di Massimo Ragnedda.
L’esercito regolare siriano, dopo tre settimane di duri combattimenti, 
ha riconquistato la città strategica di al Qusayr, anche grazie 
all’apporto decisivo degli Hezbollah, le milizie sciite libanesi. Al 
Qusayr è una città di 30 mila abitanti (o meglio era una città di 30 
mila abitanti, ora rimangono macerie e polvere), al confine con il 
Libano: una città simbolica e strategica per governo e oppositori, 
perché da una parte è lo snodo verso la costa mediterranea roccaforta 
degli alawiti (la religione di Assad) e dove ha sede la marina russa a 
Tartus, e dall’altra è lo snodo strategico per i ribelli anti-Assad.
Infatti è proprio da qui che passano le armi saudite e del Qatar
 e sopratutto jihadisti stranieri che vanno la guerra santa contro le 
truppe di Assad. Tra di loro non troviamo solo libici, ceceni, turchi, 
tunisini, ma anche europei. Gilles de Kerchove, il capo 
dell’anti-terrorismo dell’Unione Europea, ha parlato di circa 500 
europei (hanno passaporto europeo e sono cittadini europei a tutti gli 
effetti) che stanno ora combattendo con le forze ribelli in Siria contro
 il regime di Bashar al-Assad. Terroristi che oggi l’Occidente arma e 
che domani si ritroverà in casa: come fecero gli Stati Uniti con i 
talebani negli anni ottanta. Allevarono il nemico, lo armarono, lo 
addestrarono per combattere l’Unione Sovietica e poi se li sono 
ritrovati a casa. Una strategia tanto folle quanto pericolosa.
Crediamo veramente che questi fondamentalisti islamici siano interessati a portare pace
 e diritti in Siria? Siamo veramente convinti che gruppi di terroristi 
come Al Nusra Front (che gli Stati Uniti hanno iscritto nella lista 
delle organizzazioni terroristiche) portino pace e democrazia? Siamo 
veramente sicuri che la Siria, se dovesse cadere Assad, diventerà 
un’isola di pace? Guardate l’Iraq: nel solo mese di maggio 2013 (a dieci
 anni dalla guerra che Stati Uniti e Inghilterra hanno scatenato in nome
 della democrazia) vi sono stati più di 1000 morti, vittime di 
attentati. Guardate la Libia che a distanza di due anni dalla guerra che
 la Nato ha scatenato in nome della democrazia, si ritrova ostaggio di 
integralisti islamici. Anche il nostro ministro degli esteri, che in 
passato ha appoggiato tutte le guerre che l’Occidente ha portato avanti,
 si dichiara contraria ad armare i ribelli. Ma non la pensano così i 
governi francesi e inglesi, tra i più attivi nel voler armare i ribelli 
siriani, sopratutto ora che le forze di Assad stanno riconquistando il 
controllo delle città e di tutto il territorio nazionale.
Al Qusayr è una tappa fondamentale in questa guerra: la conquista 
della roccaforte dei ribelli, nel cuore del paese, costituisce un cambio
 di rotta. Assad, dato per spacciato già da due anni, sta per vincere la
 guerra e prepara l’assalto
finale ad Aleppo, la seconda città più 
grande della Siria, nel nord del Paese. I servizi segreti tedeschi, 
sembre ben informati, ora credono che Assad potrebbe farcela e magari 
vincere questa guerra che ha già fatto più di 90mila morti e
1,5 
milioni di rifugiati. Sempre che, aggiungo io, USA, Francia (che 
paradossalmente combatte nel Mali gli stessi jihadisti che vuole armare 
in Siria) e Inghilterra non intervengano direttamente (indirettamente 
già lo fanno da due anni) imponendo una no-fly zone come in 
Libia e dotando di armi pesanti e sofisticate i ribelli. Ma l’opinione 
pubblica occidentale è contraria all’ingresso in una nuova guerra e 
soprattutto è contraria ad armare gli uomini di Al Qaeda. Ed ecco allora
 che, pur di conquistare l’opinione pubblica e spingere gli altri 
governi europei a seguire i loro diktat, Francia e Inghilterra (le due 
ex potenze coloniali europee) tireranno fuori la retorica delle armi 
chimiche usate da Assad. In realtà il magistrato svizzero Carla dal 
Ponte, ex procuratore del Tribunale Penale Internazionale per la ex 
Jugoslavia dal 1999 al 2007, ha messo in luce come le Nazioni Unite 
hanno le prove che gli unici ad usare le “armi chimicheâ€, in particolare
 il “gas sarinâ€, in Siria siano stati i ribelli e non le truppe di 
Bashar al Assad.   La battaglia mediatica per convincerci che sarebbe 
giusto intervenire è appena iniziata. La prima mossa l’ha fatta Le Monde
 quando, guarda caso proprio il giorno in cui i ministri degli Esteri 
dell’Unione europea erano riuniti per decidere se revocare o meno 
l’embargo sulle armi alla Siria, ha pubblicato un reportage esclusivo 
sull’uso delle armi chimiche da parte di Assad. Non sappiamo se quel 
reportage sia vero o falso, certo colpisce la tempestica.
Ora, con la conquista di al Qusayr da parte delle truppe regolari 
siriane, Francia e Inghilterra tornano alla carica: sanno bene che senza
 una valida scusa non possono intervenire. A questo punto è lecito 
chiedersi: quale casus belli  roveranno per giustificare l’ingresso dell’Europa in questa guerra?
[GotoHome_Torna alla Home Page]NOTA DI MEGACHIPConsigliamo in proposito questo articolo del 14 febbraio 2012:Pino Cabras e Simone Santini, Siria,
prima che spari la “tecnica”.