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E come mai «un secolo piuttosto stupido» ha prodotto Picasso, Schönberg, Joyce, Lorca, Majakovskij? Su Alfonso Berardinelli e il suo recente intervento in merito alle avanguardie del Novecento.

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27 Ottobre 2017 - 05.57


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di Ennio Abate*

Dai, Alfonso Berardinelli, sii, e buono;/ esisti buonamente,/ fa’ che, cerca di, tendi a! A cent’anni dalla Rivoluzione d’ottobre in Russia e a quasi 50 dal ‘68, da’ alle avanguardie (culturali e anche politiche) quel che è delle avanguardie! Gloriose (poco o molto e a modo loro) lo furono davvero. Qualche verità profonda, anche se urlata (troppo per certi gusti signorili), la dissero. Certo, il caos del mondo non permise loro di dire tutto e bene; e di cambiarlo il mondo. Ma neppure noi ci riusciamo, e dileggiarle mi pare vile. Specie se lo fai in un momento già di per sé confuso. Specie se lo fai da vecchio. (E, diciamolo, un po’ da pentito). E soprattutto senza poter delineare un’alternativa più feconda. Si può e si deve criticare delle avanguardie molte delle cose che dissero e fecero. E qui non ho il tempo per approfondire. Ma lo si deve fare bene, riprendendo, ad esempio, le critiche ragionate che, a suo tempo, ad esse mossero Fortini, Zanzotto, Pasolini ed altri. E non banalizzando la storia.

Definirle tutte stupide (o, attenuando furbescamente, «quasi tutte») è rimanere ostaggio della stessa «mania della tabula rasa, del ricominciare da zero», di cui le incolpi. Non puoi cancellare un pezzo di storia, non puoi esorcizzarlo.

Discuti pure con le tue amiche colte. Se arrivate però soltanto a queste sbrigative conclusioni, mi chiedo a che tipo di cultura siete approdati e quanto siete – ahimé! – sensibili solo al vento che oggi tira. Lo vedo da come parli dell’«immaginario rivoluzionario». Lo presenti male. Proprio secondo la moda d’oggi: ammucchiando in un unico calderone personaggi che operarono in eventi e luoghi diversi; scegliendo episodiucci e pettegolezzi tra il piccante e il folle; mescolando «rivoluzione a sinistra e a destra», Marinetti con Breton; e Sanguineti; e «scuola dello sguardo»; e «beat generation»; e Warhol; e Piero Manzoni. Per ridurre tutto all’«atto puro» di Giovanni Gentile? Ma è quest’ammucchiare che è ridicolo; e somiglia al peggio dell’avanguardismo. Mettessi insieme, allo stesso modo, autori secondo te seri e non stupidi di varie epoche e di vari luoghi, il risultato sarebbe lo stesso: carnevalesco e insensato. Non aiuterebbe soprattutto a capire se la rivoluzione d’Ottobre o le rivolte del ’68-’69 o certi movimenti artistici (o la sola storia dell’arte) cambiarono «in meglio o in peggio» le cose; e se svelarono alcune verità, oggi magari ridotte a «buone rovine» da recuperare e non da disprezzare.

E, per finire, la zappa sui piedi te la dai da solo, quando scrivi: « Gli artisti veri, nati nelle avanguardie e nei loro dintorni, non sono mancati: da Boccioni a Carrà e Palazzeschi, a Picasso, Schoenberg, Stravinskij, Majakovskij, Bunuel…».
Appunto! Come mai vennero fuori i capolavori di costoro, se quell’humus novecentesco fosse stato soltanto stupido?

Scrisse in proposito Fortini, che tu hai conosciuto meglio di me: «Riflesso e profezia del semisecolare sconvolgimento indotto nella società europea dalla violenza dei conflitti economici e sociali, dalle trasformazioni tecnologiche e dalla fine del primato europeo, le avanguardie sono state il terreno culturale di una serie di grandi personalità creative: Picasso, Schönberg, Joyce, Lorca, Majakovskij non si spiegano senza i movimenti d’avanguardia.»[1]

Ecco, riparti da lì. Staccare il genio dal suo tempo e dai problemi che anche altri affrontarono, questo sì è un grave errore.

 

Note:
[1] F. Fortini, Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, Il Saggiatore, Milano 1968, pagg. 98-99.

 

*Ennio Abate è nato a Baronissi (Salerno) nel 1941. Vive a Cologno Monzese (Milano) ed ha insegnato nelle scuole superiori. Ha pubblicato cinque raccolte di poesia: Salernitudine (Ripostes, Salerno 2003), Prof Samizdat (E-book Edizioni Biagio Cepollaro 2006), Donne seni petrosi (Fare Poesia 2010), Immigratorio (CFR 2011), La polìs che non c’è (CFR 2013). Ha anche tradotto dal francese, curato dei manuali scolastici sulla Commedia di Dante e con Pietro Cataldi ed altri è coautore di DI FRONTE ALLA STORIA (Palumbo 2009). Suoi testi di poesia, disegni, saggi e interventi critici sono apparsi su varie riviste (Allegoria, Hortus Musicus, Inoltre, Il Monte Analogo, La ginestra). Dal 2006 al 2012, all’interno delle iniziative della Casa della Poesia di Milano ha condotto il Laboratorio MOLTINPOESIA e cura i blog Immigratorio e Narratorio grafico. Dirige, insieme ad altri, il Laboratorio di ricerca e cultura critica Poliscritture: rivista semestrale cartacea (pdf) e sito (www.poliscritture.it).

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