ATF
di Gianluca Freda
Osservate bene il filmato qui sotto (durata 1:16 min). Si tratta del celebre “test
della falsa credenzaâ€, sviluppato negli anni ’70, che rappresenta, a mio
avviso, una delle più importanti scoperte mai effettuate riguardo al
funzionamento della mente umana, alla funzione del linguaggio e alla
possibilità di dare una definizione a ciò che siamo soliti definire, in
modo molto generico, “coscienzaâ€:
della falsa credenzaâ€, sviluppato negli anni ’70, che rappresenta, a mio
avviso, una delle più importanti scoperte mai effettuate riguardo al
funzionamento della mente umana, alla funzione del linguaggio e alla
possibilità di dare una definizione a ciò che siamo soliti definire, in
modo molto generico, “coscienzaâ€:
Lo scopo del test è quello di accertare la capacità di un essere
umano di rappresentarsi gli altri individui non come meri riflessi di se
stesso, bensì in termini di stati mentali interni (come le convinzioni,
le credenze, i valori, ecc.); vale a dire, la capacità di un individuo
di riflettere sui propri meccanismi di pensiero e di distinguere tra le proprie credenze, basate sul possesso di dati di un certo tipo, e le credenze altrui, fondate sul possesso di dati diversi.
In parole non povere, ma misere: il test misura la capacità di un individuo di immaginare come pensano gli altri.
Uno dei tanti possibili svolgimenti del test è quello che vedete nel
filmato: a un bambino di 4-5 anni viene mostrata una scatola che sembra
contenere dei pastelli, ma che in realtà , quando viene aperta, si scopre
piena di candele. Al bambino viene poi domandato: “Secondo te, questo orsacchiotto, che non ha mai visto la scatola, che cosa pensa che essa contenga?â€. La risposta è quasi sempre: candele.
Il bambino non sa ancora distinguere la realtà dai propri processi di
pensiero; né è in grado di comprendere che la disponibilità di dati
differenti può generare diverse visioni del mondo. Se io adesso so che
dentro la scatola ci sono delle candele, perché non dovrebbe saperlo
anche l’orsacchiotto? L’orsacchiotto non pensa forse come penso io? Non è
forse parte di me?
filmato: a un bambino di 4-5 anni viene mostrata una scatola che sembra
contenere dei pastelli, ma che in realtà , quando viene aperta, si scopre
piena di candele. Al bambino viene poi domandato: “Secondo te, questo orsacchiotto, che non ha mai visto la scatola, che cosa pensa che essa contenga?â€. La risposta è quasi sempre: candele.
Il bambino non sa ancora distinguere la realtà dai propri processi di
pensiero; né è in grado di comprendere che la disponibilità di dati
differenti può generare diverse visioni del mondo. Se io adesso so che
dentro la scatola ci sono delle candele, perché non dovrebbe saperlo
anche l’orsacchiotto? L’orsacchiotto non pensa forse come penso io? Non è
forse parte di me?
Se però si ripete il test con bambini al di sopra dei 5 anni, gli esiti sono molto diversi. Alla domanda “secondo te, l’orsacchiotto che cosa pensa che ci sia nella scatola?â€, la risposta è: pastelli.
Io so che l’orsacchiotto possiede dati fasulli (il rumore che fanno le
candele nella scatola, il disegno su di essa), come quelli che io
possedevo all’inizio, dunque commetterà lo stesso errore che ho commesso
io. Il bambino ha imparato:
Io so che l’orsacchiotto possiede dati fasulli (il rumore che fanno le
candele nella scatola, il disegno su di essa), come quelli che io
possedevo all’inizio, dunque commetterà lo stesso errore che ho commesso
io. Il bambino ha imparato:
1) Che egli è in grado di porre in atto delle procedure interne,
chiamate “pensieroâ€, che sono distinte dalle procedure con cui opera
l’ente chiamato “realtà †con cui è solito interagire;
chiamate “pensieroâ€, che sono distinte dalle procedure con cui opera
l’ente chiamato “realtà †con cui è solito interagire;
2) Che le dinamiche con cui opera il meccanismo cognitivo del
pensiero possono essere oggetto di riflessione ed essere predeterminate;
pensiero possono essere oggetto di riflessione ed essere predeterminate;
3) Che al possesso di dati differenti corrispondono meccanismi di pensiero differenti;
4) Che a meccanismi di pensiero differenti corrispondono individui differenti.
È la cosiddetta conquista della “metacognizioneâ€, la quale
comporta una serie di altre conquiste intellettive: la capacità di
vedersi dall’esterno, di studiare le proprie dinamiche cognitive ed
emotive, di riconoscersi come ente distinto dalla realtà esterna e –
soprattutto – di valutare gli altri individui non solo come entitÃ
fisiche esterne ma anche in funzione delle loro interne dinamiche di pensiero.
Dopo i 5 anni, il bambino, per qualche motivo, sviluppa dunque ciò che
potremmo semplicemente chiamare “coscienza†nonché la capacità di
riconoscere tale “coscienza†in altri.
Si badi bene che l’acquisizione di queste qualità è una conquista
evolutiva relativamente recente per il genere umano, databile a non più
di 4000-5000 anni or sono. Prima di allora, le qualità metacognitive
sopra descritte non erano appannaggio dell’intera specie, bensì rare
prerogative di alcuni individui intellettivamente più evoluti.
evolutiva relativamente recente per il genere umano, databile a non più
di 4000-5000 anni or sono. Prima di allora, le qualità metacognitive
sopra descritte non erano appannaggio dell’intera specie, bensì rare
prerogative di alcuni individui intellettivamente più evoluti.
Che cos’è che ha prodotto per la specie umana questo miracoloso salto evolutivo?
Che cos’è che, ancora oggi, lo determina, in ciascun individuo che abbia superato i 4-5 anni di età ?
Semplice: è l’evoluzione del linguaggio.
La capacità di prevedere il comportamento di altri individui
basandosi su una credenza che si sa essere falsa, richiede uno sviluppo
significativo delle facoltà linguistiche: la capacità di parlare di
eventi futuri (e dunque di distinguere il futuro dal presente); la
capacità di formulare ipotesi; la capacità di definire possibili realtÃ
alternative. Non sono in grado di prevedere che cosa penserÃ
l’orsacchiotto se non possiedo tempi verbali in grado di rendere l’idea
di futuro, modi verbali in grado di rendere l’idea di possibilità o di
eventualità , strutture sintattiche complesse che mi consentano di
collegare tra loro in un unico periodo differenti percezioni della
realtà (“io credo che lui pensi…â€).
basandosi su una credenza che si sa essere falsa, richiede uno sviluppo
significativo delle facoltà linguistiche: la capacità di parlare di
eventi futuri (e dunque di distinguere il futuro dal presente); la
capacità di formulare ipotesi; la capacità di definire possibili realtÃ
alternative. Non sono in grado di prevedere che cosa penserÃ
l’orsacchiotto se non possiedo tempi verbali in grado di rendere l’idea
di futuro, modi verbali in grado di rendere l’idea di possibilità o di
eventualità , strutture sintattiche complesse che mi consentano di
collegare tra loro in un unico periodo differenti percezioni della
realtà (“io credo che lui pensi…â€).
Nessuna idea può acquisire forma senza rivestirsi di linguaggio.
Questo “salto†nelle capacità linguistiche, nei bambini, avviene
solitamente intorno ai 4-5 anni; per l’umanità è avvenuto intorno al
3200 a.C., con l’invenzione e la diffusione della scrittura. A ogni
arricchimento del linguaggio corrisponde un’espansione delle capacità di
pensare il mondo, osservandolo da diversi punti visuali; viceversa, ad
ogni impoverimento del linguaggio, corrisponde un’approssimazione
tendenziale allo status intellettivo di un bambino di 4 anni, il quale
non è in grado di percepire alcun pensiero, alcun sentimento, alcuna
realtà , ad esclusione dei suoi personali.
solitamente intorno ai 4-5 anni; per l’umanità è avvenuto intorno al
3200 a.C., con l’invenzione e la diffusione della scrittura. A ogni
arricchimento del linguaggio corrisponde un’espansione delle capacità di
pensare il mondo, osservandolo da diversi punti visuali; viceversa, ad
ogni impoverimento del linguaggio, corrisponde un’approssimazione
tendenziale allo status intellettivo di un bambino di 4 anni, il quale
non è in grado di percepire alcun pensiero, alcun sentimento, alcuna
realtà , ad esclusione dei suoi personali.
Mi è venuto in mente il “test della falsa credenza†quando ho visto
commentare, in diversi forum su internet, i risultati del referendum sul
“Brexitâ€.
È sconfortante la povertà di linguaggio che porta molti
autori e commentatori a valutare le strategie geopolitiche poste in atto
con tale operazione come se si trattasse di questioni appartenenti alla
propria vita quotidiana; come se i gruppi dominanti statunitensi, che
tengono in pugno l’Europa, e i gruppi di inquilini di un condominio
pensassero allo stesso modo, vedessero il mondo nello stesso modo,
distinguendolo nelle stesse categorie e sub-categorie. Ci si rifiuta di
riconoscere a questi gruppi dominanti una complessità di pensiero e una
modalità di pianificazione che probabilmente noi uomini comuni non
abbiamo ancora neppure il linguaggio adeguato per descrivere. Per fare
un banale esempio, il termine “false-flag†è entrato nel mio personale
vocabolario non più di una quindicina di anni fa. Prima di allora, non
avevo un termine per definire l’atto con cui un gruppo di potere
organizza un evento politicamente dirompente (un eccidio, un assalto,
una rivoluzione), attribuendone ad altri la responsabilità , allo scopo
di perseguire finalità di dominio. Esisteva, è vero, il termine “strage
di statoâ€, che però i mezzi di comunicazione amavano ammantare di
nebulosità semantica, senza mai fornirne una definizione cristallina; e
che comunque si riferiva ad un atto occasionale, limitato all’ambito
stragista e insospettabile, ad esempio, in un contesto insurrezionale,
difficilmente richiamato in eventi a carattere internazionale,
tendenzialmente connotato da interessi partitici, compiuto da settori
“deviatiâ€â€¦niente che potesse ricondurre ad una strategia internazionale
consolidata da oltre un secolo dagli stessi gruppi che, in molti casi,
tengono oggi le redini della politica globale. Non possedendo il termine
“false-flagâ€, non ero neppure in grado di pensare la modalitÃ
operativa standardizzata che esso definisce. Così come è probabile che
oggi, per carenza di un linguaggio adeguato, io non sia in grado di
pensare molte modalità operative standard dei gruppi dominanti che
vediamo porre in opera attraverso ciò che a noi sembra il consueto
dispositivo della “democraziaâ€.
commentare, in diversi forum su internet, i risultati del referendum sul
“Brexitâ€.
È sconfortante la povertà di linguaggio che porta molti
autori e commentatori a valutare le strategie geopolitiche poste in atto
con tale operazione come se si trattasse di questioni appartenenti alla
propria vita quotidiana; come se i gruppi dominanti statunitensi, che
tengono in pugno l’Europa, e i gruppi di inquilini di un condominio
pensassero allo stesso modo, vedessero il mondo nello stesso modo,
distinguendolo nelle stesse categorie e sub-categorie. Ci si rifiuta di
riconoscere a questi gruppi dominanti una complessità di pensiero e una
modalità di pianificazione che probabilmente noi uomini comuni non
abbiamo ancora neppure il linguaggio adeguato per descrivere. Per fare
un banale esempio, il termine “false-flag†è entrato nel mio personale
vocabolario non più di una quindicina di anni fa. Prima di allora, non
avevo un termine per definire l’atto con cui un gruppo di potere
organizza un evento politicamente dirompente (un eccidio, un assalto,
una rivoluzione), attribuendone ad altri la responsabilità , allo scopo
di perseguire finalità di dominio. Esisteva, è vero, il termine “strage
di statoâ€, che però i mezzi di comunicazione amavano ammantare di
nebulosità semantica, senza mai fornirne una definizione cristallina; e
che comunque si riferiva ad un atto occasionale, limitato all’ambito
stragista e insospettabile, ad esempio, in un contesto insurrezionale,
difficilmente richiamato in eventi a carattere internazionale,
tendenzialmente connotato da interessi partitici, compiuto da settori
“deviatiâ€â€¦niente che potesse ricondurre ad una strategia internazionale
consolidata da oltre un secolo dagli stessi gruppi che, in molti casi,
tengono oggi le redini della politica globale. Non possedendo il termine
“false-flagâ€, non ero neppure in grado di pensare la modalitÃ
operativa standardizzata che esso definisce. Così come è probabile che
oggi, per carenza di un linguaggio adeguato, io non sia in grado di
pensare molte modalità operative standard dei gruppi dominanti che
vediamo porre in opera attraverso ciò che a noi sembra il consueto
dispositivo della “democraziaâ€.
E se non ne sono in grado io, figuriamoci se lo è l’80% degli esseri
italici, il cui vocabolario consta di poche centinaia di lemmi.
italici, il cui vocabolario consta di poche centinaia di lemmi.
A proposito della Gran Bretagna, ho sentito dire cose scioccherelle:
ad esempio, che sarebbe essa a tenere sotto controllo gli USA, anziché
viceversa, poiché la sua ricchezza, la sua finanza e la sua qualitÃ
della vita sono mediamente superiori a quelle USA. Sorvolando sul chi
controlla chi (che a me sembra, ahimé, anche troppo lampante), il punto è
che la logica di un tale ragionamento è degna, appunto, di un bambino
in età pre-metacognitiva. Siamo noi persone comuni ad essere
ossessionate dalla ricchezza, dalla finanza e dalla qualità della vita;
attribuire le stesse ossessioni a personaggi che operano ad un livello
sideralmente differente, significa non possedere la capacità di pensare
come pensano gli altri, di distinguere le nostre dinamiche di pensiero
da quelle di soggetti esterni.
ad esempio, che sarebbe essa a tenere sotto controllo gli USA, anziché
viceversa, poiché la sua ricchezza, la sua finanza e la sua qualitÃ
della vita sono mediamente superiori a quelle USA. Sorvolando sul chi
controlla chi (che a me sembra, ahimé, anche troppo lampante), il punto è
che la logica di un tale ragionamento è degna, appunto, di un bambino
in età pre-metacognitiva. Siamo noi persone comuni ad essere
ossessionate dalla ricchezza, dalla finanza e dalla qualità della vita;
attribuire le stesse ossessioni a personaggi che operano ad un livello
sideralmente differente, significa non possedere la capacità di pensare
come pensano gli altri, di distinguere le nostre dinamiche di pensiero
da quelle di soggetti esterni.
Allo stesso modo, è davvero sconfortante vedere gente che esulta perché “il popolo, col referendum, ha fatto valere le proprie decisioniâ€.
Questo credo sia un punto fondamentale, ma è difficilissimo farlo
entrare nella zucca della gente, proprio perché il linguaggio che la
maggioranza delle persone è abituata a parlare è dicotomico: cioè prevede la possibilità di scegliere soltanto tra due opzioni predefinite,
escludendo qualunque pensiero che, comprendendo l’inutilità di
entrambe, si muova alla ricerca di una terza o quarta via. O sei di
destra o sei di sinistra. O sei pro-immigrazione o sei razzista. O sei
per il “remain†o sei per il “leaveâ€. Pochissimi desiderano capire come
funziona realmente il pensiero di chi può pianificare la struttura da
imprimere al mondo: la maggior parte delle persone desidera soltanto
avere una squadra per cui tifare e per cui suonare il clacson
all’impazzata in caso di vittoria. Ero così anch’io, fino a una
quindicina d’anni fa, e so cosa si prova, quali pulsioni ti costringono
in questa prigione binaria del pensiero. Proverò perciò a scrivere
qualche concetto in grassetto sottolineato, così magari, chissà , a
qualcuno inizia a squillare un campanello nella cervice.
Questo credo sia un punto fondamentale, ma è difficilissimo farlo
entrare nella zucca della gente, proprio perché il linguaggio che la
maggioranza delle persone è abituata a parlare è dicotomico: cioè prevede la possibilità di scegliere soltanto tra due opzioni predefinite,
escludendo qualunque pensiero che, comprendendo l’inutilità di
entrambe, si muova alla ricerca di una terza o quarta via. O sei di
destra o sei di sinistra. O sei pro-immigrazione o sei razzista. O sei
per il “remain†o sei per il “leaveâ€. Pochissimi desiderano capire come
funziona realmente il pensiero di chi può pianificare la struttura da
imprimere al mondo: la maggior parte delle persone desidera soltanto
avere una squadra per cui tifare e per cui suonare il clacson
all’impazzata in caso di vittoria. Ero così anch’io, fino a una
quindicina d’anni fa, e so cosa si prova, quali pulsioni ti costringono
in questa prigione binaria del pensiero. Proverò perciò a scrivere
qualche concetto in grassetto sottolineato, così magari, chissà , a
qualcuno inizia a squillare un campanello nella cervice.
Allora: il popolo non decide e non conta nulla. Se mai inizierà o
tornerà a contare qualcosa, non sarà certamente grazie a strumenti
“democratici†come il referendum o le elezioni, che esistono al solo
scopo di mantenerlo nell’assoluta impotenza. La democrazia non è la soluzione: è il problema.
È un insieme di vincoli a carattere normativo e rituale, imposti alla
moltitudine attraverso la legislazione e la propaganda, che hanno una
duplice funzione: la prima e meno importante, è quella di tenere sotto
controllo le masse, conferendo loro un potere che esse credono sovrano,
ma che in realtà è puramente liturgico, esatta negazione di qualsiasi
potere effettivo sulle dinamiche politiche, interne o – a maggior
ragione – internazionali; la seconda e più importante, è quella di
fungere da strumento di composizione dei conflitti tra gruppi di potere,
diverso dalla guerra aperta: attraverso gli strumenti della cosiddetta
“democraziaâ€, i gruppi di potere hanno nelle mani un mezzo assai
versatile per spingere le masse contro i gruppi avversi, per ricattarli,
minacciarli, avvertirli oppure, in casi non rari, per pervenire alla
stipulazione di una tregua. La democrazia è la struttura attraverso la
quale la gente comune diviene l’arma che ciascuna élite punta contro le élite avversarie. La democrazia istituzionalizza e formalizza, rendendolo permanente, il ruolo di “carne da cannoneâ€,
già rivestito con successo dalla marmaglia in innumerevoli guerre e
rivoluzioni. Nessuna moltitudine sana di mente va incontro, di sua
spontanea volontà , alle sbarre di una “democraziaâ€. Per imporla è
infatti necessario un inganno, un atto di forza o più spesso una vera e
propria guerra, con stragi, devastazioni, bombardamenti indiscriminati
sulla popolazione.
tornerà a contare qualcosa, non sarà certamente grazie a strumenti
“democratici†come il referendum o le elezioni, che esistono al solo
scopo di mantenerlo nell’assoluta impotenza. La democrazia non è la soluzione: è il problema.
È un insieme di vincoli a carattere normativo e rituale, imposti alla
moltitudine attraverso la legislazione e la propaganda, che hanno una
duplice funzione: la prima e meno importante, è quella di tenere sotto
controllo le masse, conferendo loro un potere che esse credono sovrano,
ma che in realtà è puramente liturgico, esatta negazione di qualsiasi
potere effettivo sulle dinamiche politiche, interne o – a maggior
ragione – internazionali; la seconda e più importante, è quella di
fungere da strumento di composizione dei conflitti tra gruppi di potere,
diverso dalla guerra aperta: attraverso gli strumenti della cosiddetta
“democraziaâ€, i gruppi di potere hanno nelle mani un mezzo assai
versatile per spingere le masse contro i gruppi avversi, per ricattarli,
minacciarli, avvertirli oppure, in casi non rari, per pervenire alla
stipulazione di una tregua. La democrazia è la struttura attraverso la
quale la gente comune diviene l’arma che ciascuna élite punta contro le élite avversarie. La democrazia istituzionalizza e formalizza, rendendolo permanente, il ruolo di “carne da cannoneâ€,
già rivestito con successo dalla marmaglia in innumerevoli guerre e
rivoluzioni. Nessuna moltitudine sana di mente va incontro, di sua
spontanea volontà , alle sbarre di una “democraziaâ€. Per imporla è
infatti necessario un inganno, un atto di forza o più spesso una vera e
propria guerra, con stragi, devastazioni, bombardamenti indiscriminati
sulla popolazione.
Se si capisce questo concetto, si riesce forse a inquadrare in una
prospettiva di maggior realismo la vicenda del referendum britannico.
prospettiva di maggior realismo la vicenda del referendum britannico.
Tanto per cominciare, la decisione popolare, in sé, come si è visto,
non conta un bel niente. Infatti il referendum non è giuridicamente
vincolante e la volontà espressa attraverso di esso (con percentuali,
peraltro, non esattamente bulgare) potrà tradursi in atto politico solo
se il parlamento inglese deciderà di attuarla. E il parlamento inglese,
su 650 membri, ne conta 489 (il 75%) che sono favorevoli alla permanenza
nella UE. Gli scenari che si prospettano sono dunque soltanto i
seguenti:
non conta un bel niente. Infatti il referendum non è giuridicamente
vincolante e la volontà espressa attraverso di esso (con percentuali,
peraltro, non esattamente bulgare) potrà tradursi in atto politico solo
se il parlamento inglese deciderà di attuarla. E il parlamento inglese,
su 650 membri, ne conta 489 (il 75%) che sono favorevoli alla permanenza
nella UE. Gli scenari che si prospettano sono dunque soltanto i
seguenti:
1) Il referendum è stato promosso da gruppi dirigenti britannici
agguerriti e disposti a sfidare poteri soverchianti pur di riprendere,
attraverso la riconquista di ampie sfere di autonomia nazionale, una
politica di dominio, che la permanenza nell’UE – la quale, non
dimentichiamolo, è struttura di controllo di matrice statunitense,
affidata alla sorveglianza dei “kapò†tedeschi – non consente. Non
nascondo che questa ipotesi rappresenta la mia non tanto segreta
speranza. Ma è una speranza resa assai flebile dal pessimismo della
ragione. Sapremo presto come stanno le cose. Se la Gran Bretagna volesse
fare le cose secondo le regole, l’uscita dall’UE richiederebbe, secondo
l’art. 50 del Trattato dell’Unione Europea, una procedura assai
complessa che tra accordi e adeguamento delle normative si protrarrebbe
per un minimo di 2 anni (ma di fatto molti di più, visto che moltissime
norme britanniche, oggi riprese dalle normative europee, dovrebbero
essere riscritte). Se vi sono reali intenzioni di staccarsi dall’UE,
l’uscita sarà piuttosto rapida e drastica, probabilmente perfezionata in
un periodo ben minore dei 2 anni previsti e probabilmente non indolore.
L’emergere di un nuovo e determinato gruppo dirigente europeo
danneggerebbe gli interessi statunitensi, a partire dal naufragio degli
accordi TTIP, spingendo gli ambienti di potere d’oltreoceano a giocare
qualunque carta pur di scongiurare tale eventualità : già ieri si
iniziava a parlare, in maniera anche piuttosto esplicita, di secessioni
della Scozia e dell’Irlanda del Nord, che verrebbero certamente
incentivate e finanziate da coloro che desiderano ridurre le élite
inglesi a più miti consigli. Un vero gruppo dirigente a carattere
nazionalista deve essere pronto ad affrontare questa eventualità , in
verità non troppo “eventualeâ€. Se invece la Gran Bretagna deciderà di
seguire la procedura di uscita prevista dal protocollo, allora sapremo
che le intenzioni non sono serie. Un distacco protratto per un periodo
così prolungato, attraverso un percorso minato di trattative,
compromessi, discussioni interminabili, vanificherebbe nei fatti ogni
velleità indipendentista, esponendo la Gran Bretagna alle ritorsioni
degli avversari.
È banale dirlo, ma un apparato militare degno di
questo nome, prima vince la battaglia, poi intavola trattative col
nemico. Se le trattative vengono prima della battaglia, siamo di fronte a
un gruppo animato da volontà di compromesso o di tradimento, non da
volontà di potenza. Detto in altro modo: se vi è il desiderio di continuare a utilizzare gli strumenti “democratici†come mezzo di composizione dei conflitti tra gruppi di potere, allora siamo di fronte ad un bluff, non ad una vera lotta in grado di mutare la configurazione delle sfere d’influenza.
agguerriti e disposti a sfidare poteri soverchianti pur di riprendere,
attraverso la riconquista di ampie sfere di autonomia nazionale, una
politica di dominio, che la permanenza nell’UE – la quale, non
dimentichiamolo, è struttura di controllo di matrice statunitense,
affidata alla sorveglianza dei “kapò†tedeschi – non consente. Non
nascondo che questa ipotesi rappresenta la mia non tanto segreta
speranza. Ma è una speranza resa assai flebile dal pessimismo della
ragione. Sapremo presto come stanno le cose. Se la Gran Bretagna volesse
fare le cose secondo le regole, l’uscita dall’UE richiederebbe, secondo
l’art. 50 del Trattato dell’Unione Europea, una procedura assai
complessa che tra accordi e adeguamento delle normative si protrarrebbe
per un minimo di 2 anni (ma di fatto molti di più, visto che moltissime
norme britanniche, oggi riprese dalle normative europee, dovrebbero
essere riscritte). Se vi sono reali intenzioni di staccarsi dall’UE,
l’uscita sarà piuttosto rapida e drastica, probabilmente perfezionata in
un periodo ben minore dei 2 anni previsti e probabilmente non indolore.
L’emergere di un nuovo e determinato gruppo dirigente europeo
danneggerebbe gli interessi statunitensi, a partire dal naufragio degli
accordi TTIP, spingendo gli ambienti di potere d’oltreoceano a giocare
qualunque carta pur di scongiurare tale eventualità : già ieri si
iniziava a parlare, in maniera anche piuttosto esplicita, di secessioni
della Scozia e dell’Irlanda del Nord, che verrebbero certamente
incentivate e finanziate da coloro che desiderano ridurre le élite
inglesi a più miti consigli. Un vero gruppo dirigente a carattere
nazionalista deve essere pronto ad affrontare questa eventualità , in
verità non troppo “eventualeâ€. Se invece la Gran Bretagna deciderà di
seguire la procedura di uscita prevista dal protocollo, allora sapremo
che le intenzioni non sono serie. Un distacco protratto per un periodo
così prolungato, attraverso un percorso minato di trattative,
compromessi, discussioni interminabili, vanificherebbe nei fatti ogni
velleità indipendentista, esponendo la Gran Bretagna alle ritorsioni
degli avversari.
È banale dirlo, ma un apparato militare degno di
questo nome, prima vince la battaglia, poi intavola trattative col
nemico. Se le trattative vengono prima della battaglia, siamo di fronte a
un gruppo animato da volontà di compromesso o di tradimento, non da
volontà di potenza. Detto in altro modo: se vi è il desiderio di continuare a utilizzare gli strumenti “democratici†come mezzo di composizione dei conflitti tra gruppi di potere, allora siamo di fronte ad un bluff, non ad una vera lotta in grado di mutare la configurazione delle sfere d’influenza.
2) Il referendum è stato promosso dagli attuali gruppi di
sub-dominanti britannici, al solo scopo di consolidare la propria
posizione (anche a costo di sacrificare una nullità come Cameron) nei
confronti di altri gruppi sub-dominanti, di livello nazionale, ma
soprattutto internazionale. In particolare, i sub-dominanti inglesi
stanno cercando di rafforzarsi nei confronti dei sub-dominanti tedeschi –
ai quali gli Stati Uniti hanno affidato fin dall’inizio il compito di
tirare le redini di quel lager a cielo aperto che chiamiamo Unione
Europea – e magari, col tempo, di sostituirli nel ruolo di “kapòâ€
dell’UE. Per quanto mi dispiaccia dirlo, dai balletti che ho visto finora mi sembra l’ipotesi più verosimile.
sub-dominanti britannici, al solo scopo di consolidare la propria
posizione (anche a costo di sacrificare una nullità come Cameron) nei
confronti di altri gruppi sub-dominanti, di livello nazionale, ma
soprattutto internazionale. In particolare, i sub-dominanti inglesi
stanno cercando di rafforzarsi nei confronti dei sub-dominanti tedeschi –
ai quali gli Stati Uniti hanno affidato fin dall’inizio il compito di
tirare le redini di quel lager a cielo aperto che chiamiamo Unione
Europea – e magari, col tempo, di sostituirli nel ruolo di “kapòâ€
dell’UE. Per quanto mi dispiaccia dirlo, dai balletti che ho visto finora mi sembra l’ipotesi più verosimile.
Attenzione però: ciò non significa che il risultato del referendum
sia, nel complesso, inutile o poco interessante. Il fatto stesso che i
sub-dominanti inizino a duellare tra loro, è indice del fatto che siamo
in presenza di un indebolimento progressivo dei gruppi dominanti
statunitensi, reso più forte dall’incertezza che circonda le prossime
elezioni presidenziali. Ci sono altri segnali che indicano la volontÃ
dei gruppi sub-dominanti europei (tedeschi in primis) di prepararsi a
scenari in cui il controllo degli USA sul continente europeo vada
progressivamente allentandosi. Ad esempio, il fatto che, per la prima
volta dalla fine della Guerra Fredda, la Germania abbia iniziato ad ampliare il proprio esercito regolare.
L’incremento di truppe militari sembra voluto e gestito dalla NATO in
funzione antirussa, almeno questa è la versione che si sta cercando di
far passare. Se anche fosse così, tale rafforzamento militare sta di
fatto determinando reazioni preoccupate in Gran Bretagna, la quale sta
ovviamente giocando le sue carte per garantirsi spazi di indipendenza e
manovra. Non è inoltre una novità il “doppio gioco†dei tedeschi, i
quali sostengono, da un lato, le sanzioni contro la Russia, ma
dall’altro intavolano con essa trattative
che sembrano preludere ad un allentamento della tensione, se non
proprio ancora ad una vera partnership commerciale. In questo senso, è
perfino possibile – dico “possibile†– che l’idea del “Brexit†sia stata
almeno “tollerata†(se non proprio gestita) dagli stessi gruppi
dominanti statunitensi, allo scopo di far capire alla Germania che,
tenendo il piede in due scarpe, rischia di giocarsi il proprio ruolo di
“cocchiere†dell’UE per conto terzi. Ciò non toglie, naturalmente, che
gli Stati Uniti abbiano ben fatto capire agli inglesi – attraverso i
titoli che avete visto nei giorni scorsi sui loro mezzi di propaganda
diffusi in tutta Europa – che un’azione nazionalista britannica, rivolta
a proseguire oltre i limiti del mero spauracchio antitedesco, non
sarebbe tollerata.
sia, nel complesso, inutile o poco interessante. Il fatto stesso che i
sub-dominanti inizino a duellare tra loro, è indice del fatto che siamo
in presenza di un indebolimento progressivo dei gruppi dominanti
statunitensi, reso più forte dall’incertezza che circonda le prossime
elezioni presidenziali. Ci sono altri segnali che indicano la volontÃ
dei gruppi sub-dominanti europei (tedeschi in primis) di prepararsi a
scenari in cui il controllo degli USA sul continente europeo vada
progressivamente allentandosi. Ad esempio, il fatto che, per la prima
volta dalla fine della Guerra Fredda, la Germania abbia iniziato ad ampliare il proprio esercito regolare.
L’incremento di truppe militari sembra voluto e gestito dalla NATO in
funzione antirussa, almeno questa è la versione che si sta cercando di
far passare. Se anche fosse così, tale rafforzamento militare sta di
fatto determinando reazioni preoccupate in Gran Bretagna, la quale sta
ovviamente giocando le sue carte per garantirsi spazi di indipendenza e
manovra. Non è inoltre una novità il “doppio gioco†dei tedeschi, i
quali sostengono, da un lato, le sanzioni contro la Russia, ma
dall’altro intavolano con essa trattative
che sembrano preludere ad un allentamento della tensione, se non
proprio ancora ad una vera partnership commerciale. In questo senso, è
perfino possibile – dico “possibile†– che l’idea del “Brexit†sia stata
almeno “tollerata†(se non proprio gestita) dagli stessi gruppi
dominanti statunitensi, allo scopo di far capire alla Germania che,
tenendo il piede in due scarpe, rischia di giocarsi il proprio ruolo di
“cocchiere†dell’UE per conto terzi. Ciò non toglie, naturalmente, che
gli Stati Uniti abbiano ben fatto capire agli inglesi – attraverso i
titoli che avete visto nei giorni scorsi sui loro mezzi di propaganda
diffusi in tutta Europa – che un’azione nazionalista britannica, rivolta
a proseguire oltre i limiti del mero spauracchio antitedesco, non
sarebbe tollerata.
Succo del discorso: il referendum britannico, come qualsiasi altro
evento che possieda un ampio rilievo geopolitico, per essere compreso
nel suo reale significato deve essere studiato con gli occhi dei gruppi
di potere che lo hanno progettato, non con quelli dei pur legittimi
desideri di rivalsa popolare. E per comprendere il punto di vista delle
élite, è necessario che si inizi a parlare di politica con un linguaggio
nuovo, che contempli ad esempio termini come “aree d’influenzaâ€,
“flussi di relazioneâ€, “penetrazione politica†(di cui la penetrazione
commerciale ed economica è solo un aspetto), “rapporti trasversali†tra
gruppi di potere internazionali, che non coincidono necessariamente,
anzi, non coincidono quasi mai, coi rapporti tra stati; e chissà quanti
altri termini, che definiscono modalità operative a noi sconosciute e
che dobbiamo ancora elaborare. Lo stesso concetto di “stato†andrebbe
profondamente rivisto: si dovrebbe capire che quando parliamo di Stati
Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, ecc., usiamo questi termini per
comodità (un nome a queste entità bisognerà pur darlo, se vogliamo
discuterne), ma stiamo in realtà parlando di multiformi articolazioni di
gruppi di potere, i quali, pur facendo perno su un certo nucleo
d’interessi relativamente stabile nel tempo, si configurano in sistemi
di relazioni (accordi, rivalità , associazioni, raggruppamenti, guerre
intestine, ecc.) estremamente differenziati e suscettibili di variazioni
di fase in fase.
evento che possieda un ampio rilievo geopolitico, per essere compreso
nel suo reale significato deve essere studiato con gli occhi dei gruppi
di potere che lo hanno progettato, non con quelli dei pur legittimi
desideri di rivalsa popolare. E per comprendere il punto di vista delle
élite, è necessario che si inizi a parlare di politica con un linguaggio
nuovo, che contempli ad esempio termini come “aree d’influenzaâ€,
“flussi di relazioneâ€, “penetrazione politica†(di cui la penetrazione
commerciale ed economica è solo un aspetto), “rapporti trasversali†tra
gruppi di potere internazionali, che non coincidono necessariamente,
anzi, non coincidono quasi mai, coi rapporti tra stati; e chissà quanti
altri termini, che definiscono modalità operative a noi sconosciute e
che dobbiamo ancora elaborare. Lo stesso concetto di “stato†andrebbe
profondamente rivisto: si dovrebbe capire che quando parliamo di Stati
Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, ecc., usiamo questi termini per
comodità (un nome a queste entità bisognerà pur darlo, se vogliamo
discuterne), ma stiamo in realtà parlando di multiformi articolazioni di
gruppi di potere, i quali, pur facendo perno su un certo nucleo
d’interessi relativamente stabile nel tempo, si configurano in sistemi
di relazioni (accordi, rivalità , associazioni, raggruppamenti, guerre
intestine, ecc.) estremamente differenziati e suscettibili di variazioni
di fase in fase.
Se invece continueremo a inquadrare il problema coi nostri occhiali e
col nostro linguaggio di uomini qualsiasi, non faremo altro che restare
bambini, ben al di sotto della soglia della metacognizione. Resteremo
privi di una lingua che ci consenta di sviluppare una vera coscienza del
meccanismo delle relazioni globali, quindi del tutto impossibilitati ad
intervenire su di esso.
col nostro linguaggio di uomini qualsiasi, non faremo altro che restare
bambini, ben al di sotto della soglia della metacognizione. Resteremo
privi di una lingua che ci consenta di sviluppare una vera coscienza del
meccanismo delle relazioni globali, quindi del tutto impossibilitati ad
intervenire su di esso.
Dedico questo articolo a tutti coloro che, ad ogni inutile
referendum, ad ogni inutile tornata politica vinta dalla squadra del
cuore, sventolano le bandierine del risveglio dei popoli, della riscossa
della “gente comuneâ€, del trionfo della “democraziaâ€; senza neanche
capire che stanno adorando esattamente l’orribile divinità a cui vengono
quotidianamente sacrificati. La gente comune avrà la sua riscossa
quando inizierà a parlare (e quindi a pensare) come parlano (e quindi
pensano) i potenti, elaborando un modello politico-teorico che consenta
di preventivare le evoluzioni dei rapporti tra gruppi di potere, in modo
da poter intervenire, a vari livelli, sui loro sviluppi.
referendum, ad ogni inutile tornata politica vinta dalla squadra del
cuore, sventolano le bandierine del risveglio dei popoli, della riscossa
della “gente comuneâ€, del trionfo della “democraziaâ€; senza neanche
capire che stanno adorando esattamente l’orribile divinità a cui vengono
quotidianamente sacrificati. La gente comune avrà la sua riscossa
quando inizierà a parlare (e quindi a pensare) come parlano (e quindi
pensano) i potenti, elaborando un modello politico-teorico che consenta
di preventivare le evoluzioni dei rapporti tra gruppi di potere, in modo
da poter intervenire, a vari livelli, sui loro sviluppi.
Fino ad allora possiamo continuare a illuderci che le candele siano
pastelli e che tutto il mondo sia in grado di realizzare con esse
fantasmagorici e arcobalenici arabeschi.
pastelli e che tutto il mondo sia in grado di realizzare con esse
fantasmagorici e arcobalenici arabeschi.
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