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'L''ultimo giovane maschio del villaggio'

Eppure il vero quadro ha poco di moralistico. C’è un pianeta che è stato unificato al prezzo della sua devastazione. [Miguel Martinez]

'L''ultimo giovane maschio del villaggio'
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11 Gennaio 2017 - 12.39


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di Miguel Martinez

Il sito di The Guardian riporta una delle grandi interviste della storia.

È con [url”Goundo Wandianga”]http://www.theguardian.com/world/2017/jan/09/dreaming-of-europe-the-last-young-man-left-in-a-senegalese-village[/url], l’ultimo giovane maschio rimasto in un tipico villaggio del Senegal, seduto su un copertone, perfetto simbolo del grande agitarsi del mondo che finisce in discarica.

Indossa jeans con regolamentare buco ad altezza ginocchio e maglietta, sullo sfondo alcune capanne di argilla e paglia.

Tutti gli altri sono partiti, “Barça ou Barzakh”, “Barcellona o Morte”, rischiando la vita per mari e deserti, per poter arrivare in Europa. Paradossalmente, si spende di più per pagare i viaggi dei figli in Europa, di quanto ritorni nei villaggi sotto forme di rimesse (pensiamo alle dimensioni economiche dell’industria delle migrazioni…).

Spiega il responsabile regionale di quello che si chiama pittorescamente lo sviluppo:

“nei villaggi, restano solo gli anziani, le donne e i bambini. Non ci sono giovani, perché non c’è nulla che li trattenga. Non c’è nulla che un giovane maschio possa fare, nemmeno per comprarsi una tazza di tè o una sigaretta. E non c’è una famiglia che voglia che i suoi figli rimangano.”

Non c’è nulla che si possa fare, per due motivi.

Il primo è che i prezzi delle derrate alimentari sono così bassi, che l’agricoltura non può più dare un reddito; il secondo è che il degrado del suolo e la siccità legata al cambiamento climatico la renderebbero comunque impraticabile.

Da una parte, la [url”Roba che trabocca”]http://kelebeklerblog.com/2016/04/01/la-goccia-dacqua-e-il-carrello-carico-di-roba/[/url] non si limita ai vestiti di plastica, ma invade tutto l’immenso campo dell’agricoltura industriale, che nel Senegal ha trovato storicamente una delle sue più grandi e criminali fabbriche (rileggere Voyage au bout de la nuit).

Dall’altra, proprio questo meccanismo dell’apparente abbondanza mina la sopravvivenza della vita stessa.

Ora, il Senegal è uno dei paesi più stabili dell’Africa.

Se capiamo perché persino lì, tutti i giovani maschi se ne vanno, capiremo perché il “Terzo Mondo” rischia di fare la fine dei villaggi di montagna dell’Italia: il Molise oggi ha meno abitanti di quanti ne avesse nel 1861.

Solo che i nostri villaggi di montagna si sono svuotati con un futuro immaginario davanti: tutto il continente delle Americhe da saccheggiare, o almeno una civiltà industriale da creare in pianura.

Per capire quello che attende i giovani maschi di oggi, faccio un giro mentale tra i nostri senegalesi. Eccoveli…

C’è il posteggiatore abusivo di una certa età (l’altro giorno aveva steso un cartone tra le auto per pregare).

C’è Magoro che vende fazzolettini davanti al supermercatino e Bakari che li vende davanti al fornaio (Bakari fa anche da meteorologo predicendo alle signore se domani pioverà o no).

C’è Fatouma, che lavora saltuariamente facendo le pulizie nelle case, suo marito è disoccupato più o meno da sempre e si cerca tutti di dare una mano al loro figlio.

C’è Ali, che mentre scappava dai vigili con le borse Gucci contraffatte sottobraccio ha conosciuto una ragazza italiana, e adesso hanno un figlio. Ali ora fa il meccanico in una piccola officina.

Ah, e c’è anche un senegalese che ha avuto un po’ di successo, prima mondano e poi mediatico, facendo il Negro Immagine in un locale notturno dove spacciava cocaina e finendo per ammazzare una ragazza americana in un integrato impeto di movida fiorentina.

L’elenco è significativo.

Tolto l’ultimo personaggio, si tratta decisamente di brava gente, che non ha problemi con gli autoctoni. Anzi, contribuiscono a salvaguardare il carattere popolare del rione.

Ma con un’eccezione, campano di espedienti di dubbia legalità (che poi dipendono tutti esclusivamente da [url”un sistema basato sui contanti”]http://www.theguardian.com/cities/2017/jan/09/rise-cashless-city-contactless-payments-exclusion-cashfree-society[/url] che ovunque si cercano di far scomparire). E non brilla nemmeno la stella dei meccanici artigiani, a pensarci.

Noi tendiamo a pensare a queste cose in maniera episodica.

Pensiamo che ci sia una guerra localizzata nella Siria che secondo i punti di vista genera bambini in fuga oppure terribili Terroristi Islamici (che poi hanno fatto appena [url”17 azioni in un anno”]http://kelebeklerblog.com/2016/12/31/buon-anno/[/url] in un continente delle dimensioni dell’Europa).

Oppure pensiamo che ci sia qualche altro fatto qua e là che porta alcuni a cercare di venire in Europa, e anche lì i pareri si dividono moralisticamente tra chi li vede come delinquenti invasori e chi li vede come futuri imprenditori che già da oggi ci aiutano a pagare le pensioni.

Eppure il vero quadro ha poco di moralistico.

C’è un pianeta che è stato unificato al prezzo della sua devastazione.

La maggior parte degli abitanti di quel pianeta si appresta ad andarsene da luoghi ormai invivibili, per concentrarsi in pochi luoghi urbani: alcune megalopoli asiatiche e la megalopoli sconfinata del cosiddetto “Occidente”.

Questo però avviene quando, per la prima volta nella storia, le braccia umane non servono quasi più e non è rimasto un angolo libero del pianeta da sfruttare.

(11 gennaio 2017)

[url”Link articolo”]http://kelebeklerblog.com/2017/01/11/lultimo-giovane-maschio-del-villaggio/[/url] © Miguel Martinez.

Infografica: nella foto, non si vede l’oggetto più importante: il telefonino con cui Goundo Wandianga si tiene in costante attività planetaria su Facebook.

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