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Compagno Manifesto: quanto ti va che da oggi 4 anni e mezzo di guerra e 220mila morti in Siria siano rimpiazzati da eleganti discussioni di ermeneutica giornalistico-fotografica?

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3 Settembre 2015 - 13.02


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di Renato R. Rallo.

Parliamoci chiaro,
compagno Manifesto: quanto sei contento che da oggi 4 anni e mezzo di
guerra e 220mila morti in Siria verranno rimpiazzati da elegantissime
discussioni di ermeneutica giornalistico-fotografica?


Lo anticipo subito: saranno giorni
intensi, in cui si parlerà senza sosta di quell’opera d’arte
riproducibilissima, di quell’inchiostro a colori su carta riciclata. E
loro diranno che non è bello mettere certe foto in faccia alla gente
perbene, che almeno si mettano in seconda o in quarta pagina, e tu dirai
che è proprio lì il coraggio, né in seconda né in quarta ma in
primissima, mentre alcuni eroi sosterranno che quella foto la dobbiamo
ingrandire e appendere in cameretta, e altri campioni sensibilissimi
grideranno “giammai!”. E intanto la Siria muore.


Se posso permettermi, peccato soltanto
per alcuni aspetti. Peccato che non ci si chieda più il perché delle
cose: così come piove o c’è vento, ormai prendiamo atto che nel
pomeriggio potrebbero verificarsi rovesci di imbarcazioni piene di
profughi. Siamo così presi dal desiderio di mostrarci compassionevoli,
che non abbiamo neanche il tempo di chiedere che fine ha fatto la loro
famiglia, sotto quali bombe è crollata la loro casa, se possiamo fare
qualcosa per ricostruirla. Peccato per questo imbarbarimento del
pubblico dietro il paravento di un impegno civile fieramente
sentimentale ed irrazionale. Peccato perché un giornale dovrebbe proprio
aiutare i lettori ad unire i pezzi del puzzle che li circonda, e non
contribuire a smembrarlo e a mostrarne solo i frammenti più
sensazionali. Peccato perché ciò contribuisce alla depoliticizzazione
della politica, e alla fine, nell’arretramento di rivendicazioni da
parte della ‘sinistra radicale’, la giustizia sociale viene sempre più
spesso sostituita dall’elemosina. E quindi secondo te i bambini siriani
ormai hanno diritto solo a non annegare mentre vengono sbattuti in giro
per il mondo. Del diritto di crescere degnamente nella loro patria,
libera e sovrana, non se ne parla nemmeno. Peccato, compagno Manifesto.

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