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Democrazia

Democrazia è una parola che mi piace poco, vista la giusta antipatia che ispira la maggior parte di coloro che la usano in pubblico. Però qualcosa significa [M. Martinez]

Democrazia
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17 Gennaio 2016 - 22.51


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di Miguel Martinez.


Democrazia è una parola che mi piace poco, vista la giusta antipatia che ispira la maggior parte di coloro che la usano in pubblico.


Però qualcosa significa.


La “democrazia” esiste in antitesi a un altro tipo di potere: la “oligarchia”.


La democrazia significa il potere di tanti, che però non hanno mezzi economici, e che si difendono contro il potere di pochi, che invece sono dotati di mezzi economici.


E’ un conflitto continuo, complesso,
incessante, dove si passa facilmente di campo, e che non si risolverà
mai, perché non si risolverà mai il conflitto tra egoismo e solidarietà,
semplicemente perché entrambi fanno parte di quella cosa complessa che
chiamiamo ancora “natura umana”.


Per parlare di “democrazia”, deve esistere un “demos”, diciamo un “popolo”.


Gli enti collettivi – tipo popolo  o italiani – sono sempre un po’ dei fantasmi, però anche gli individui sono fantasmi.
Tutti siamo compenetrati dalla vita che ci circonda, dall’aria che
respiriamo, dai genitori che ci hanno dato la lingua con cui ci
esprimiamo, dai paesaggi in cui cresciamo, e anche dalle cose nuove che
viviamo.


Con un trucco semantico, ci fanno credere di vivere il trionfo della democrazia, nel momento del suo totale svuotamento.


Cosa c’è di più democratico,
del diritto di ogni singolo individuo di scegliere il prodotto che vuole
trovare al supermercato, di spostarsi alla ricerca di una nuova casa se
viene sfrattato da quella vecchia, di diventare miliardario se ci
riesce?


Se ricordiamo la semplice etimologia della parola demo-crazia,
comprendiamo che non significa “fare ciò che abbaglia la maggioranza
degli individui in qualunque momento”. Demo-crazia significa, potere del popolo.


Ora, l’insieme di tutti i consumatori del pianeta che si fanno i fattacci loro non sono un “popolo”.


Gli individui, allo stato ultimo, sono atomi fluttuanti di gas.


Questi atomi possono proseguire nello
spazio in solitudine. Nulla di male, ma proprio per questo non possono
costituire alcun demos e quindi avere alcuna forza.


Oppure possono stabilire legami transitori unicamente con chi è quasi identico a loro.


Pensiamo a cosa significa, perché spiega un paradosso fondamentale dei nostri tempi.


Esattamente mentre si parla di globalizzazione e di apertura mentale, gli esseri umani si trovano liberi di scegliere i ghetti in cui rinchiudersi. 


Che si tratti di amanti dei giochi di
ruolo, di omosessuali, di neonazisti, di appassionati di libero mercato,
di stalinisti, di islamisti, di cultori dell’ultima puntata di una
telenovela, di intellettuali di sinistra, di tifosi della Juve, di
portatori  di tatuaggi di uno specifico tipo, di frequentatori di centri
sociali… i mondi si chiudono, e spessissimo si chiudono attorno a
un’identità costruita volutamente da qualche oligarca a maggior gloria
di qualche marchio.



In questi mondi chiusi, il destino di chi non appartiene al proprio ghetto diventa sommamente indifferente, mentre assumono un valore assoluto gli elementi simbolici che creano identità.


Il cattolico integralista e il militante
omosessuale reagiscono alla stessa maniera alla pur minima presunta
offesa ai loro simboli identitari. La vignetta di Charlie Hebdo, la battuta omofoba, il crocifisso rimosso da un’aula, la negazione dell’Olocausto su un sito web con dieci frequentatori…


Al contrario, il destino sociale viene vissuto come un fatto inevitabile,
opere delle ineluttabili “forze del mercato”, secondo il principio
statunitense per cui se perdi il lavoro a Chicago, te ne vai a Houston
nella speranza di essere sfruttabile da qualcun altro.


Erroneamente, noi attribuiamo la colpa del sistema dei ghetti, alle singole realtà che vengono risucchiate nei ghetti,
e che casualmente sono quelle che per qualche motivi ci stanno
antipatiche: ce la prendiamo con “i razzisti”, con “la lobby gay”, con
“gli immigrati”, con “le femministe”, con i “clericali”, senza cogliere
il senso complessivo.


Ecco perché diventa difficile per molti anche immaginare che cosa possa essere un popolo. I difensori dello status quo si scagliano contro il popolo, riempiendolo delle loro ossessioni personali (popolo come “proletari” oppure come “destino di sangue”).


In realtà, il popolo è semplicemente l’insieme dei rapporti spontanei e reali con le persone e i luoghi che abbiamo realmente attorno.


Un popolo è necessariamente plurale,
perché tutti sono costretti quotidianamente a confrontarsi con persone
diversissime da loro e cercare di cogliere soprattutto ciò che li
unisce: si sa che Salvatore ha l’accento napoletano ed è evangelico,
Giovanni fa l’artista alternativo e probabilmente è omosessuale, Marina è
cattolica praticante e va in pellegrinaggio a Medjugorje, Serena è
comunista atea e Ahmad non mangia il maiale.


Ma se le idee o gli hobby personali o la vita privata ci dividono, ci unisce la vita vissuta,
esattamente al contrario delle comunità tribali di evangelici, artisti
gay, cultori della Madonna di Medjurgorje, marxisti in contatto
telepatico con la classe operaia planetaria e islamisti radicali.


La democrazia reale non è altro che
battersi, concretamente, per le persone e i luoghi reali che abbiamo
attorno a noi, sapendo che tutto cambia, ma non deve necessariamente
cambiare proprio nel modo in cui vorrebbe chi intende mangiarci vivi.


Pensando a come crescere insieme i
nostri figli e i loro, imparando da persone reali anche se magari hanno
avuto vite totalmente diverse dalle nostre, non assecondando i capricci –
che è demagogia e non democrazia – , ricucendo le ferite, e creando uno
scudo di affetti e di allegria, senza rancori, contro gli oligarchi.


P.S. L’amico Pietro aggiunge un commento che condivido in tutto:

il tuo discorso sulle mono-comunita’
si sposa bene con il pensiero che vede sempre più un’atomizzazione
sociale, iniziata con il consumismo. Una volta si consumava al bar, poi
tutti hanno avuto il televisore. Adesso siamo arrivati al mercato che
punta al singolo consumatore con prodotti personalizzati. Una
distruzione progressiva della dimensione sociale a cui non risponde più
con il sindacato ma con l’omicidio oppure il suicidio (in Italia piu’
il secondo in quanto c’e’ ancora ricchezza da perdere). Non capisco bene
come, ma in tutto questo l’estremismo islamico mi sembra assolutamente
occidentale e progressista!


Fonte: http://kelebeklerblog.com/2016/01/16/la-democrazia/.

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