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Jobs Act, manifesto della malafede del nuovo regime autoritario

Jobs Act: aggiunge ferocia a ferocia, non diminuirà la disoccupazione, proprio come è statoo in Grecia e Spagna. Ormai si tratta di fermare un regime [G.Cremaschi]

Jobs Act, manifesto della malafede del nuovo regime autoritario
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22 Settembre 2014 - 23.23


ATF

di
Giorgio Cremaschi
.

Il
governo Renzi concede alle imprese libertà di spionaggio sui
dipendenti
, con telecamere e quant’altro. E questa violazione
elementare dei diritti della persona viene da quegli stessi politici
che si indignano di fronte a intercettazioni telefoniche della
magistratura che tocchino loro o le loro amicizie. 


Con il
demansionamento si afferma la licenza di degradare il lavoratore dopo
una vita di fatiche per migliorarsi. E questo lo sostengono coloro
che ogni secondo sproloquiano sulla necessità di premiare il merito


Con la riforma degli ammortizzatori sociali si tagliano la cassa
integrazione e l’indennità di disoccupazione e per il futuro le si
dimensiona in rapporto alla anzianità di lavoro effettivo. Cioè i
giovani e le donne prenderanno meno degli anziani maschi.
E questo in
nome di un modello sociale scandinavo sbandierato dagli estensori del
Jobs Act per ignoranza o per pura menzogna.


Infine
si aggiunge agli altri contratti precari, che al di là delle
chiacchiere restano e con i voucher si estendono, quello a “tutele
crescenti” per i nuovi assunti. Costoro in realtà nella loro
crescita non incontreranno mai più l’articolo 18, quindi il loro
contratto a tempo indeterminato in realtà sarà finto, perché essi
saranno licenziabili in qualsiasi momento. Un contratto a termine al
minuto, una ipocrita beffa. L’articolo 18 resterà come patrimonio
personale dei vecchi assunti, quindi non solo mano mano si ridurrà
la platea di chi usufruisce di quel diritto, ma saranno la stesse
imprese a essere poste in tentazione di accelerare il ricambio dei
loro dipendenti. Perché tenersi il lavoratore che ha ancora la
tutela dell’articolo 18, quando se ne può assumere uno senza,
pagato un terzo in meno?


Renzi
non fa niente di nuovo, anzi applica il principio classico degli
accordi di concertazione: il “doppio regime”. I diritti
contrattuali, le retribuzioni, le condizioni di orario e le
qualifiche, l’accesso alla pensione, son stati negli ultimi trenta
anni ridotti per tutti, ma ai nuovi assunti venivano negati
completamente, a quelli con più anzianità di lavoro invece un poco
restavano. I diritti non potevano più essere trasmessi da una
generazione all’altra, ma diventavano una sorta di rendita
personale per le generazioni che abbandonavano il lavoro. 


Questi
accordi, sottoscritti dai sindacati confederali e applauditi dagli
innovatori ora fan di Renzi, hanno creato l’apartheid


Renzi stesso
mente sapendo di mentire quando sostiene di voler abolire la
disparità di diritti
, invece tutti i suoi provvedimenti la
rafforzano ed estendono


Il Jobs Act aggiunge ferocia a ferocia, non
cambierà nulla nelle dimensioni della disoccupazione anzi i
disoccupati aumenteranno, come è avvenuto in Grecia e Spagna che
hanno per prime seguito la via oggi percorsa dal governo. Il Jobs act
non risolverà uno solo dei problemi produttivi delle imprese,
soprattutto di quelle più piccole che non hanno mai avuto l’articolo
18, ma che sono in crisi più delle grandi. E allora perché si fa?


Perché
come scrivevano il 5 agosto 2011 Draghi e Trichet e come aggiungeva
nel 2013 la banca JPMorgan, la protezione costituzionale del lavoro è
un lusso che l’Italia non può più permettersi. 


I padroni d’Europa
e della finanza vogliono un lavoro low cost in una società low cost,
e tutto ciò che si oppone a questo loro disegno va trattato come un
nemico. CGIL CISL UIL in questi anni han lasciato passare tutto, sono
state di una passività che il presidente del consiglio Monti arrivò
persino a vantare all’estero. Eppure a Renzi non basta ancora, per
lui i sindacati devono generosamente suicidarsi per fare spazio al
nuovo.


E
questa è la seconda vera ragione del Jobs Act e del fanatismo con
cui viene sostenuto: il valore simbolico reazionario dell’attacco
all’articolo 18
, che Renzi fa proprio per mettersi a capo di un
regime
. Un regime che non è il fascismo del secolo scorso, ma è un
sistema autoritario che nega la sostanza sociale della nostra
Costituzione
e riduce la democrazia ad una parvenza formale, fondata
sul plebiscitarismo mediatico e sull’assenza di diritti veri.


Il
Jobs Act è parte di una restaurazione sociale e politica peggiore di
quella della signora Thatcher, perché fatta trent’anni dopo. Una
restaurazione con la quale si pensa di affrontare la crisi economica
per rendere permanenti le politiche di austerità, che, secondo la
signora Lagarde direttrice del Fondo Monetario Internazionale, in
Europa non son neppure cominciate. Una restaurazione che nel paese
del gattopardo richiede un ceto politico avventuriero disposto a
interpretarla come il nuovo che avanza.


Per
questo il governo
Renzi è il governo della menzogna e l’affermazione
della verità è il primo atto di resistenza contro il regime
che
vuole costruire.






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