ai suoi studi in discipline demoetnoantropologiche, ha creato le condizioni necessarie per stabilire un contatto con Badara Ndyae e, per tradurne i pensieri in parole comprensibili all’interlocutore (al di là di una meccanica traduzione) sia al momento dell’intervista che successivamente, durante la restituzione al codice scritto e in lingua italiana del dialogo condiviso. Per il suo positivo e indispensabile sostegno gli esprimo in questa sede tutta la mia riconoscenza.

[2] [url”http://www.endadiapol.org/”]http://www.endadiapol.org/[/url]

[3] Redatta dall’ONU, adottata il 18 dicembre 1990, è entrata in vigore l’1 luglio 2003. Per leggere il testo: [url”Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1990)”]http://unipd-centrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/Convenzione-internazionale-sulla-protezione-dei-diritti-di-tutti-i-lavoratori-migranti-e-dei-membri-delle-loro-famiglie-1990/34[/url].

[4] La CEDEAO (Communauté Économique Des États de l”Afrique de l”Ouest) viene fondata a Lagos (Nigeria) nel 1975. L’obiettivo principale è la cooperazione e promozione dello sviluppo economico degli stati aderenti: Benin, Burkina Faso, Capo Verde (a partire dal 1977), Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea Bissau, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Togo. Dal 1999 i sedici paesi membri costituiscono un’area di libero scambio per i loro prodotti.

[5] L’ECOWAS (The Economic Community Of West African States)nasce dall’intenzione di creare un’unione monetaria fra i paesi non-CFA (la Communauté Financière Africaine comprende i paesi dell’area occidentale del continente la cui moneta è il franco). L’idea viene proposta nel 2000 (20 aprile) ad Accra (Ghana) dai leaders di sei paesi dell’Africa occidentale (Nigeria, Ghana, Guinea, Liberia, Sierra Leone, Gambia) ai quali si aggiungono subito dopo Capo Verde e Mauritania e, quattro anni dopo, gli otto paesi membri del WAEMU (West African Economic and Monetary Union): Benin Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal, Togo. La dichiarazione condivisa da tutti gli Stati membri è : “Member States recognize the need for strong political commitmentand under take to pursue all such National polizie as would facilitate the regional monetary integration process”. P.Masson, C. Pattillo, Monetary Union in West Africa (ECOWAS). Is it desiderable and how could it be achieved?, Occasional paper n. 204, International Monetary Fund, Washington DC 2001, p.1

[6] Frontex (dal francese Frontières extérieures – frontiere esterne -) è l’”Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea” con sede a Varsavia. Istituito con il [url”regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio del 26 ottobre 2004 (GU L 349 del 25.11.2004)”]http://eur-lex.europa.eu/Notice.do?val=391764:cs&lang=it&list=391764:cs,&pos=1&page=1&nbl=1&pgs=10&hwords=European%20Agency%20for%20the%20Management%20of%20Operational%20Cooperation%20at%20the%20External%20Borders%7E[/url], questo organo, indipendente ed autonomo, opera dal 2005 per impedire gli arrivi via mare dei migranti partiti senza regolare visto. L’agenzia ha il fine di coordinare gli sforzi degli Stati membri per la tutela dei confini esterni. [url”http://www.frontex.europa.eu/”]http://www.frontex.europa.eu/[/url] “Frontex ha lavorato attivamente per frenare il flusso di barconi di irregolari provenienti dall’Africa e diretti verso l’UE tramite il coordinamento dei suoi Stati membri, ma è stata efficace più nel contenere il numero di arrivi in Spagna che nel ridurre gli arrivi nel Mediterraneo centrale. Con il sostegno di Frontex, gli arrivi dei barconi di irregolari nelle isole Canarie […]sono scesi del 74 per cento dal 2006 al 2008. Nel frattempo, in Italia, gli arrivi su barconi sono saliti del 64 per cento nello stesso periodo”, Human Rights Watch, Scacciati e schiacciati. L’Italia e il respingimento di migranti e richiedenti asilo. La Libia e il maltrattamento di migranti e richiedenti asilo, HRW, New York 2009, p.31

[7] Norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, Direttiva 2008/115/Ce Del Parlamento Europeo, consultabile e scaricabile all’indirizzo: [url”http://www.meltingpot.org/articolo15031.html”]http://www.meltingpot.org/articolo15031.html[/url]

[8] Il testo della Carta Mondiale dei Migranti è disponibile al sito: [url”http://www.cmmigrants.org/goree/spip.php?article16″]http://www.cmmigrants.org/goree/spip.php?article16[/url]

[9] Redatta dall’ONU e adottata il 10 dicembre 1948. Per leggere il testo: [url”Dichiarazione universale dei diritti umani (1948)”]http://unipd-centrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/Dichiarazione-universale-dei-diritti-umani-1948/9[/url].

[10] Redatta dall’ONU, adottata il 16 dicembre 1966 ed entrata in vigore il 3 gennaio 1976. Per leggere il testo: [url”Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966)”]http://unipd-centrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/Patto-internazionale-sui-diritti-economici-sociali-e-culturali-1966/12[/url].

[11] Redatta dall’ONU, adottata il 18 dicembre 1990, è entrata in vigore l’1 luglio 2003. Per leggere il testo: [url”Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1990)”]http://unipd-centrodirittiumani.it/it/strumenti_internazionali/Convenzione-internazionale-sulla-protezione-dei-diritti-di-tutti-i-lavoratori-migranti-e-dei-membri-delle-loro-famiglie-1990/34[/url].

[12] L’isola è un luogo impregnato di storia in cui, fino al 1848, milioni di uomini sono stati umiliati, incatenati, imprigionati e portati come schiavi nelle Americhe.

[13] L’UEMOA (Union Economique et Monétaire Ouest Africaine) nasce l’11 gennaio 2004 a Dakar (Senegal) e comprende otto Paesi dell’Africa occidentale : Benin, Burkina Faso, Costa d”Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal, Togo. I principali obiettivi dell’Unione sono 5 : 1) rafforzare le competitività delle attività economiche e finanziarie degli Stati membri nell”ambito di un mercato aperto e concorrenziale e di un ambiente giuridico razionalizzato e armonizzato; 2) assicurare la convergenza delle performance e delle politiche macro-economiche degli Stati membri attraverso l”istituzione di una procedura di sorveglianza multilaterale, 3) creare tra gli Stati membri un mercato comune basato sulla libera circolazione delle persone, dei beni e dei capitali; sul diritto di stabilimento delle persone salariate o che esercitano una libera professione, nonché su una tariffa esterna comune ed un apolitica commerciale comune; 4) istituire un coordinamento delle politiche settoriali nazionali attraverso la messa in opera di azioni e politiche comuni, soprattutto nei seguenti settori: gestione del territorio comune, agricoltura, ambiente, trasporti, infrastrutture, telecomunicazioni, risorse umane, energia, industria, settore minerario, artigianato; 5) armonizzare le legislazioni degli Stati membri, in particolare le politiche fiscali. [url”http://www.assafrica.it/documents/UEMOA.htm”]http://www.assafrica.it/documents/UEMOA.htm[/url]

[14] Malika è una zona periferica di Dakar. L’assemblea che si è svolta il 30 gennaio 2011 ha avuto come tema centrale la partecipazione dei movimenti sociali locali, in particolare composti da donne, al Forum Sociale Mondiale che si è svolto, con atelièrs paralleli, anche al di fuori dell’UCAD (Université Cheikh Anta Diop) di Dakar.

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