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Occidente: i media al polonio

Una critica al modo in cui il caso Litvinenko, una notizia in un vicolo cieco, si trasformò in una notizia mondiale per rafforzare la russofobia [Pino Cabras]

Occidente: i media al polonio
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23 Gennaio 2016 - 12.14


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di Pino Cabras.

Quando
nel 2013 alcuni scienziati svizzeri trovarono livelli di Polonio-210 diciotto
volte più elevati del normale nella salma, riesumata, del primo presidente
dell”Autorità Palestinese, Yasser Arafat, la notizia non aprì le edizioni dei
telegiornali occidentali come invece è stato ieri per il delitto della spia
russa Aleksandr Litvinenko. Preferivano bacchettare chi osasse alludere a quelle
potenti strutture che avrebbero potuto procurarsi un veleno così difficile da maneggiare.
Allora no, non si doveva parlare di “avvelenamento di Stato”.

Viceversa,
tutti gli organi della NATO (ossia l”intero grande sistema informativo
occidentale) sanno invece di dover per forza aprire le notizie con le accuse
britanniche a Putin per l”omicidio Litvinenko (con la ridicola innovazione
giuridica della responsabilità “probabile”, che nei titoli diventa però
certissima).

Nel
terreno immenso delle notizie di rilevanza mondiale, i grandi media sanno a
memoria quali piste battere e quali trascurare del tutto. La redazione è il dio
che decide cosa devono sapere milioni di persone, quando innalza piccole
notizie al rango di scoop planetario o invece sommerge le grandi notizie
annacquandole a pagina 17 o tacendole del tutto.

Eppure
proprio in questi giorni emergono notizie sempre più raccapriccianti sui bombardamenti
della popolazione civile yemenita
da parte dell”Arabia saudita. Pensate all”effetto devastante che avrebbero le foto dell”infanzia spezzata. Ma sulle
prime pagine non se ne parla. Il dio redazionale decide che non contano nulla,
e nessuno sarà ritenuto responsabile, nemmeno “probabile”.

Tutto
questo avviene nonostante abbiamo notizie certe sui tappeti rossi con cui David
Cameron e i suoi colleghi in Europa e oltreoceano accolgono i piranhas della
dinastia saudita.

Così
come abbiamo notizie certe sulle
bombe – di Cameron
e italiane – vendute a Riad
per dilaniare migliaia di bimbi in
Yemen. Cause ed effetti passano sotto silenzio, e nessuna immagine è usata per
scuotere le coscienze.

Dunque
abboccate pure, giornalisti, alla lista delle notizie che fanno piacere al cerchio
magico della NATO! Non abbiate schiena dritta! Bevetevi di tutto, e
soprattutto, fatelo bere alle masse! Magari evitate di raccontare che in
Ucraina i nazisti protetti dagli apparati repressivi dello Stato
danno
una caccia spietata e assassina agli oppositori più eminenti
,
uccidendoli senza che voi scriviate un solo rigo, nemmeno quando le vittime
sono vostri famosi colleghi. Oppure continuate pure a nascondere la repressione
selvaggia di Erdoğan sul giornalismo turco, non sia mai che la vostra
narrazione atlantista ne risenta.

La
notizia ”Made in UK” su Litvinenko aveva in realtà un”importanza molto più
modesta: l”indagine per un omicidio che fu certo eclatante per le sue modalità
non ha portato a prove certe e si è persa in un labirinto di sospetti, come
accade a molti delitti di mafia e certi assassinii politici, quando purtroppo non
si trovano dimostrazioni sufficienti.

Dunque:
trasformare in una notizia mondiale e in un affare di Stato il caso Litvinenko
(un vicolo cieco di illazioni del tutto carenti presso qualsiasi tribunale) è
una precisa scelta politica, una chiara provocazione, sulla linea delle recenti
provocazioni antirusse giocate con l”abbattimento di aerei civili e militari.

Tra
sanzioni e isteria mediatica, si crea in tal modo un clima di guerra, mentre i
riflessi di un pubblico continuamente aizzato alla russofobia allontaneranno
milioni di europei dai loro interessi, per primo l”interesse a costruire un
sistema di sicurezza comune con la Russia.

L”edizione
del 22 gennaio di «la Repubblica» ha dedicato al caso addirittura le pagine 2,
3 e 4, cioè il blocco principale delle notizie, con tutti i tromboni russofobi
in gran spolvero contro «lo Zar Oscuro». Mentre in prima pagina campeggia la
fotonotizia della vedova che invoca sanzioni a Putin.

Possibile
che in quelle quattro paginate non ci sia stato spazio per riportare cosa ne
pensa un altro congiunto di Litvinenko, suo fratello Maksim? Il quale, mentre
nel 2006 chiedeva indagini sul governo russo, oggi sostiene che Aleksandr sia stato ucciso da servizi
occidentali
perché era un agente doppiogiochista che in realtà raccoglieva
informazioni presso russi residenti in Regno Unito, nemici di Mosca. E dice
anche che la lettera del suo consanguineo che puntava il dito contro Putin era semplicemente
un falso. Interessante, no?

Si
badi bene, è quasi impossibile avere la più pallida idea di chi menta e chi no,
ma chiediamoci: perché – se l”intento fosse davvero una genuina volontà di
investigare – i giornali trascurano questo lato della vicenda, nascondendolo
alla vista di un pubblico adulto e vaccinato che potrebbe giudicare
autonomamente?

Il
caso Litvinenko, come minimo, è molto controverso, per nulla lineare, maturato
a ridosso di uno degli ambienti più torbidi del pianeta – la mafia russa di
Londra – dove da anni si riscontra un alto tasso di delitti, tradimenti,
doppiogiochismi intrecciati con le grandi partite della finanza e dei servizi segreti
di tanti paesi. Una zona grigia che non consente il complottismo semplicistico
delle redazioni ossessionate dalla Russia.

Eppure
– come suggerisce il caso Arafat che richiamavamo all”inizio – nel mondo
risulta che non sia solo la Russia a possedere veleni radioattivi.

Una
nebbia così povera di fatti certi dovrebbe forse giustificare questo volume di
fuoco usato contro un unico bersaglio, il Cattivissimo Putin? Certo, le 329
pagine del rapporto sul caso Litvinenko citano 186 volte il nome di Vladimir
Putin (niente male in mancanza di prove), e una cinquantina di volte citano il
nome di Anna Politkovskaya, la giornalista uccisa dieci anni fa e che da sempre
deve scandire il rosario delle accuse a Putin, anche quando non c”entra con
un”indagine.

Bastava
a metterci in allarme un altro esempio recente: il caso doping negli sport
olimpici. Anche lì, stessa procedura standard: tutti i media dell’Occidente –
con perfetta sincronia totalitaria – aprono con pagine e pagine (le prime) sul
“
doping
di Stato
” russo e riportano persino false dichiarazioni di
Putin, che nemmeno si curano di correggere. Poi nei giorni successivi
si
scopre che il doping riguardava molti altri paesi
:
notizia in taglio basso, quasi invisibile. Al pubblico rimane l’imprinting della prima notizia urlata.

Non
si dimentichino nemmeno le notizie più assurde, diffuse pur di insudiciare con
ogni mezzo la nomea di un leader nemico, come quella dello «sperma di Putin
inviato via posta a ogni cittadina russa per fecondarsi». E si potrebbero fare
molti altri esempi.

Emerge
chiarissimo il meccanismo pavloviano stimolato dal sistema dei media NATO, teso
a consolidare ogni giorno un’immagine stereotipata e negativa del potere russo,
in un quadro che tace notizie che bucherebbero la bolla mediatica in cui siamo affondati.

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