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Iran: Rohani, una sorpresa fra le tempeste

Gli iraniani hanno votato ancora una volta a sorpresa. Lo fecero con Khatami e Ahmadinejad, e ora con Rohani. Ecco una mappa politica del nuovo scenario. [Simone Santini]

Iran: Rohani, una sorpresa fra le tempeste
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16 Giugno 2013 - 18.06


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di Simone Santini.

Il popolo iraniano ha votato ancora una volta a sorpresa. Lo aveva
fatto con Mohammad Khatami nel 1997,
poi con la prima elezione di Mahmud Ahmadinejad
nel 2005, e ora con le partecipatissime elezioni che hanno decretato il
trionfo di Hassan Rohani. Ci sarà
tempo e modo, data l’importanza dell’Iran, per ritrovarci a ragionare più
profondamente su queste elezioni, ma intanto possiamo tracciare una prima mappa
politica del nuovo scenario.

Rohani ha vinto per due motivi, che poi coincidono:

1) la necessità di intervenire per migliorare le condizioni economiche del
Paese che si stanno velocemente deteriorando a causa dell’embargo occidentale (di
qui il sostegno del ceto dei bazarì,
la potentissima classe commerciale iraniana);

2) l’opportunità di ristabilire relazioni accettabili con gli Stati
Uniti e quindi, in un circolo che si autoalimenta, allentare la presa micidiale
delle sanzioni.

Sullo sfondo delle dinamiche sociali e politiche interne, Rohani ha
rappresentato anche la perfetta e trasversale sintesi tra il blocco di
potere del clero militante
(Rohani era l’unico religioso tra i sei
candidati presidenziali arrivati al voto) e le istanze libertarie delle fasce borghesi, in particolare giovanili
(l’Iran è un paese molto giovane demograficamente).

Sono risultati sconfitti gli
“apparati della sicurezza” (Pasdaran e Basiji), la “generazione del fronte”, i
combattenti della guerra contro l’Iraq negli anni ottanta, che avevano trovato
in Ahmadinejad il loro campione e che, da questo punto di vista, erano
rappresentati questa volta da candidati come Qalibaf e Rezaie.

Si normalizzeranno i rapporti
con l’Occidente?
Per questo aspetto la cartina di tornasole è lo sviluppo
della tecnologia nucleare. Qui
bisogna fare attenzione. La questione della “bomba” è un pretesto che nasconde
ben altra partita, con una grande domanda di fondo: qual è il ruolo accettabile dall’Occidente per l’Iran? Quanto è
ammissibile il ruolo di potenza regionale per una nazione grande e
sostanzialmente indipendente nel contesto nevralgico del Medio Oriente? L’accordo
sul nucleare sottende in realtà questo altro aspetto. Quanto l’Iran è disposto
a cedere in termini di potere regionale (conquistato non senza pagare prezzi sotto
la presidenza Ahmadinejad)?

L’elezione di Rohani allontana
una resa dei conti diretta
, di molti mesi o forse anni. Offre un’altra
possibilità alla comunità dell’intelligence occidentale di tentare un regime
change
interno anziché una guerra dagli esiti particolarmente
complicati. Ma, di fatto, non scioglie
il nodo di fondo, il ruolo dell’Iran
, il suo status o meno di potenza
regionale
.

Se lo scontro diretto con l’Iran è per ora scongiurato, la dinamica
attuale non scongiura il pericolo di guerra in Siria e/o in Libano. L’accerchiamento dell’Iran non si può
interrompere, anzi, vedremo probabilmente rafforzarsi quella politica in cui l’Amministrazione
Obama ha dimostrato straordinarie attitudini e capacità: mano di ferro in
guanto di velluto, bastone e carota, leading
from behind
. L’obiettivo di fondo permane al di là dei mezzi di volta in
volta usati: l’Iran deve arrendersi, con le buone o con le cattive.

La “resa” dell’Iran passa anche e soprattutto per Damasco e Beirut. Il
nemico più immediato e diretto per il sistema occidentale si è dimostrato
essere Hezbollah, il Partito di Dio,
la componente sciita che governa de facto
il sud del Libano. È solo grazie all’intervento diretto di Hezbollah che Assad sta ribaltando la situazione militare sul campo in Siria, sconfiggendo le
milizie sunnite/jihadiste.

Come sempre, su questi scenari incombe la presenza di Israele e del suo primo ministro, il
molto ingombrante Bibi Netanyahu, il
quale – anche per motivazioni politiche interne – sente il bisogno, abbastanza
urgente, di una guerra. Sebbene il Big
Clash che Netanyahu avrebbe voluto contro l’Iran non si sia avverato, si
potrebbero materializzare le condizioni per Siria e/o Libano. Hezbollah sta
dimostrando di essere troppo pericoloso per l’egemonia sionista sul Medio
Oriente, presto o tardi i conti saranno regolati.

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