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Si assesti un duro colpo!

Non ci si scaldi troppo per il successo delle Le Pen; si cade così nella trappola della democrazia all’americana. Bisogna liberarsene.

Si assesti un duro colpo!
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9 Dicembre 2015 - 08.58


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di Gianfranco La Grassa

Le elezioni in Francia, e per certi versi anche quelle in Venezuela, hanno inferto un duro colpo alla “sinistra” – da decenni presuntuosa e rimbambita – del “politicamente corretto”, dell’ipocrisia “buonista”, del “siamo i migliori” (anzi gli unici). E’ una buona cosa, e tuttavia mi sembra che i sostenitori della “destra radicale” siano troppo facilmente entusiasti e si sentano quasi vincitori storicamente definitivi. Non è così. Ci si potrà stordire con il fatto che tra i giovani (direi giovanissimi), i lepenisti sono in netta maggioranza. Tuttavia, la giovinezza è una “malattia” molto breve e che lascia spesso uno strascico di vero conservatorismo; e oggi quest’ultimo è precisamente rappresentato dagli “altri”, che vengono etichettati “destra” e “sinistra”. Non che non ci siano delle ragioni per questa etichettatura, ma non certo quelle che un tempo facevano della prima un agglomerato detto reazionario e della seconda quello detto progressista. Il sedicente progressismo della “sinistra” attuale serve solo a creare una massa inebetita, solida base di un democraticismo che ormai serve solo alla predominanza degli Usa.

La “sinistra” francese sembra avere subito un duro colpo, in termini di voti presi, ma si appresta a ritirarsi in una serie di aree elettorali; per cui, nel ballottaggio, il successo del FN potrebbe essere alla fin fine assai drasticamente ridimensionato quale conquista del potere in alcuni apparati amministrativi “pubblici”, sia pure a livello regionale. Vi è poi un più sottile processo che potrebbe mettersi in moto. Per ottenere la più larga estensione elettorale possibile, è facile che il FN prosegua quello che è stato il suo percorso in questi ultimi anni. Non mi riferisco all’ammorbidimento di certe tematiche che potevano impressionare qualcuno in termini di fascismo; vi è proprio stata una certa attitudine ad aderire all’ideologia democraticistica, propagandata con particolare vigore dagli Usa e che questi portano in giro per il mondo – anche a suon di guerre e massacri vari – come maschera della loro prepotenza e volontà di predominio assoluto. E questo si è verificato soprattutto negli ultimi 70 anni, che hanno infatti visto la progressiva estensione e accentuazione del servaggio europeo nei confronti della potenza d’oltreoceano.

La democrazia all’americana è un semplice e schematico sondaggio d’opinione, in cui si tratta solitamente di rispondere sì o no a poche semplici domande su questioni che tutto toccano salvo il reale potere dei grandi centri strategici, che si battono tra loro con ben altri mezzi e massima incisività (magari anche con il metodo dell’assassinio se occorre). Non è un caso che l’opinione “pubblica” muti d’accento con una certa facilità e frequenza; ne vengono premiati ora questi ora quelli fra i cosiddetti partiti, vere accozzaglie informi dirette da manigoldi, che rappresentano la copertura e la maschera “pubblicitaria” dei suddetti centri strategici, i reali poteri da cui si irradiano poi le principali decisioni, molto spesso ignote al “popolo” o comunque assai differenti da quelle su cui si era svolto il sondaggio. Non vi è dubbio che una simile “democrazia” presenta alcuni svantaggi in fatto di celerità ed efficacia delle decisioni, poiché a volte bisogna avvolgere queste ultime in una “bella confezione” in grado di meglio ingannare, compiacendo, i cittadini elettori.

In ogni caso, chi alla fine si adatta a questi strumenti “democratici” dei centri di potere effettivi, credendo di poter fare così ad essi concorrenza, rischia alla fine di trovarsi con il classico pugno di mosche in mano. O ci si rassegna infine a stabilire, per vie sotterranee, contatti e servigi con detti centri oppure si rischia la progressiva perdita di smalto e il decadere verso una situazione di scarsa presa sull’elettorato, distratto da altri inganni più sottili e attraenti. E tanto più questo può accadere quando un movimento politico è giovanile, pieno di forze, attorniato però da una massa conservatrice che si divide in schieramenti contrapposti capaci di far infine fronte comune, magari in modo ancora più o meno parzialmente mascherato, contro quello che verrà indicato, urlando e infondendo paura, come pericolo di sprofondamento del paese verso “avventure pericolose” (magari il solito fascismo alle porte). In Francia, la “sinistra” (fortemente sconfitta nel voto) sembra già buttare la maschera e invitare di fatto ad unirsi alla “destra” contro il pericolo incombente. La “destra” (di Sarkozy) sembra più restia a tale comportamento, ma starei attento al risultato finale dell’intera pantomima.

Quello che effettivamente resta delle elezioni francesi (per il Venezuela il discorso è comunque in buona parte diverso) è il segnale di un profondo disagio, in fondo abbastanza generale, in Europa; pur se non si esprime dappertutto negli stessi termini e vede troppo spesso i paesi europei l’uno contro l’altro o comunque assai poco uniti. Proprio per questo, gli Usa hanno scelto negli ultimi anni la cosiddetta strategia del caos, mettendo in grande subbuglio una serie di paesi e aree tutt’intorno all’Europa; e che spesso fanno (o si pretende che facciano) da diaframma tra quest’ultima e la Russia. Sarebbe quindi necessario che i sintomi di malessere e disagio, che sono l’indicazione più propria delle elezioni francesi, venissero presi in carico da un ben diverso movimento, capace di lasciare completamente da parte gli intenti di “democrazia all’americana”. E’ proprio contro gli Stati Uniti e la dipendenza da essi che si dovrebbe dirigere tale movimento. Non però inseguendo – ed esaltandosi per – i successi elettorali. Quest’esaltazione maschera una debolezza di fondo: quella “democraticistica”, quella dei sondaggi d’opinione, nei quali alla fine rischia di prevalere la più grande esperienza americana a tal proposito.

Bisogna colpire a fondo, con colpi d’ariete, il coacervo conservatore che si nasconde dietro le schermaglie tra “destra” e “sinistra”. Queste si battono magari pro o contro i matrimoni gay, per il tollerante buonismo o il suo contrario nei confronti degli islamici, e per altre questioni consimili. Intanto passa la subordinazione alle manovre di assoggettamento portate avanti dagli Usa; manovre che vanno da quelle commerciali (come il TTIP) ai colpi di Stato (come in Ucraina) all’utilizzo del terrorismo e ad autentiche manovre belliche come in Medioriente, Africa del nord, ecc. Manovre in cui sempre più vengono coinvolti i propri scherani, cioè appunto le “destre” e “sinistre” democraticistiche europee. Detto sinceramente, non credo che il FN sarà un movimento capace di simile radicalità. Quindi, teniamo le elezioni francesi come un indice del malcontento, delle difficoltà a mantenere situazioni politiche saldamente conservatrici – e dunque di continua soggezione agli americani – in alcuni paesi europei.

C’è però ben altro da fare; non ci si scaldi troppo per il successo delle Le Pen; si cade così nella trappola della democrazia all’americana. Bisogna liberarsene, liberarsi di questa ideologia malsana che ottunde le menti europee da 70 anni in qua. Occorre una minoranza attiva ed energicamente decisa, e decisionale. La situazione di disagio è notevole e crescerà: il disordine e l’avvio, per quanto ancora lento, del multipolarismo non consentiranno di uscire da una lunga onda di sostanziale stagnazione, tra brevi ripresine e ricadute, con nette differenze tra area e area, tra paese e paese. Il conflitto politico internazionale si accentuerà, soprattutto proprio nella nostra area europea e in quelle che la circondano, a sud e ad est. La Russia sembra intenzionata a rafforzarsi; speriamo nulla interrompa questi suoi sforzi. Si stanno creando nuove possibilità in paesi europei.

Bando agli entusiasmi elettoralistici; si cominci a ragionare in termini di rapporti di forza. E si dia espressamente “la caccia” all’immonda “sinistra”, seguita a ruota (ma sempre con risposte “antagonistico-polari” di sostanziale mutuo sostegno) dalla “destra” del tipo di quella francese diretta da Sarkozy. Basta “destre” e “sinistre”. E’ indispensabile una forza “giovane”, robusta, scafata e priva di ogni delicatezza; ferocemente critica – anche nei fatti! – di ogni “democraticismo” imbelle e funzionale ai centri di potere statunitensi.

(8 dicembre 2015)

Gianfranco La Grassa nasce a Conegliano (TV), nel 1935. Dopo gli studi superiori, lavora nell’industria per alcuni anni. Si laurea a Parma (Italia) in Economia con una tesi sulla modellistica di sviluppo e i problemi del dualismo economico. E’ prima assistente e poi docente di Economia nelle Università di Pisa e Venezia fino al 1996. Nei primi anni di Università ha seguito diversi corsi di specializzazione, fra cui quello alla SVIMEZ sui problemi dello sviluppo economico. Nel 1970-71 è a Parigi dove segue Bettelheim, i suoi corsi su Calcolo economico e forme di proprietà e, più in generale, la “scuola” althusseriana. Da molti anni è impegnato in una radicale riformulazione del pensiero di Marx e dunque della teoria della formazione sociale capitalistica. Al suo pensiero e alle sue analisi si ispira il gruppo [url”conflitti e strategie”]http://www.conflittiestrategie.it/[/url]. Numerose sono le sue pubblicazioni, tradotte anche all”estero, ultima in ordine di apparizione: [url”Navigazione a vista”]http://mimesisedizioni.it/navigazione-a-vista.html[/url], per la casa editrice Mimesis (Milano 2015).

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