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Il diavolo e la Clinton

L’establishment politico americano ha l’ipocrisia di fingere sorpresa e preoccupazione di fronte all’avanzata di Trump, dell’esasperazione xenofoba e antipolitica.

Il diavolo e la Clinton
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20 Marzo 2016 - 22.22


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di Rob Urie

Questo post su CounterPunch
lancia un atto d’accusa contro l’establishment politico americano
—tanto Repubblicano quanto Democratico— che dopo avere spremuto ed
impoverito la classe lavoratrice e la classe media per quarant’anni,
dopo avere spinto la competizione al ribasso tra lavoratori tramite gli
accordi “di libero scambio” (come il NAFTA), dopo avere intrapreso ogni
genere di aggressione e guerra fomentando esodi di profughi e terrorismo
internazionale, ha l’ipocrisia di fingere sorpresa e preoccupazione di
fronte all’avanzata di Trump, dell’esasperazione xenofoba e
antipolitica. In tutto ciò, Trump è un perfetto figlio di quella
ristretta classe sociale di straricchi, di quell’uno percento tutelato e
coccolato per decenni dallo stesso establishment.


Con tutto l’inchiostro versato su quel buffone neofascista, nonché
probabile prossimo Presidente degli Stati Uniti, di Donald Trump, si è
detto ben poco di sensato sulle circostanze che stanno fomentando la sua
candidatura. L’America è da sempre il paese degli stravaganti ricconi
bianchi razzisti e xenofobi. Talvolta li si cita perfino tra i Padri
Fondatori. In tempi normali, indipendentemente da cosa ciò possa
significare, le candidature di eccentrici stravaganti come Trump sono
limitate dal fatto che la gente è occupata a farsi la propria vita. Ma
dopo quaranta anni di eviscerazione economica della classe media e della
classe lavoratrice americana, tramite un’accuratamente orchestrata
competizione al ribasso con i lavoratori di oltre confine, a un ampio
numero di persone non resta più una propria vita di cui continuare ad
occuparsi.

Per quanto sia perfettamente corretto accusare Trump e i suoi minions
di razzismo e xenofobia, l’establishment politico americano ha
esattamente altrettanto di cui rispondere a questo riguardo. Una
spiegazione un po’ più dettagliata della crescente xenofobia può essere
trovata nella competizione economica che questo establishment ha
inflitto dall’alto. Gli accordi di “libero scambio” che sono stati
ratificati uno dopo l’altro erano intesi ad abbassare i salari della
classe lavoratrice e della parte più bassa della classe media. L’ovvio
risultato è stato un’ampia privazione dei diritti economici nei paesi
che un tempo erano ad alto reddito. I lavoratori messicani emigrati a
causa del NAFTA sono stati vittimizzati almeno quanto i lavoratori
americani emigrati, ma ovviamente i veri responsabili, che risiedono
nell’establishment politico americano, si sono guardati bene
dall’incolpare se stessi.

Agitare le vittime delle politiche imperialiste le une contro le
altre per impedire la ribellione organizzata è una tattica vecchia
quanto il capitalismo. È importante notare che Donald Trump non sta
parlando affatto di ridare vita a un movimento dei lavoratori, pur
sostenendo (correttamente) che è proprio la privazione dei diritti
economici a spiegare molta della disillusione popolare verso
l’establishment politico. La sua richiesta per delle “migliori”
trattative per gli accordi di scambio è finalizzata a reindirizzare lo
sfruttamento, non a farlo finire. La ratifica del NAFTA ha portato ad
una ostile acquisizione nell’economia locale messicana da parte di
multinazionali americani pesantemente sussidiate, con milioni di
rifugiati economici che hanno dovuto spostarsi verso nord — l’intero
programma era una cinica porcheria fin dall’inizio. Una cinica porcheria
“migliore” è adesso ciò di cui Donald Trump sta parlando.

Molto è stato fatto sotto copertura, dai Clinton, tramite la classe
dirigente “nera” — inclusa la loro politica punitiva, razzista e
classista del “tre condanne e sei fuori”, le condanne obbligatorie alla
prigione per piccoli reati di droga, la deregolamentazione di Wall
Street che favorisce la finanza predatoria, le “riforme” del welfare e
lo sfrenato massacro di centinaia di migliaia di bambini iracheni
tramite le sanzioni. La potente retorica xenofoba di Trump è resa
possibile dalla creazione, a cui la Clinton ha collaborato, di circa
dieci milioni di rifugiati dalla Siria, dalla Libia e dall’Iraq — tutte
guerre direttamente o indirettamente sostenute dalla Clinton nel suo
ruolo di politico americano di spicco. La Clinton non ha fatto un passo
avanti per rivendicare la distruzione umana e la miseria che ha causato.
Ma i rifugiati ci sono, e sono lì per essere demonizzati da Trump
grazie a precise politiche in cui la Clinton è coinvolta.

Uno dei punti sollevati quando Barack Obama ha rifiutato di
perseguire i crimini di guerra dell’amministrazione Bush era che “noi”,
gli umani che abitano questo pianeta, siamo a solo pochi anni dal vedere
qualcun altro assumere il ruolo di Presidente degli USA. Con Trump in
piena ascesa, quel momento è quasi arrivato. Per essere chiari, a Donald
Trump serve solo un contatore di morti con cinque o sei zeri per
iniziare a competere con la Clinton nella produzione di morte e miseria.
Poteva forse essere una buona idea, per Obama, ri-criminalizzare i
crimini di guerra, per amore dell’umanità? E poteva essere una buona
idea preoccuparsi un po’ di più delle decine di milioni di persone
gettate nel mucchio della pattumiera economica e un po’ meno del
benessere dei banchieri che ce li hanno gettati?

La politica americana dell’Immacolata Concezione, quella di relegare
questi risultati economici e politici in un passato remoto, in modo da
porre davanti a tutto delle differenze ideologiche come se fossero
sostanziali, è centrale nell’attuale processo politico. La classica
“mosca nella minestra” che ha rovinato tutto questo bel programma è che i
lavoratori automobilistici di Detroit, o i lavoratori dei mobilifici
del Nord Carolina, hanno capito ormai dagli anni ’80 che il “libero
mercato” era solo la scorciatoia di politiche che li hanno fregati a
vantaggio dei loro padroni e della finanza di Wall Street. Che ora ci
siano economisti mainstream (Krugman, Reich) che capiscono ciò che la
maggior parte dei lavoratori a bassa istruzione hanno capito da un
quarto di secolo, va registrato alla voce “trionfo dell’ovvio”.

A tutto ciò si legano anche i programmi di “esenzione dalle ipoteche”
portati avanti dall’amministrazione Obama all’insegna della politica
del “Voi gente siete troppo stupidi per capire che vi stiamo fregando”.
Un salvataggio all’ultimo istante di ventisette milioni di persone (nove
milioni di pignoramenti per una media di tre persone a famiglia) è
ottimo per produrre l’entusiastica disillusione di tutti coloro che sono
coinvolti, i loro amici e le famiglie estese. Mentre la maggior parte
dei pignoramenti si sono già risolti da tempo nelle zone dove le
abitazioni sono totalmente mercificate, alcune delle zone meno popolate
d’America, come Chicago, Detroit, Atlanta, Houston, Philadelphia,
Indianapolis, Milwaukee, Birmingham, Jackson, Buffalo, Baltimore,
Washington, Bridgeport, Hartford, Springfield, Cincinnati, Cleveland, e
alcune altre centinaia di piccole e medie città sono ancora alle prese
con l’incubo dei pignoramenti nelle zone “centrali”.

A ciò si lega anche il punto sollevato da Tavis Smiley, che i
cittadini di colore hanno visto i loro lotti diminuire in termini sia
relativi che assoluti durante il mandato del primo presidente nero.
L’avvio della più ampia politica che ha portato agli espropri era
avvenuto già prima. La questione allora è se Obama abbia usato gli
strumenti a sua disposizione per aiutare le persone che percepiscono il
possesso dei loro lotti come legato in qualche modo alla sua ascesa
politica. Ed è qui che subentra la frode economica che la Clinton ha
perpetrato contro i suoi potenziali elettori — i conservatori di colore
degli Stati del sud sollevano il problema del debito nazionale per
spiegare la riluttanza di Obama a migliorare le condizioni di vita della
metà più povera del paese, quando in realtà non esiste proprio nessun
vincolo. Come è stato dimostrato nel momento in cui il governo federale
ha impiegato decine di migliaia di miliardi di dollari per salvare Wall
Street, i soldi ci sono sempre stati — ma in favore di chi è ricco e ha
conoscenze.

Una domanda da fare alle vecchie femministe che sostengono Hillary
Clinton è: quale parte della società è quella rilevante: la classe, il
genere o la razza? Fin dall’inizio della campagna per il TPP e la
ratifica del NAFTA da parte di suo marito, la Clinton è sempre stata una
fervente imperialista. Con la sua volontà di distruggere intere nazioni
per un capriccio, la Clinton è una fervente militarista. Con i suoi
fondi per la campagna elettorale e la sua fortuna personale, la Clinton è
un’ottima amica di Wall Street. Con le sue politiche carcerarie, la
Clinton è un’opportunista razziale che ha usato la vita di milioni di
cittadini di colore come trampolino di lancio politico a vantaggio della
propria “carriera”. Ci vuole poco a indovinare che metà delle vittime
della Clinton siano state donne.

Donald Trump fa tanta paura quanto sconsiderate sono le sue opinioni.
Ha vissuto la sua vita tra gente i cui guadagni dipendevano dal non
dirgli mai di starsene zitto. Il suo elettorato nell’insieme non si
rende conto di questo e di cosa ci sta dietro — quello che a loro sembra
“dire la verità al potere” è in realtà solo un bullo privilegiato che
si è infatuato del suono della propria voce. Trump è figlio di quella
classe sociale che l’establishment — tanto Repubblicano quanto
Democratico — si è impegnato ad arricchire per quattro decenni al punto
da separarla dalle conseguenze sociali delle proprie azioni distruttive.
Donald Trump è un membro a pieno titolo di quella classe sociale, uno
che ha ereditato tutto, e quando va in televisione finge di essere un
estraneo, uno fuori dal sistema. Non si può considerare un caso che
Trump e Hillary Clinton siano stati amici, sul piano personale, per
oltre vent’anni.

L’establishment democratico è sul punto di disfarsi di
quell’intralcio di Bernie Sanders, e di portare la Hillary Clinton a
candidato da contrapporre a Donald Trump. Questi si credono troppo
furbi. Le “occasioni mancate” degli scorsi sette anni stanno per
imporsi. La Clinton è una guerrafondaia, amante dei trattati di “libero
scambio”, amica di Wall Street in un momento in cui una buona parte
dell’elettorato aspetta solo di appiccare fuoco a tutto questo e
spianare la strada a Trump. La domanda da fare a quelli che sono pronti a
votare la Clinton per “fermare” Trump è: poi chi voterete per fermare
la Clinton?

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