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di Pino Cabras – Megachip
Siria e Photoshop. Per manipolare la cronaca dalla guerra le immagini sono il campo di battaglia più insidioso, un campo che arriva fin dentro alle nostre case occidentali. L”ultimo esempio è quello del quotidiano austriaco «Kronen Zeitung», che ha sparato una fotonotizia drammatica, con una giovane coppia siriana che si muove a passo svelto, tenendo un infante infagottato, in mezzo alle macerie e ai palazzi sventrati di Aleppo.
Peccato che la foto sia totalmente falsa. Come spesso accade grazie alla Rete, la fandonia in immagini è stata fatta a pezzi in poche ore. Come meno spesso accade, il giornale si è scusato del grave errore.
Le scuse non rispondevano però alla domanda chiave: perché è potuto accadere?
Cosa ha fatto dunque il più diffuso giornale austriaco, che a Vienna e dintorni chiamano familiarmente “Krone”? Senza controllare, la redazione ha pescato da un social network la foto postata da un giornalista; e senza ulteriori verifiche, l”ha usata per confezionare la pagina sulla battaglia di Aleppo.
L”immagine che segue mostra la pagina del “Krone” del 28 luglio 2012 in tutto il suo impatto. Il titolo recita: «I carri armati dell”esercito di Assad percorrono le strade verso la “Madre di tutte le battaglie”». E sopra, la grande foto.
Le foto originali erano però altre due:
1) la foto della famigliola, in un contesto urbano totalmente differente, vicino a un bar. Le scritte sui muri elencano generi di conforto, ma è Ramadan. La saracinesca, se si aprirà , aprirà tardi:
2) la foto delle macerie, scattata tuttavia non ad Aleppo, ma a Homs, in un altro momento e in altre circostanze.
La manipolazione assomiglia a quella illustrata nel film “Wag the Dog” (tradotto in Italia con il titolo “Sesso e Potere”, 1997). Ricordate? gli esperti di pubbliche relazioni al servizio del presidente USA, per distogliere l”opinione pubblica da uno scandalo che colpisce l”inquilino della Casa Bianca, inventano (letteralmente: inventano) una guerra a uso dei media, che vengono inondati di dettagli mirati e verosimili sul conflitto, in modo da colpire le emozioni del pubblico. Fra i materiali confezionati, ecco un video in cui una ragazzina si muove spaventata fra le macerie.
Il film mostra dapprima la scena girata in studio su sfondo blu, poi la post-produzione che aggiunge lo sfondo di macerie, e infine – colpo da maestro – l”idea di un soffice gattino bianco tenuto in mano dalla ragazzina, un batuffolo di candida fragilità che trascina l”immedesimazione del telespettatore in contrasto con la cupezza minacciosa della devastazione. I conduttori dei telegiornali rilanceranno le immagini all”infinito, fino al clou della tenerezza felina. Il bebè di Aleppo assolve alla stessa funzione.
A Vienna non sembra esserci l”intervento diretto degli “spin doctor” come nella Washington della finzione. E” una sorta di auto-spin. E allora, di nuovo, chiediamocelo: perché è potuto accadere?
Senza lanciarci in altre considerazioni, mettiamola così: i grandi giornali procedono in automatico, quando trattano di guerre per le quali il potere manda segnali continui e fortissimi, segnali che indicano chi sono i buoni e chi sono i cattivi. Non c”è nemmeno bisogno di immaginarci gerarchi che diffondono veline in stile Minculpop (“scrivi questo, taglia quello”), sebbene ci sia anche oggi – eccome – una produzione tossica di notizie che svolge la stessa funzione, a opera di agenzie influenzate da servizi segreti e cancellerie.
È sufficiente che i giornalisti si sintonizzino con la traiettoria della loro carriera, l”unica possibile se non vogliono incontrare un muro invalicabile che la blocca. È la traiettoria che non dispiace al potere.
Basta che i cronisti siano fino in fondo conformisti, e inquadrino tutto nello schema di fondo: i buoni, i cattivi; noi e loro. Noi siamo i buoni. Loro non possono essere che massacratori.
Le pieghe complicate della realtà , le contraddizioni, le sfumature grigie: saranno tutte annullate dalla luce del pensiero unico accettabile. Se la realtà non è all”altezza, beh, perbacco, che ci vuole? Basta seguire i luoghi comuni. Basta prendere qualche foto da Facebook o dalle agenzie, e adeguarla a quella che pensiamo che sia la notizia vera.
Moltiplicate tutto questo per tutti i giornali. Fatelo interagire con altre manipolazioni più sofisticate e più subdole, come quando «la Repubblica» titolava, nei giorni in cui veniva aggredita la Libia, che «Gheddafi ha ordinato di sparare ai bambini». Otterrete un sistema totalmente menzognero e inaffidabile. Con migliaia di giornalisti che continueranno a errare senza ritegno. È così che molti si saranno trovati in guerra, senza che nessuno l”abbia loro spiegata prima.
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