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Turchia - il crocevia posto su una faglia

Dopo il referendum costituzionale che consegna enormi poteri a Erdoğan, una riflessione sulla complessità turca [Pierluigi Fagan]

Turchia - il crocevia posto su una faglia
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17 Aprile 2017 - 19.06


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di Pierluigi Fagan.


In Anatolia, dopo Hatti, Ittiti, Frigi, Urartici, Lici, Lidi, Ioni, Persiani, Macedoni, i regni ellenistici (Regno di Pergamo, il Regno Seleucide, il Regno di Bitinia, il Regno del Ponto, il Regno tolemaico), Romani, Parti, Sasanidi, Bizantini, i crociati e le repubbliche marinare di Venezia e Genova, Selgiuchidi ed Ottomani, dopo Atatürk, ecco la nuova repubblica presidenziale di Erdoğan

Come giudicare la svolta turca, dove poniamo il punto di vista che esprime il giudizio?

Potremmo porlo partendo da qualche nostra preferenza ideologica e proiettare questa soggettività in oggettivo. Europoidi democratici e progressisti certo non daranno un buon giudizio, così i simpatizzanti dei curdi siano essi supporter sistematici delle nazionalità inespresse, siano essi vicini a gli ideali del Pkk. 

Ma i sinceri democratici, i difensori delle giuste istanze nazional-popolari, gli affascinati dalla svolta post leninista di Öcalan (sul piano astrattamente normativo io stesso ronzo intorno a questa nuvola di ideali) fanno i conti con la realtà, con le dure condizioni di possibilità? 

Basta incrociare modeste conoscenze di geografia con quelle della storia, per rendersi conto che la Turchia è, come già definimmo tempo fa: un crocevia posto su un faglia.

La faglia è quella nota tra Occidente ed Oriente. Quel lungo elenco di popoli parla di genti pontiche, caucasiche, centro-asiatiche, attiche, europee, iraniche, un via vai continuo di non indigeni che arrivarono e si fermarono nella penisola, stratificandola. 

I luoghi di faglia sono sempre molto trafficati, storicamente vivaci e quindi poco stabili. Sulla faglia, si è formato un crocevia di influenze ed opposti interessi. Quelli russi che hanno qui il loro problematico fianco sud ovest, quelli dei turchici centro-asiatici che giungono sino a tutto l’ovest cinese (uiguri), il conflittuale spezzatino caucasico, gli iranici che confinano e condividono porzioni dello sfortunato popolo curdo, i cinesi che qui vorrebbero far passare la loro Via della Seta terrestre, i musulmani soprattutto mediorientali già memori dei fasti e delle miserie ottomane, i qatarioti parenti ideali nella fratellanza mussulmana a cui Erdoğan è vicino chissà se per convinzione o opportunità, gli israeliani sempre vigili su tutto ciò che si muove loro intorno, gli europei dell’est che tanta storia hanno condiviso nel bene e nel male (i greci, ad esempio, si ricordano soprattutto il male) e quelli dell’ovest che non hanno mai ben capito se la penisola fa parte della loro storia o di quella dei vicini (con i britannici in testa che stanno sempre dove si può aumentare il casino), gli americani che – detentori di interessi neo-imperiali globali – non hanno certo trascurato questo importantissimo snodo tanto da averlo precocemente annesso alla NATO (1952, assieme alla Grecia). 



Ne consegue una grande varietà interna. La precipua tradizione musulmana di derivazione ottomana, quella dei militari che subentrarono al sultanato, quella politica della breve ma significativa storia della repubblica, quella della borghesia dei grandi centri tendenzialmente euro-affascinata, quindi liberale-diritto-civilista e capitalista, i tanti giovani (età media 30 anni, in Europa è 40) e relativi interessi, interessi a cui si collegano quelli di tutti i vicini che vorrebbero strattonare il paese dalla loro parte, ovvero sottrarlo all’influenza degli altri.

Tale frammentazione si rileva pari pari nel risultato del recente referendum (da vedere se avrà strascichi legali) che se nella stretta contabilità quantitativa ha decretato una maggioranza, in quella qualitativa ha segnato un evidente pareggio, cioè una non maggioranza.

E’ forse per l’insieme di queste ragioni che l’ambizioso ex sindaco di Istanbul specializzato in rapide capriole per barcamenarsi nell’instabilità congenita all’essere un crocevia posto su una faglia, ha puntato alla svolta presidenziale. L’Uno a sintesi dei Molti potenzialmente ricchezza ma anche conflitto, potenza ma anche instabilità, varietà ma anche divergenza, modernità ma anche identità e tradizione. Cosa ne farà di questo potere ordinante? Verrà sopraffatto dall’hybris o lo amministrerà nella consapevolezza della sua precaria stabilità oggettiva che certo non sparisce pur se si usano polizia segreta, torture e carceri. Vedremo…





Fonte: https://www.facebook.com/pierluigi.fagan/posts/10211695064467714.




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