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di Nina Lepori.
AMBURGO – Lampedusa auf St. Pauli, il film documentario del regista Rasmus Gerlach, in concorso nella categoria “film politico” al 
“Filmfestival Hamburg 2013†e presentato oggi in prima visione, racconta
 la vicenda di 80 rifugiati africani che, partiti da Lampedusa con visto
 da turisti, rilasciato dalle autorità italiane, e giunti ad Amburgo nel
 giugno di quest”anno, hanno trovato alloggio nella chiesa di S.Pauli, riuscendo a contare sulla solidarietà e il sostegno di molti degli abitanti del 
quartiere.
Lampedusanktpauli from Rasmus Gerlach on Vimeo.
Una chiesa diventa un campo di accoglienza “della speranza”, 
punto di raccolta di vestiario, viveri, oggetti di ogni genere e, 
soprattutto, volontari, che mettono a disposizione il loro tempo per 
organizzare al meglio la vita dei rifugiati. Perfino il FC S.Pauli (la squadra di calcio del quartiere, che milita nella Zweite Liga, la “serie B” germanica, ndr) ha 
donato T-shirts e coperte, e l”amicizia con la squadra amburghese di 
calcio ha portato alla formazione di una squadra dei rifugiati, il 
“Lampedusa FC”, con la quale sono state giocate alcune amichevoli.
 Tutto questo va avanti da mesi, mentre l”amministrazione della città è 
completamente assente e sulle sorti dei rifugiati si attende la 
decisione del Senato, che vorrebbe rispedirli in Italia.
 Nel frattempo, alcuni dei visti turistici temporanei italiani sono 
scaduti e alcuni dei rifugiati, che provengono da diversi paesi 
africani, soprattutto dal Ghana e dal Mali, sono divenuti [b]“illegali”[/b]:
 in teoria la polizia potrebbe arrestare coloro che non sono in possesso
 di un visto regolare, quando si trovano fuori dalla chiesa. Per questo 
il Pastore Wilm, che dà accoglienza ai rifugiati, ha distribuito loro 
dei “Pass della Chiesa”, schede con un timbro rosso della sua 
parrocchia. Su ciascuna delle schede viene riportato il nome e il numero
 di “Ospite” della chiesa, in modo che i rifugiati possano dichiararsi 
appartenenti alla comunità degli africani alloggiati nella chiesa. Tutto
 questo riguarda solo 80 uomini sui 300 arrivati in città (di più la 
chiesa non poteva accogliere). I restanti sono stati divisi in piccoli 
gruppi segretamente registrati in altre comunità o presso delle moschee.
“Non avevamo intenzione di venire in questo paese, ma credevamo che per i
 tedeschi i diritti umani contassero ancora qualcosa. Per esempio, il 
diritto al lavoro, in modo tale che non sia necessario andare in giro 
come un mendicante. Ma questa si è rivelata essere un”illusione. Non 
potevamo lavorare qui, e questo significa che non potevamo procurarci il
 cibo, dovevamo sperare nell’aiuto che non è mai arrivato. Finchè a St. 
Pauli qualcuno ci ha aperto la porta.”
 Ora, ognuno ha un materasso e
 un cuscino e una coperta. Un pezzo di pavimento della chiesa su cui 
dormire e un tetto sopra la testa. Da sopra l’altare il Cristo 
crocifisso guarda giù, su di loro, 40 musulmani e 40 cristiani.
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